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bias ‹bàiës› agg. e s. ingl. [dal fr. e provenz. ant. biais «obliquo», di etimo incerto] (pl. biases ‹bàiësi›), usato in ital. come agg. e s. m. – Termine che significa propriam. obliquo, inclinato, e, come sost., obliquità, inclinazione, tendenza, usato con sign. specifici in varie discipline (tendenza a deviare dal valore medio in statistica).

BIAS

I bias sono errori sistematici; possono occorrere nel disegno o nell’esecuzione di uno studio, determinano una stima non corretta dell’associazione fra esposizione e rischio di malattia. Si distinguono dagli errori casuali (errori random o random misclassification), come esemplificato di seguito.

Consideriamo tre ecografisti: ognuno stima il peso di 5 feti alla 30 settimana di età gestazionale tramite la misura della circonferenza addominale. Le stime ottenute (peso in grammi) sono riportate in tabella.

Feto 1
Feto 2
Feto 3
Feto 4
Feto 5
Operatore 1
1540
1520
1480
1400
1480
Operatore 2
1400
1440
1390
1350
1390
Operatore 3
1560
1500
1510
1460
1440

Le stime dell’operatore 1 e 3 non coincidono mai, ma non si osserva nessun particolare pattern nelle differenze rilevate. In questo caso si parla di errori casuali o random (fenomeno noto come random misclassification): sono variazioni che non costituiscono un problema rilevante per l’interpretazione dei dati, indicano solo che la stima del peso del feto tramite la misura della circonferenza addominale eseguita ecograficamente non è una stima precisa.
L’operatore 2 invece riferisce misure sempre inferiori a quelle degli altri due per ognuna delle ecografie effettuate. In questo caso ci si trova di fronte ad un errore sistematico o bias. Il problema alla base dell’errore sistematico può risiedere nello strumento utilizzato per effettuare la misurazione, che può ad esempio non essere tarato bene, o a un errore di procedura dell’operatore, errore che si ripete sempre uguale. La presenza di errori sistematici rappresenta un problema per l’interpretazione dei dati.

Esistono due categorie maggiori di bias:
1. bias di selezione (selection bias)
2. bias di informazione (information observation bias)

bias di selezione risultano da un errore nella modalità di selezionare i soggetti da arruolare in uno studio:

  • i soggetti selezionati per partecipare a uno studio differiscono in maniera sistematica dai soggetti non selezionati: ad esempio si vuole studiare la prevalenza di infezione cervicale da Human papillomavirus (HPV) nelle donne in età fertile della regione Emilia-Romagna. Si sottopongono all’HPV DNA test tutte le donne sintomatiche che afferiscono agli ambulatori di ginecologia: la stima della prevalenza dell’infezione da HPV in questo caso sarà distorta rispetto a quella della popolazione generale che comprende tutte le donne in età fertile, sintomatiche (in cui la probabilità di isolare l’HPV è maggiore) e asintomatiche (per saperne di più: prevalenza di HPV).
  • i soggetti scelti come gruppo di controllo sono selezionati in una maniera che sistematicamente li differenzia dal gruppo dei casi: ad esempio si vuole condurre uno studio caso-controllo per studiare l’associazione fra infezione da Chlamydia trachomatis e malattia infiammatoria pelvica (PID). Negli ambulatori specializzati in malattie sessualmente trasmesse vengono individuati 50 casi di donne con sintomi di PID. I controlli vengono selezionati fra le donne che afferiscono agli ambulatori per lo screening periodico con Pap test. In questo caso è probabile che la stima dell’associazione sia distorta, dal momento che i controlli sono selezionati in un gruppo a minor rischio di esposizione. Le donne che si sottopongono allo screening, infatti, appartengono generalmente a strati medio-alti della popolazione e hanno meno frequentemente infezioni sessualmente trasmesse e, quindi, un rischio inferiore di infezione da Chlamydia rispetto alle donne seguite nei centri delle malattie sessualmente trasmesse (per saperne di più: rischio di infezione da Chlamydia)

bias di informazione risultano da errori sistematici nella misurazione di un parametro (come nel caso dell’ecografista che sistematicamente sottostima il peso dei feti misurati a 30 settimana di età gestazionale), nel rilevamento di una risposta a una domanda (intervista, questionario, ecc) o nella classificazione di uno stato di malattia o di una esposizione. Le cause possono essere numerose: ci possono essere errori nella stesura dei questionari, errori dell’osservatore, errori di chi risponde, errori degli strumenti (come nell’esempio dell’ecografo non tarato).
Un tipico esempio di bias di informazione, frequente negli studi caso controllo, è il recall bias: donne che hanno avuto un nato pretermine (casi), se intervistate, riferiranno con maggiore precisione e dettaglio gli eventi della gravidanza (come per esempio gli episodi febbrili), rispetto a donne con neonati a termine (controllo); le donne con neonato a termine infatti non ripercorrono mentalmente la gravidanza altrettanto scrupolosamente delle donne con neonato pretermine, che tentano di risalire nella maniera più precisa possibile all’evento all’origine dell’esito negativo. Per ridurre il rischio di recall bias è utile restringere l’osservazione a esposizioni avvenute in un arco di tempo relativamente breve (ieri/la settimana scorsa ha avuto la febbre?). Il recall bias è un rischio tipico negli studi sull’alimentazione: è stato rilevato che le ricerche sulla prevalenza dell’allattamento al seno, per fornire dati attendibili, dovrebbero investigare esclusivamente il tipo di cibo che il lattante ha assunto nelle 24 ore precedenti l’intervista [1].
Un altro esempio di bias di informazione è il response bias: questo occorre quando si intervistano persone che, per caratteristiche personali, hanno una predisposizione a riferire eventi personali in maniera sistematicamente diversa da quella della popolazione generale [2]. Un ampio studio osservazionale prospettico condotto in Scozia ha studiato l’associazione fra livello di stress psicologico percepito (esposizione) in un gruppo di persone non caratterizzate da svantaggio socioeconomico e sintomatologia anginosa percepita (esito soggettivo), episodi di ischemia rilevati tramite ECG (esito oggettivo), ricoveri per cause generali (esito dipendente dai sintomi lamentati), ricoveri per coronaropatia e mortalità associata (esiti oggettivi). Sono stati arruolati oltre 5mila uomini di età media pari a 48 anni; oltre 2mila uomini sono stati disponibili per una nuova valutazione a distanza di 5 anni dall’arruolamento. Le morti e i ricoveri sono state rilevate per un arco di tempo di 21 anni. Un elevato livello di stress psicologico (autodefinito) si associa a maggiore incidenza e prevalenza di angina (odds ratio, OR aggiustata: 2.66; intervallo di confidenza al 95%, IC 95%: 1.61, 4.41) e a maggior frequenza di ricovero per cause generali (OR: 1.13; IC 95%: 1.01, 1.27). Non c’è invece alcuna correlazione significativa con incidenza e prevalenza di ischemia, con ricovero per coronaropatia, con mortalità per coronaropatia o per malattia cardiovascolare [3]. L’associazione fra la percezione del livello di stress psicologico e il rischio di angina non è confermata da misure oggettive di danno cardiaco; gli autori concludono che fra gli uomini arruolati, quelli caratterizzati da assenza di svantaggio sociale, hanno una elevata percezione di stress e riferiscono più frequentemente degli altri uomini sintomi di angina. Ma le due variabili non sono associate causalmente; sono solo associate a una maggior inclinazione alla lamentela [2,3].

 

Gli errori (bias) in epidemiologia e nella ricerca evidence based

L’errore random è un errore che genera una divergenza tra il valore vero (la popolazione) e il valore campionario (il campione). L’errore random non può essere escluso completamente, in quanto insito nella variabilità campionaria stessa. Può essere controllato, in quanto l’errore random può dipendere da errori di campionamento commessi nella fase di selezione del campione (rappresentatività) e/o da una bassa numerosità campionaria (dunque non rappresentativa della variabilità della popolazione).

L’errore random genera due errori, chiamati errore di tipo 1 (o errore alfa) ed errore di tipo 2 (o errore beta).

  • L’errore di tipo 1/alfa porta il ricercatore ad affermare che due situazioni risultano diverse (rifiuto l’ipotesi nulla H0) quando in realtà sono uguali. Il grado di accettabilità dell’errore di tipo 1 è pari al 95% oppure al 99%, conseguente ad un valore di p considerato inferiore allo 0,05 nel primo caso e inferiore a 0,01 nel secondo caso.
  • L’errore di tipo 2/beta porta il ricercatore ad affermare che due situazioni sono uguali (confermo l’ipotesi nulla H0) quando in realtà sono diverse. Il grado di accettabilità dell’errore di tipo 2 è pari al 10-20%.

quality_sys_random

L’errore sistematico o (bias) porta ad una stima sbagliata dell’effetto della esposizione sul rischio di sviluppo di un outcome/condizione. Riguarda quindi la validità dello studio e non è influenzato dalla numerosità campionaria. Se per l’errore random, la numerosità campionaria può essere un elemento di riduzione della probabilità dell’errore, per quanto concerne l’errore sistematico (che si verifica sempre, sistematicamente) l’aumento del campione non dà garanzie di possibile riduzione della probabilità di errore. L’errore sistematico, definito anche bias, assume caratteristiche diverse e nomi diversi a seconda dell’interessamento che ha l’errore ha sul percorso /fase della ricerca ed a seconda del disegno di ricerca.

Bias di selezione: riguarda un errore sistematico nell’identificazione della popolazione e/o nella selezione della campione a cui si riferisce lo studio. Definiamo come bias di selezione non differenziale l’errore riguardante il campionamento (quindi la fase preliminare post identificazione della popolazione): questo errore influisce sulla validità esterna (di fatto i dati raccolti e analizzati su quel campione sono validi, ma riferiti a quel campione che non può essere generalizzato alla popolazione perché raccolto in modo non corretto). Definiamo come bias di selezione differenziale l’errore riguardante la randomizzazione (quindi l’allocazione in uno dei bracci dello studio (trattati vs controlli): questo errore influisce sulla validità interna (di fatto i dati raccolti e analizzati su quel campione non sono validi, perché influenzati da un errore nella procedura di randomizzazione e di successiva allocazione nel braccio di trattamento e nel braccio di controllo). Questo bias è fortemente correlato a fattori di confondimento. Se presente, il bias di selezione, è riscontrabile analizzando la “tabella 1” dei disegni di studio randomizzato, dove vengono riportate le caratteristiche del campione utilizzato presenti al baseline, cioè prima di qualsiasi sperimentazione. L’identificazione di omogeneità o di eterogeneità tra i componenti del braccio trattamento e del braccio controllo sono riscontrabili attraverso l’analisi degli indici statistici (valore di p che in questo caso dovrà essere maggiore di 0.05, cioè assenza di differenze significative tra i due gruppi). Inoltre l’analisi dei “materiali e metodi” permette l’identificazione di tale bias.

Fattori di confondimento: i fattori di confondimento sono le variabili che si associano tra esposizione ed esito e che potrebbero “confondere” i risultati, facendo arrivare a conclusioni errate il ricercatore. Per limitare il problema del confondimento si utilizzano due tecniche chiamate: matching (o stratificazione) e analisi multivariata. La gestione del matching permette di distribuire i fattori confondenti andandoli a collocare nei bracci di trattamento/controllo in modo equivalente. Questa modalità implica essere a conoscenza dei fattori di confondimento (isolamento dei fattori di confondimento) e la loro gestione in fase di allocazione. L’analisi multivariata rappresenta invece una tecnica statistica per “dare un peso” alle variabili prese in esame e correlarle rispetto alle altre variabili e all’outcome, creando un modello di relazione tra variabili e outcome.

Bias di performance: riguarda i partecipanti allo studio (soggetti studiati o ricercatori) che, conoscendo il proprio braccio di assegnazione, potrebbero condizionare l’esito, attraverso percezioni distorte (sapere di essere sottoposto ad un trattamento può far percepire un miglioramento clinico (soggettivo, legato a dei miglioramenti bio-fisiologici), cosi come sapere di non ricercare un trattamento può far percepire un peggioramento clinico, bio-psico-sociale. Il bias di performance viene limitato dalla cecità o blinding.

Bias di detection: la conoscenza relativa all’intervento a cui è sottoposto ogni partecipante condiziona il ricercatore nella produzione delle analisi, dei risultati o nelle conclusioni dello studio. Il bias di detection viene limitato dalla cecità o blinding (in alcuni casi, cecità da parte di chi analizza i dati). Tale bias si ricerca analizzando la parte “materiali e metodi” dell’articolo scientifico

Bias di informazione: si realizza quando il soggetto viene posto in un gruppo tra trattati e controlli perché si è a conoscenza della sua condizione, oppure della concomitanza di altri fattori e si colloca (volutamente o accidentalmente) in un gruppo (trattati) o in un altro (controlli). Questo, a seconda dello spostamento verso l’uno o l’altro gruppo, provoca nei risultati una associazione o una non associazione rispetto all’outcome, che viene condizionato da questo errore. Un errore specifico di tipo informativo è il recall bias, proprio degli studi caso controllo, dove si ha un ricordo errato da parte del soggetto coinvolto rispetto al quesito (l’esito avverso sovrastima l’associazione con il fattore indagato). Questo sottotipo di errore, recall bias, ha molteplici difficoltà per il suo controllo. Sarebbe necessario utilizzare strumenti come diari, scale redatte al momento del sintomo (esempio: scala NRS compilata al momento del dolore e non chiedere al paziente come fosse il dolore durante la sintomatologia). Il bias di informazione può presentarsi anche in presenza di condizionamenti da parte del ricercatore, di male-intrpretazione o propria-interpretazione del sintomo descritto dal soggetto (esempio: il dolore, viene attribuito dal ricercatore un voto al dolore del malato, senza provarlo direttamente e quindi interpretando una sintomatologia soggettiva). Il bias di informazione viene limitato dalla cecità o blinding o dall’utilizzo di strumenti di oggettivazione validati per i dati soggettivi (scale di valutazione).

Bias di attrito: si verifica quando i pazienti inizialmente reclutati nello studio escono progressivamente, in momenti differenti. Le esclusioni, ad esempio, riguardano i casi selezionati in fase di campionamento ma esclusi perché non rispondenti ai criteri di inclusione (in uno dei due bracci trattamento/controllo). I persi al follow-up o drop-out, rappresentano i casi che escono dallo studio senza una responsabilità diretta da parte del ricercatore (esclusione voluta causa motivo): sono i casi che non si ritrovano nei periodi successivi l’arruolamento, nelle fasi intermedie (es: visite progressive a distanza di giorni durante uno studio farmacologico). Negli studi di coorte il follow-up deve essere lungo e completo e viene accettata una tolleranza tra lo zero e il 20% di persi al follow-up. Il bias di attrito viene limitato dall’analisi Intention to Treat (ITT). Tale bias si ricerca analizzando la parte “risultati” dell’articolo scientifico

Bias di violazione del protocollo: si verifica quando i pazienti non seguono quanto previsto dal protocollo di studio, ricevendo o non ricevendo il trattamento o ricevendo trattamenti precedenti/concomitanti o successivi non previsti dal protocollo di studio (es: in uno studio farmacologico che valuta la capacità di una molecola di ridurre il dolore (anti-dolorifico), sottoporre il paziente ad un trattamento farmacologico anti-infiammatorio precedente può essere escluso dal protocollo di studio e, agire questo comportamento, configura una violazione dal protocollo. Questo tipo di bias è composto dai: (1) withdrawals: i partecipanti vengono randomizzati ma vengono esclusi durante la fase di analisi (causa dati mancanti, causa eventi concorrenti, causa non aderenza terapeutica); (2) cross-over: i partecipanti assegnati al controllo ricevono trattamento e viceversa; (3) protocol violators/non comliant: vengono assunti farmaci proibiti o in modalità errate (scarsa compliance terpeutica). Il bias di violazione del protocollo viene limitato dall’analisi Intention to Treat (ITT).

http://www.evidenzeinfermieristiche.com/gli-errori-bias-in-epidemiologia-e-nella-ricerca-evidence-based/

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