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Con riferimento alle molteplici controversie sorte in ordine alla risarcibilita’ dei danni per il contagio a seguito di emotrasfusioni, si profila una duplice responsabilità, in capo rispettivamente alle strutture ospedaliere (così come al personale sanitario) ed al Ministero della Salute. Sul nesso di causalità tra la condotta di quest’ultimo e il danno patito da chi ha contratto a causa di una trasfusione l’HIV, al pari dell’epatite, c’è stato per anni un acceso dibattito che si è snodato sostanzialmente lungo due filoni di pensiero.

Da una parte ha preso corpo il principio dell’esclusione di responsabilità civile del Ministero per i contagi avvenuti in epoca anteriore al 1978, anno in cui si è avuta contezza, ai più alti livelli scientifici, della possibile veicolazione di virus attraverso la trasfusione di sangue infetto; dall’altra, non sono mancati organi giudicanti che abbiano sottolineato come da numerose fonti normative risultino attribuiti al Ministero poteri di vigilanza, tanto nella preparazione, quanto nell’utilizzazione di emoderivati, nonché obblighi di controllo con riguardo alla generale sicurezza.

Questo secondo indirizzo pone l’accento su quanto fosse già ben noto sin dalla fine degli anni sessanta il rischio di trasmissione di epatite virale – cui andrebbe assimilato anche l’HIV, sebbene scoperto più tardi, perché il criterio per evitarne la diffusione è il medesimo – e rileva che già in quell’epoca esistevano obblighi di legge volti ad impedirne la trasmissione, a tal punto che nel 1965 era preclusa la facoltà di donare il sangue ai soggetti i cui valori delle transaminasi e delle GPT, noti indicatori della funzionalità epatica, fossero alterati rispetto ai limiti prescritti.

Se è vero che decine di sentenze hanno respinto le domande risarcitorie nei confronti del Ministero per le infezioni virali verificatesi antecedentemente all’introduzione dei test diagnostici specifici, altrettante pronunce hanno stabilito che “lo stato delle conoscenze progressivamente raggiunto dalla scienza fin dagli anni settanta avrebbe dovuto indurre il Ministero della sanità ad esercitare in modo attivo il dovere di vigilare sulla sicurezza del sangue e dei suoi derivati, sì da ridurre il rischio di infezioni post-trasfusionali, ancorché non conosciute nella loro esatta caratterizzazione molecolare”.

Tuttavia, l’inenarrabile propagazione del virus dell’HIV, come di molte altre malattie, non è certamente imputabile solo alle imprudenti emotrasfusioni, perché i rapporti sessuali costituiscono ancor oggi la principale via di contagio.

Nella condotta di chi tace al proprio partner la condizione di sieropositività o la presenza di altre importanti patologie sessualmente trasmissibili, l’orientamento maggioritario, al di là della questione prettamente civilistica concernente il risarcimento del danno, ravvisa anche un illecito penale.

Dalle massime giurisprudenziali in materia si evince con chiarezza il fatto che detto comportamento integri il reato di lesioni personali gravissime con dolo eventuale. Invero, sussiste l’elemento psicologico del dolo eventuale qualora l’agente, pur non mirando alla realizzazione del fatto a rischio, ne accetti “la concreta possibilità del suo verificarsi, in un necessario rapporto eziologico con l’azione medesima”. Ciò significa, in estrema sintesi, che continuando ad avere rapporti intimi con il proprio compagno – sia esso coniuge o meno – pur essendo a conoscenza del virus contratto, equivale a tollerare pacificamente l’ipotesi di contagiarlo e, in una prospettiva futura, di evitare che l’altro effettui tempestivamente le necessarie cure.

Nonostante gli indiscutibili progressi fatti nel corso degli anni, la battaglia della ricerca scientifica per arginare questi fenomeni sarà ancora lunga. Ma ancor più lunga si presenta quella finalizzata a garantire un diritto uniforme che intervenga per regolare i contrasti tra i consociati.

fonte: Roberta Romeo Studio legale EGIDI Via Lomellina n.31 – MILANO – su http://www.lavoce.be/index.php/affari-legali/9598-affari-legali-responsabilita-e-risarcimento-danni-in-caso-di-contagio-hiv

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