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Cgil, Cisl e Uil: “Sì al nuovo ospedale, ma alla Lusignani spazi insufficienti

Rete ospedaliera, case della salute, riabilitazione, quali prospettive per la sanità piacentina? Sono i temi del convegno organizzato dai sindacati Cgil, Cisl e Uil nella sala del consiglio provinciale di Piacenza sabato 8 ottobre. Presenti sindaci, amminiistratori e anche il direttore generale dell’Ausl Luca Baldino.

Sugli argomenti dell’incontro si è soffermata nella sua relazione la segretaria provinciale della Cisl Marina Molinari, che ha parlato a nome delle tre sigle sindacali. Ecco il suo intervento.

Protagonisti del cambiamento. E’ con questo incipit che voglio dare avvio a questo mio contributo a nome di Cgil Cisl Uil.

Perché quando si parla di salute non si può non entrare anche in una logica di trasformazione e di evoluzione. La società, i bisogni e le aspettative dei cittadini, degli ammalati e delle loro famiglie, cambiano e quindi la sanità e i sistemi socio sanitari devono essere altrettanto dinamici.

E non potrebbe essere diversamente, viste anche le rapide innovazioni della tecnologie in campo diagnostico e farmacologico.

D’altronde se il ventesimo secolo è stato il secolo delle innovazioni nel campo della mobilità e della comunicazione, il ventunesimo, a detta di molti, potrebbe essere quello dell’innovazione in medicina.

Il nuovo farmaco che in soli tre mesi cura definitivamente dalla Epatite C è stato il primo importante successo verso la salute di molti ammalati che ci ha dato il nuovo secolo.

E’ fuori di dubbio che il sistema sanitario della Regione E.R., e quello di Piacenza, si collocano tra i migliori a livello nazionalee questi risultati sono il frutto di politiche che hanno cercato di attutire gli effetti dei tagli lineari delle politiche governative con delle scelte precise: da un lato di investimento con soldi propri della Regione, dall’altro con operazioni di razionalizzazione in modo di riorganizzare le risorse, concentrandole in ambiti di maggior bisogno e cercando la maggiore efficienza.

Risorse, organizzazione, innovazione, valorizzazione del lavoro, apertura al confronto e alla partecipazione alle scelte da parte delle comunità locali, dei cittadini, dei sindaci sono le ricette necessarie per mantenere alti gli standard di qualità della sanità regionale e provinciale. Stando fermi sull’esistente non si crea qualità.

E’ evidente che troppo spesso e da più parti il tema della sanità viene affrontatoin termini di “spesa sanitaria” ed associato ad argomenti quali il contenimento di spesa pubblica, tagli…. Ma la salute, per le persone e per le comunità, è prima di tutto un investimento, è una precondizione di progresso e di libertà.

Detto questo però, (anche perché forse troppo spesso la gente ha potuto verificare – ma non solo nella sanità – che vi è un divario tra il dire e il fare dei decisori politici e amministrativi) accade che prevalga il timore di perdere ciò che si ha, anche quando magari, ciò che si ha, non è più adeguato ai tempi, non è più il meglio.

Questo per timore di rimanere a mani vuote. Allora se i cittadini non hanno ben chiaro quello che si intende fare, le logiche e la cultura che stanno dietro alle scelte, le azioni concrete che daranno seguito alle scelte, questi stessi cittadini tentano di difendersi raccogliendo firme per “mantenere l’ospedale così come è oggi”; “mantenere la guardia medica così com’è”; “mantenere l’ambulatorio lì dov’è”.

“Mantenere” diventa la parola d’ordine di comitati di cittadini, assolutamente rispettabili, che temono di vedersi affievolire le risorse per i loro bisogni di cura, di assistenza e di salute. Questi cittadini vogliono rappresentare alla politica l’attenzione al valore della salute come valore primario, quel concetto che ho detto prima di “salute come precondizione di libertà e di progresso”.

E’ qui però che trovo un’incongruenza, l’anello debole: spesso la politica e gli amministratori assecondano le paure della gente o forse si lasciano strattonare da esigenze elettorali e diventano a loro volta promotori del “teniamo tutto com’è”…. ma la sanità è di qualità solo se sa cambiare e aggiornarsi negli strumenti e nell’organizzazione.

Rispetto invece alla necessità di fornire informazione e quindi partecipazione (perché per partecipare prima di tutto bisogna conoscere) devo riconoscere all’azienda sanitaria e al dottor Baldino di aver dato la massima disponibilità a prendere parte ai percorsi di informazione presso consigli comunali, comitati di cittadini, associazioni di ammalati. Questo penso che rappresenti un positivo esempio, un metterci la faccia, che ha valore.

Per tutte queste ragioni come Cgil Cisl Uilabbiamo voluto creare una serie di occasioni di confronto e approfondimentoche partono con la giornata odierna. A quello di oggi faranno seguito 4 momenti di riflessione aperti ai nostri iscritti e a tutte le persone che hanno a cuore i temi della salute: ci muoveremo nel territorio provinciale: a Castel San Giovanni si parlerà di riorganizzazione della rete ospedaliera; a Fiorenzuola si parlerà di riabilitazione; a Bobbio di ospedale di comunità; a Piacenza di case della salute e di medicina di iniziativa.

Saranno incontri in cui sentiremo la voce anche dei medici, degli operatori socio sanitari, delle associazioni dei malati. Il cuore vivo della sanità potrà farsi conoscere ed indicare la strada: protagonisti del cambiamento.

Qualche spunto di merito per la tavola rotonda

RETE OSPEDALIERA

La nostra rete ospedaliera è un patrimonio del territorio di Piacenza, ma se non vogliamo disperderlo e consegnarlo, davvero, in futuro, alla chiusura (cosa paventata da alcuni comitati) dobbiamo riflettere sulla funzione degli ospedali.

L’evoluzione della medicina e della diagnostica, la nuova chirurgia sempre meno invasiva, i nuovi farmaci, hanno significativamente ridotto i tempi di ospedalizzazione in caso di malattia. L’innovazione tecnologica ha costi molto elevati, i medici formati specialmente in alcune branche sono “materiale” raro, anche a causa di politiche sbagliate negli ultimi anni sui numeri chiusi all’università di medicina quindi non è più pensabile credere di poter avere tre ospedali che replicano le stesse specialità.

Allora, se vogliamo davvero salvaguardare i nostri ospedali nel futuro, dobbiamo ripensarli ed assegnare a ciascuno di loro delle specialità che servano, non solo quel territorio comunale o distrettuale, ma l’intera provincia ed anzi aree vaste interprovinciali. Riflettiamo su come si sta modificando la nostra società (aumenta l’invecchiamento e diminuiscono le nascite), di conseguenza se alcune specialità come medicina, cardiologia, radiologia o anche chirurgia (per alcuni interventi programmati) devono essere diffuse, sul territorio non è pensabile avere più di un reparto natalità o più di una chirurgia d’urgenza in un bacino da 280.000 abitanti, come è la nostra provincia.

Quindi questo è il tempo delle scelte: non c’è nessun ospedale da chiudere. Dobbiamo ripensarli, riorganizzarli, riconvertirli, se è il caso, e poi investire davvero sulle scelte che si fanno.

CASE DELLA SALUTE

Anche il recente rapporto nazionale Osservasalute 2015, curato dall’osservatorio nazionale sulla salute delle regioni italiane e dall’Università cattolica del sacro Cuore, ci ha ulteriormente rivelato che l’Italia è la cenerentola della prevenzione (sebbene in questo contesto l’Emilia Romagna sia messa un po’ meglio). Il dottor Baldino ha più volte mostrato nei suoi interventi come in questo tema ci sia una notevolissima disparità anche fra comune e comune del nostro territorio.

Le case della salute prima di tutto devono essere la casa della prevenzione (anche come soggetto di diffusione di cultura della prevenzione: stili di vita, alimentazione….), da un lato, e la casa della cura della cronicità, dall’altro. La casa della salute deve essere l’hub, il centro propulsore della sanità territoriale del bacino che coinvolge.

L’hub del Dipartimento cure primarie ma anche della salute mentale e delle dipendenze patologiche. Il luogo della medicina d’iniziativa: cioè il posto in cui, per le patologie croniche oggi più diffuse (diabete, scompenso cardiaco, bronco pneuma), si entri in un percorso di accompagnamento in cui è l’Azienda sanitaria che chiama i pazienti, cercando di prevenire gli eventi acuti. Case della salute come luogo in cui si viene chiamati per alcuni screening di prevenzione, per le vaccinazioni: servizi integrati, con equipe multifunzionali che siano in grado di intercettare e di seguire tutte le pluripatologie croniche che spesso interessano la popolazione anziana (e che se non adeguatamente seguita si trasformano in ospedalizzazione impropria) e che seguano tutte le patologie legate alla fragilità sociale, oggi sempre più diffusa.

Ci vuole una visione organica di sanità territoriale, ci vuole un’assistenza continua che metta al centro le persone in una rete che deve essere sanitaria, ma anche sociale e che si interfacci all’assistenza domiciliare. Quante case della salute e dove farle? Ragioniamoci… l’importante è che nessuno dei 286.997 abiatanti della provincia di Piacenza  rimanga fuori da questa rete territoriale di prevenzione, screening e accompagnamento nelle cronicità.

Nelle case della salute e nella costruzione di un modello organico e programmato di sanità territoriale i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta hanno un ruolo fondamentale. La ritrosia per alcuni medici di costituirsi in medicine di gruppo non aiuta. Laddove queste medicine di gruppo ci sono, il gradimento dei pazienti è elevatissimo e, in breve, diventa gradimento anche di quegli stessi medici dapprima dubbiosi. Oggi le cose complesse si gestiscono bene solo in rete e in gruppo. Non esistono strade diverse.

RIABILITAZIONE

Il miglioramento della medicina degli ultimi decenni ha portato a due effetti: 1) il sensibile invecchiamento della popolazione 2) una più lunga sopravvivenza di pazienti con malattie che un tempo portavano al decesso in tempi brevi ed, ancora, alla sopravvivenza in incidenti o eventi traumatici che una volta avrebbero portato alla morte. Questi effetti ci dicono, senza ombra di dubbio, che la riabilitazione in tutte le sue forme: non solo ortopedica ma anche neurologica, cardiologica, polmonare è uno dei principali investimenti in salute che può fare una comunità. Abbiamo bisogno di crescere. Ci vogliono più investimenti in persone e in strutture.

Ed è in questo contesto che possiamo, alla luce di tutto quello che abbiamo detto, ridare un significato al grande investimento che si deve fare a Fiorenzuola. Il nuovo ospedale, oltre ad essere presidio ospedaliero di alcune specialità a maggiore accesso di utenza, potrebbe diventare – noi crediamo – un grande polo riabilitativo che sia di riferimento per tutta l’area dell’ Emilia ovest e anzi sia attrattiva anche per il lodigiano.

Non è un’illusione se una comunità ci crede e se si unisce. Correggio in provincia di Reggio Emilia era un ospedale che andava riconvertito alla fine degli anni 90. Tutta la politica ci credette e Correggio divenne un grande ospedale riabilitativo ad elevata competenza. Dobbiamo crederci e dobbiamo lavorare fin d’ora sulle potenzialità della riabilitazione già esistente (Castel San Giovanni, Piacenza e Villanova) che, non solo va mantenuta, ma che va potenziata, non dimenticandosi che ci vuole un contenitore ma specialmente ci vogliono i contenuti, che in sanità sono i professionisti. E che i professionisti della sanità e la loro rete di collaborazione si costruisce con risorse e consuetudine di lavoro collegiale, non da un giorno all’altro.

Il NUOVO OSPEDALE DI PIACENZA

Per Cgil Cisl Uil l’ospedale nuovo per Piacenza è un’opportunità che dobbiamo cogliere. L’attuale ospedale sconta una frammentazione in tanti padiglioni e un’inadeguatezza di spazi che rendono l’organizzazione delle attività e del personale difficile e costosa e che limita la realizzazione di nuovi modelli di organizzazione integrata che caratterizzano gli ospedali più moderni.

Esprimiamo però qualche preoccupazione sulla sede che finora è stata indicata: perché, se è vero che dobbiamo assolutamente pensare alle aree militari della città come luogo ideale per il nuovo ospedale (affinchè non avvenga nuovo consumo di suolo), ci sembra che la caserma Lusignani finora indicata non abbia gli spazi sufficienti e che si rischi, come è avvenuto con l’ospedale attuale, di costringere l’ospedale e, tutti i servizi ad esso correlati, in spazi inadeguati già in partenza.

L’OSPEDALE DI COMUNITA’

Bobbio è destinato a diventare ospedale di comunità. Questo argomento messo per ultimo non è certo ultimo per importanza. Anzi. La salvaguardia delle nostre montagne e la possibilità di dare una svolta al lento ma continuo spopolamento, passa attraverso i servizi più cari al cittadino: istruzione e sanità.

Anche qui servono scelte coraggiose  e partecipazione della comunità locale. Nell’incontro che faremo più avanti sull’ospedale di comunità insieme al sindaco di Bobbio e ai sindaci della zona e con le persone che hanno a cuore la montagna dovremo capire a quali bisogni dovrà rispondere la struttura di Bobbio.

La sanità pubblica è un bene collettivo, prezioso e da tutelare, ma non essendo inesauribile, necessita di un impegno diffuso e partecipato da parte di tutti per essere noi i primi responsabili della nostra salute e la politica deve riappropriarsi delle decisioni con una elaborazione alta che mostri ai cittadini la cultura che sottende le scelte, e le ragioni di tali scelte.

Questo ruolo deve essere esercitato in primis dalla Conferenza Socio Sanitaria, cui competono le decisioni strategiche e ringraziamo in questo senso l’impegno di Patrizia Calza che ha trovato la convergenza unanime dei sindaci e che siamo certi saprà trovare la sintesi nel rispetto delle differenti posizioni.

Solo con un approccio innovativo, sistemico e partecipato, si potranno sostenere problematiche nuove e complesse quali, ad esempio, il tema del progressivo invecchiamento della popolazione, della sedentarietà dei bambini, dei fenomeni migratori in drammatico aumento e dei sempre più ricorrenti problemi climatici e ambientali. Temi fondamentali che impongono sfide enormi ad un sistema sanitario che è chiamato a rispondere coniugando sostenibilità e solidarietà.

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