Skip to main content

I danni risarcibili patrimoniali e non patrimoniali: Il danno morale, il danno biologico, il danno esistenziale. Nell’ambito della responsabilità sanitaria, i danni risarcibili al danneggiato, sono sostanzialmente di due tipi: i danni patrimoniali e i danni non patrimoniali. Il danno patrimoniale consiste nel pregiudizio direttamente arrecato dal fatto illecito al patrimonio del danneggiato, inteso in senso strettamente economico. Esso è risarcito secondo i criteri stabiliti dall’art. 1223 c.c. e comprende sia il danno emergente che il lucro cessante. Il primo “consiste in una diminuzione del patrimonio”; il secondo, invece, “consiste nell’esclusione di un incremento patrimoniale che si sarebbe verificato in mancanza del fatto dannoso”[90].

Nell’ambito della responsabilità sanitaria, e quindi in riferimento ai danni alla persona, il danno emergente è rinvenibile tutte le volte in cui il paziente è costretto ad affrontare spese mediche e degenze ospedaliere per riparare ai danni subiti in conseguenza dell’errato intervento sanitario fonte di pregiudizio. Inoltre, si può riconoscere un’ipotesi di danno emergente anche in relazione alle spese sostenute dal danneggiato per il vitto e l’alloggio in caso di necessità di trasferimenti, per il riadattamento dell’abitazione o dell’autovettura e per l’assistenza domiciliare in caso di gravi menomazioni, ecc.

Il lucro cessante o mancato guadagno, invece, corrisponde alle nuove utilità che il danneggiato avrebbe presumibilmente conseguito se non si fosse verificato il fatto illecito o l’inadempimento; sicché in tale tipologia di danno si fa rientrare la diminuzione o la cessazione del reddito di lavoro (dipendente o autonomo), dovuta alla perdita (temporanea o permanente) della capacità lavorativa del soggetto per effetto della lesione subita[91].

In particolare, “in caso di invalidità temporanea, che può essere totale o parziale a seconda del grado di incapacità di produrre reddito, il danno è rappresentato dal mancato guadagno durante il periodo di malattia procurata dalla lesione che ha impedito alla persona lesa di attendere alla sua attività lavorativa. Nel caso di postumi permanenti, invece, il danno consiste nella perdita di reddito presunta a causa delle menomazioni irreversibili: in altri termini vengono valutati i postumi permanenti in relazione alla loro incidenza sulla futura capacità di produzione del reddito della persona lesa; viene così individuata una percentuale di incidenza sulla capacità lavorativa pregressa rappresentata dalla specifica lesione alla salute subita”[92].

 Il danno non patrimoniale: il danno morale

Il danno non patrimoniale è una categoria individuata dall’art. 2059 c.c., di cui è possibile il risarcimento solo nei casi ammessi dalla legge. Si tratta, in primo luogo, delle ipotesi in cui il danno deriva da un reato.

Tradizionalmente, nell’ambito del danno non patrimoniale si colloca il c.d. danno morale che si identifica con il dolore, i patemi d’animo, le sofferenze spirituali subite dalla vittima, le quali, però, non si traducono in un vero e proprio pregiudizio all’integrità psicofisica del soggetto (atteso che in tale ultimo caso rientrerebbero nel danno biologico, come si vedrà oltre).

A tal proposito, in giurisprudenza è stato affermato che “il danno morale, tradizionalmente definito come pretium doloris, viene generalmente ravvisato nell’ingiusto turbamento dello stato d’animo del danneggiato o anche nel patema d’animo o stato d’angoscia transuente generato dall’illecito”[93].

Anche in dottrina la soluzione più accreditata è quella che restringe “la nozione di danno morale alle sole sofferenze di carattere psichico: vale a dire quelle che si sostanziano nell’ansia, nella preoccupazione, nel turbamento psicologico (…)”; “quanto all’individuazione dei confini dell’area morale del danno, la soluzione più convincente appare senz’altro quella volta a far confluire in tale ambito i dolori di carattere spirituale che scaturiscono dalla lesione, a prescindere dal fatto che quest’ultima tocchi o meno l’integrità psicofisica del soggetto”[94].

Il danno biologico

Secondo un’interpretazione che è andata via via consolidandosi in dottrina e in giurisprudenza, all’interno della categoria di danno non patrimoniale trovano sistemazione altre voci di danno, tra cui, in primo luogo, il danno biologico (o danno alla salute), formula con la quale si designa l’ipotesi della lesione dell’interesse, costituzionalmente garantito (art. 32), all’integrità psichica e fisica della persona[95].

Il risarcimento di tale tipo di danno è stato a lungo collegato ad una logica strettamente patrimonialistica, per cui i pregiudizi alla persona potevano trovare ristoro solo nel caso in cui incidessero sul suo patrimonio, e quindi il risarcimento era limitato alle spese sostenute ed alla diminuzione dei redditi. Dunque, nessun rilievo veniva attribuito alla integrità psicofisica in sé stessa[96].

Intorno alla metà degli anni ’70 dello scorso secolo si è, tuttavia, “concretizzata quella esigenza di dare risalto al diritto alla salute, considerando inaccettabile che la lesione di tale diritto per essere considerata risarcibile, deve patrimonializzarsi nelle voci di danno emergente e lucro cessante”[97].

La necessità di superare queste limitazioni e di garantire un risarcimento integrale del danno alla persona, che comprendesse ulteriori aspetti della vita di un individuo, non solo quelli economici, ha determinato la nascita di un nuovo tipo di danno, definitivamente consacrato con la storica sentenza n. 184, 14 luglio 1986, della Corte Costituzionale. In particolare, con detta pronuncia, la Consulta riconosce l’esistenza del danno biologico e la sua risarcibilità, ricollegandola al combinato disposto degli artt. 2043 c.c. e 32 Cost. Si legge testualmente: “la vigente Costituzione, garantendo principalmente valori personali, svela che l’art. 2043 c.c. va posto soprattutto in correlazione agli articoli della Carta fondamentale (che tutelano i predetti valori) e che, pertanto, va letto in modo idealmente idoneo a compensare il sacrificio che gli stessi valori subiscono a causa dell’illecito. L’art. 2043 c.c., correlato all’art. 32 Cost., va necessariamente esteso fino a comprendere il risarcimento non solo dei danni in senso stretto patrimoniali ma (esclusi i danni morali) tutti i danni che, almeno potenzialmente, ostacolano le attività realizzatrici della persona umana. Ed è questo il profondo significato innovativo della richiesta di autonomo risarcimento, in ogni caso, del danno biologico: tale richiesta contiene un implicito, ma ineludibile, invito ad una particolare attenzione della norma primaria, la cui violazione fonda il risarcimento ex art. 2043 c.c., al contenuto dell’iniuria di cui allo stesso articolo, ed alla compensazione (non più limitata, quindi, alla garanzia di soli beni patrimoniali) del risarcimento della lesione di beni e valori personali”[98].

Dunque, la sentenza della Corte Costituzionale ha stabilito definitivamente che il danno alla persona deve individuarsi non più soltanto nelle conseguenze economiche o afflittive della lesione personale ma, piuttosto, nella lesione in sé e per sé considerata.

Secondo una definizione riportata di frequente nella giurisprudenza, il danno biologico o danno alla salute “consiste nella menomazione arrecata all’integrità fisico-psichica della persona in sé e per sé considerata, incidente sul valore umano in ogni sua concreta dimensione, che non si esaurisce nella sola attitudine a produrre ricchezza, ma si collega alla somme delle funzioni naturali afferenti al soggetto nell’ambiente in cui la vita si esplica, ed aventi rilevanza non solo economica, ma anche spirituale, sociale, culturale ed estetica”[99].

Il danno biologico, dunque, “può essere definito come qualsiasi alterazione, in rapporto causale con il fatto dannoso, di natura temporanea o di natura permanente, dello stato di salute fisica e/o psichica della persona che le impedisce di godere della vita nella stessa misura in cui ne godeva prima dell’evento, indipendentemente da qualsiasi riferimento alla capacità produttiva del soggetto e alla pecunia doloris (…). La tutela della salute non può essere intesa in senso esclusivamente biologico ma va considerata come bene strumentale necessario alla protezione ed allo sviluppo della personalità dell’individuo”[100].

In definitiva, i possibili contenuti del danno biologico possono essere così sintetizzati:

– modifica dell’aspetto esteriore, ossia dei caratteri morfologici della persona;

– riduzione dell’efficienza psicofisica, ossia ridotta possibilità di utilizzare il proprio corpo;

– riduzione della capacità sociale, ossia dell’attitudine della persona ad affermarsi nel consorzio umano mediante la sua vita di relazione con gli altri;

– riduzione della capacità lavorativa generica, ossia dell’attitudine dell’uomo al lavoro in generale;

– perdita di chances lavorative o lesione del diritto alla libertà di scelta del lavoro;

– maggior fatica nell’espletamento del proprio lavoro, senza perdita di guadagno;

– usura delle forze lavorative di riserva, quando non renda necessario il prepensionamento[101].

 Il danno esistenziale

Per questa ampia prospettazione del danno alla persona, non riconducibile ad un danno inteso sotto il profilo soltanto patologico, come si è visto poc’anzi, c’è chi ha teorizzato una nuova categoria di danno, il c.d. danno esistenziale, aperto a “tutte le potenzialità espressive dell’individuo, sia personali che sociali, le c.d. attività realizzatrici della persona, non riconducibili né al danno economico né al patema d’animo, alle quali fa riferimento l’art. 2 della Costituzione (diritti fondamentali della persona umana)”[102].

In altri termini, “il danno esistenziale appare lesivo delle espressioni fondamentali della personalità umana e pregiudica l’individuo nella piena manifestazione e realizzazione di se stesso in tutti gli aspetti della sua esistenza, senza tuttavia tradursi in una lesione del bene salute”[103].

Per individuare la natura del danno esistenziale andranno considerati i settori in cui si esplica la personalità, che di massima riguardano: le attività biologiche-sussistenziali; le relazioni affettivo-familiari; le attività di carattere culturale e religioso; gli svaghi e i divertimenti.

Al riguardo, si riporta una sentenza di merito che, a proposito della nascita di una bambina con gravi malformazioni non diagnosticate dall’ecografista che aveva seguito la gestazione, ha riconosciuto alla madre il risarcimento del danno esistenziale derivatole dalla nascita della figlia malformata, così motivandone i presupposti: “ulteriore e diversa figura di danno è, poi, quello esistenziale. Esso consiste nel danno che l’individuo subisce alle attività realizzatrici della propria persona, risarcibile ex art. 2043 c.c., e va distinto dal danno biologico in virtù della matrice medico legale di quest’ultimo. Tale figura di danno comprende cioè tutte quelle lesioni che, non riconducibili a danni patrimoniali o biologici in senso stretto, insistono su interessi giuridicamente protetti e meritevoli di tutela all’interno del nostro ordinamento. All’interno del danno esistenziale possono comunque distinguersi il danno esistenziale puro e il danno biologico-esistenziale: anche nella sfera esistenziale, infatti, possono essere presenti componenti biologiche. Ciò accadrà quando la limitazione all’attività realizzatrice della propria persona sia non l’immediata conseguenza dell’illecito (ho subito l’illecito, quindi non posso fare più – danno esistenziale puro), ma la conseguenza mediata dall’aspetto biologico (sto male) conseguente l’illecito (sto male a causa dell’illecito subito e quindi non posso fare più), in una visione cioè dinamica. Le possibili voci riconducibili a simili categorie sono decisamente ampie, e si concentrano nella lesione della sfera esistenziale, senza interessare aspetti medico legali, pur se talune figure possono presentare una duplice valenza, o come visto, essere legate per via mediata al danno biologico (gli illeciti risarcibili sotto la categoria del danno esistenziale, pertanto sono riconducibili a manifestazioni di mobbing, trasmissione di malattie, discriminazioni razziali, sessuali o religiose, uccisione di animali significativi per l’individuo, abusi sessuali, violazione del diritto alla riservatezza, costrizione alla prostituzione, ecc).

In tali illeciti, infatti, oltre alle tradizionali voci di danno già riconosciute e rinvenibili caso per caso, possono facilmente individuarsi tipologie di lesioni più correttamente riferibili alla sfera esistenziale. Al danno esistenziale vanno poi ricondotte altre figure di danno già riconosciute dalla giurisprudenza: tra queste si evidenziano il danno alla vita di relazione, il danno alla serenità familiare, il danno alla serenità sessuale, con esclusione degli aspetti medico legali afferenti al danno biologico. Esse infatti non possono essere ricondotte alla figura del danno patrimoniale, posto che la loro natura appare evidentemente diversa, pur essendo suscettibili di una valutazione patrimoniale. Né possono essere ricondotte al danno morale in senso stretto (risarcibile ex art. 2059 c.c.), o al danno biologico (interessante aspetti medico legali, anche se, con riferimento a quest’ultima figura, si è detto, potranno esservi interferenze). A simili argomentazioni, come anticipato, si deve quindi far ricorso per l’inquadramento dogmatico del danno alla vita di relazione: esso è un danno inerente le limitazioni alla possibilità di interagire con l’esterno, sia esso inteso come occasioni di rapporti umani (es. frequentazione di amici e parenti), sia come rapporto con la realtà esterna (es. recarsi in determinati luoghi), sia come limitazione allo svolgimento di attività (es. sport, attività culturali). In questi termini esso potrà o costituire una lesione della sfera attinente le attività realizzatrici della persona (considerando la limitazione quantitativa e qualitativa subita nelle possibilità di interagire con l’esterno) e quindi afferente al danno esistenziale, o, invece, minare l’integrità psico-fisica della persona (qualora comporti una vera e propria patologia), e in tal senso si dovrà parlare di danno biologico”[104].

su http://www.studiolegaledelalla.it/responsabilita-civile-infermiere/

STUDIO LEGALE DE LALLA Via Della Guastalla, 1 – Milano (Mi) – 20122 – Italia

Leave a Reply