Skip to main content

I politici, in Valcamonica, hanno sempre difeso l’autonomia. Un traguardo ottenuto nel ‘98 con la legge regionale che istituiva l’Azienda sanitaria locale, al pari di un provincia.

Ma oggi, con la riforma che ha scorporato Ats e Asst, i nodi vengono al pettine: la testa della programmazione è finita a Sondrio, mentre su Breno ricadono oneri e onori di una gestione socio-sanitaria più complessa. La sfida, infatti, è duplice: bisogna dirigere due ospedali per acuti (Esine e Edolo) sapendo però che la riforma mette al centro i cronici (diabetici, cardiopatici, grandi anziani). Come uscirne? Si tratta di problemi che saranno forse analizzati durante gli «Stati generali della sanità» in Vallecamonica. 

I timori

L’idea, lanciata dall’ex consigliere regionale Arturo Minelli, ha incrociato la preoccupazione che il presidente della Provincia di Brescia nutre per il futuro della Valcamonica: Pierluigi Mottinelli, infatti, è convinto che la riforma indebolisca il sistema socio-sanitario della valle e finisca per escludere gli enti locali: «Siamo passati da una fase forse di troppa presenza dei comuni nella sanità – ha detto Mottinelli – a una fase, quella odierna, in cui i comuni sono da essa esclusi». In Alta valle, per esempio, il timore è che si arrivi progressivamente ad un ridimensionamento del presidio di Edolo: «Non è stato trasformato in un Presidio territoriale – spiega Fabio Fanetti, consigliere regionale di maggioranza – perché serviva qualcosa che fosse più strutturato di un struttura a bassa intensità di cura». Secondo l’ex sindaco di Sonico quell’ospedale non può prescindere da reparti come pronto soccorso, medicina, ortopedia, riabilitazione. Tuttavia, l’indice di saturazione dei posti letto, in alcuni settori chirurgici, si ferma ben al di sotto del 70-80 per cento: come si giustifica tutto questo, a livello di risorse? «Bisogna capire che la sanità, in montagna, costa di più. Ecco perché – sostiene Fanetti – abbiamo diritto a maggiori risorse».

L’autonomia

Ma se alcuni reparti sono sottoutilizzati è perché tanti preferiscono spostarsi a Brescia, in caso di interventi di un certo livello. Lo ammette anche l’ex senatore Giampiero De Toni, già sindaco di Edolo: «Se ho bisogno di sottopormi a delle operazioni, vado al Civile». L’ex parlamentare è però lo stesso che rimarca il peso specifico del presidio del suo paese: «È un’ospedale di frontiera, per noi – dice – è fondamentale. Lo difenderò sino alla morte». Il punto però è capire se la Regione può preservarlo così come è oggi: l’impressione è che più camuni scendono a curarsi a Brescia e meno risorse (per acuti) Edolo avrà a disposizione. Il budget, infatti, lo determina la Valtellina. Come ricorda Angelo Zinelli, già segretario provinciale della Uil, la riforma mette al centro i cronici, «ma per gestirli servono fondi. E i due ospedali camuni, come sono strutturati oggi, rischiano di togliere risorse all’obiettivo della riforma», che parla di una sempre maggiore integrazione economica tra ospedale e territorio. «Ma qual è il progetto di presa in carico della cronicità? Manca una vera strategia o, se c’è, non è chiara» risponde Francesco Diomaiuta, segretario generale della Cisl. Secondo il sindacalista, oltre a diagnostica ed emergenza il futuro di Edolo dovrà essere legato sempre più a «lungodegenza e riabilitazione». E se le risorse non cambiano, come si fa? «Bisogna liberarne alcune da settori per acuti meno utilizzati», dice Diomaiuta. Il segretario della Cisl non usa giri di parole: «Per tante operazioni si va al Civile, o comunque a Brescia: la casistica è più alta – ragiona – e quindi anche l’esperienza dei medici». Come dire, il legame tra Brescia e la Valcamonica è un fatto, al di là dell’autonomia: in valle, quindi, sarebbe meglio puntare sulla cronicità. E tuttavia 13 dei 26 dei posti letto di riabilitazione di Edolo sono stati chiusi questo mese: funzionavano ma senza tutte le autorizzazioni necessarie. Per Fanetti la partita non è però chiusa: «L’idea – spiega il consigliere – è quella di farli riaccreditare come riabilitazione post-acuti». Tra risorse da negoziare, progetti da concretizzare e una scelta (sempre più diffusa) di andare a Brescia per l’alta specialità, la Valcamonica vive una fase di transizione: molti servizi diagnostici (dalla radiologia alle analisi chimico cliniche) ora verranno gestiti in collaborazione con l’Asst della Franciacorta mentre non è un mistero che alcune specialità sopravvivono grazie alle consulenze con personale del Civile. Una fase complicata che attende risposte.

((http://brescia.corriere.it/notizie/cronaca/16_ottobre_31/valcamonica-sanita-affanno-politica-fa-lobby-94444f14-9f69-11e6-9daf-5530d930d472.shtml))

Leave a Reply