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LUCA BENCI AD UN ANNO DALLA SUA ASSENZA RACCONTATO DA DRAOLI NICOLA, GROSSETO; FIAMMINGHI MERIS, BOLOGNA; FALLI FRANCESCO, LA SPEZIA; ADAMO BONAZZI, ROMA; ANGELA BASILE, ROMA; LUCIANO CLARIZIA, PORDENONE; CESARE FASSARI, ROMA; CHIAPPUSSO BARBARA, TORINO; LUIGI PAIS DEI MORI, BELLUNO; LATTARULO PIO, TARANTO; CONTI GIUSEPPINO, ANCONA; CAPELLI ROSSELLA, BOLOGNA; SASSO LOREDANA, GENOVA; FRISONE ENRICO, PAVIA; RODRIGUEZ DANIELE, PADOVA; LEBIU GRAZIANO, CARBONIA

 

DRAOLI NICOLA, GROSSETO

Come tutti nella vita ho dei rimpianti. Uno di questi è non aver conosciuto a fondo la persona Luca Benci. Come tutti gli infermieri interessati alla politica professionale e all’esercizio della professione  ho conosciuto bene il professionista. L’ho conosciuto  Attraverso gli scritti, i libri, le interviste, i posizionamenti, le docenze. Entrando in comitato ho avuto l’immenso onore di poterci lavorare e poter intravedere il professionista a porte chiuse che porta con sé la sua storia personale. Avevo in effetti un’idea sulla persona che potevo intravedere dal suo stile schietto, sagace, puntuale. Senza preclusioni o condizionamenti. Ne ho avuto la conferma in quei bellissimi mesi di lavoro sul nuovo codice deontologico. Lì ho trovato non solo conferma della sua libertà intellettuale ma ho scorto anche una persona estremamente vera e autentica, una persona che mi ha ispirato subito fiducia. C’è una caratteristica che spesso accomuna le grandi menti e le persone  che eccellono in qualche campo. Che dopo pochi minuti in privato esse si rivelano estremamente affabili, ti fanno sentire alla pari, si pongono con incredibile modestia. Sono INCLUSIVE. Luca Benci non faceva eccezione di questa caratteristica, oltre ad essere di una simpatia disarmante che ho subito adorato da corregionale toscano.. condividendo quello stile umoristico dissacrante che ci appartiene e che spesso agli occhi di qualcuno non preparato corre sul filo sottile dell’insulto pur non essendolo. Ho degli aneddoti che serbo con cura privatamente e mi capita spesso, sfogliando i tanti approfondimenti professionali, di pensare che manca ogni giorno di più. Di pensare: qua Luca Benci avrebbe detto cose illuminate e importanti.

 

FIAMMINGHI MERIS, BOLOGNA

Potrei dire di conoscerlo da tempo immemore … tra il 1987 ed il 1990 in occasione di un incontro, organizzato dal Ospedale Pediatrico Meyer, sul Modello per Piccole Equipes che avevamo realizzato in Oncoematologia Pediatrica al S.Orsola.  Eravamo giovanissimi e pieni di vigore con lo sguardo ottimisticamente rivolto verso il futuro . Contavamo entrambi sulla certezza che la professione infermieristica avrebbe vissuto una nuova primavera.  Seguirono anni in cui collaborammo insieme sia alla Rivista di Management Infermieristico sia alla Seconda Edizione del suo Manuale Giuridico.  Ciascuno si dedicava ad ambiti differenti ma se vi era, in questo continuum di atteso sviluppo professionale, un punto catenella lo abbiamo trovato occupandoci, io di risk mngt e lui di “responsabilità” : eravamo alle soglie dell’anno 2000.  Da allora il nostro confrontarci su questi tempi era pressochè mensile : lui toscanissimo io della Romagna-Toscana , producevamo ragionamenti e confronto anche accesi e divertenti. Ci saremmo dovuti incontrare a Padova a febbraio 2020 dove, entrambi, eravamo invitati a tenere una discussione a due voci, sugli stessi temi, al Seminario dell’Accademia Medico-Infermieristica di Pediatria.

Non si presentò – stava camminando sulla strada della sua ora incerta- tra buio e luce ; penso che , non potendo Luca fare a meno di leggere abbia portato con sè l’abbonamento digitale ad Internazionale ed una penna, per prendere appunti.

 

FALLI FRANCESCO, LA SPEZIA

Il ricordo di Luca Benci ad un anno dalla scomparsa è forte e intenso, ed è davvero emozionante per me recuperare i ricordi di un tempo purtroppo concluso prematuramente: il tempo della vita, personale e sociale, di Luca; un tempo che resta molto vivo nei ricordi di chi lo ha conosciuto.

Purtroppo non ricordo quando ho conosciuto personalmente Luca, del quale avevo già letto parecchio su riviste del nostro mondo professionale, e sui primi siti Internet dedicati agli infermieri e alle questioni delle coordinate normative e contrattuali: ma di certo quel primo contatto è avvenuto in un convegno, da qualche parte in Italia, entrambi relatori su qualche tema professionale.

Arrivò in quel tempo, con precisione dalla primavera del 2002, la stagione dell’ECM: il programma nazionale di educazione continua in medicina introdotto dalla Legge 229 di tre anni prima chiamava alla formazione accreditata (appunto, nel sistema ECM) i professionisti sanitari tutti ma, fra questi, quelli che più di tutti risposero sin dall’inizio furono proprio gli infermieri, peraltro già da anni abituati a fare formazione ‘’post-base’’.

Questo per più motivi: ma in buona parte a proporre molti convegni e corsi accreditati ci fu contemporaneamente in quel tempo sia la nascita di organizzazioni sindacali di categoria (ed anche l’impegno di alcuni Collegi -gli attuali Ordini professionali- che proponevano formazione appunto accreditata, cioè il rilascio dei famosi crediti ECM); sia un forte sentimento di novità che derivava dai cambiamenti prodotti dalle nuove leggi che riguardavano – soprattutto- gli infermieri.

Su tutte, la Legge 42/1999 che andava ad abrogare il ‘’mansionario’’ del 1974; l’arrivo dell’oss (Accordo Stato Regioni del 2001) e la Legge sulla dirigenza (251 del 2000). In pochissimi anni si era sviluppato un panorama normativo che cambiava drasticamente lo status quo della figura: serviva una formazione destinata a far capire la portata del cambiamento, peraltro ufficializzato dall’ingresso in Università che era avvenuto pochi anni prima.

Fra i tanti che cercarono di spiegare la nuova realtà normativa emerse in fretta Luca Benci, che riuscì con chiarezza espositiva, sia nei suoi scritti, sia nei convegni ai quali prendeva parte con grande richiesta di organizzatori e di partecipanti, a fare il punto e a farlo bene.

L’ho incontrato in molte parti d’Italia: erano però incontri a volte davvero di sfuggita su un palco; dove i relatori arrivavano un po’ alla spicciolata e si incontravano magari alla pausa caffè, o per pranzo; in qualche raro caso capitava di essere già nella città dell’evento la sera precedente, e allora si scambiava qualche parola in più.

In quel tempo io ero già coinvolto nella rappresentatività professionale, e contattai Luca per qualche evento ‘’in casa’’, con lui naturale e graditissimo mattatore; o per consulenze su questioni disparate, dalla possibilità per un infermiere di applicare le trasfusioni alla esatta questione del rapporto infermieri- oss: qui fu più facile trascorrere insieme qualche mezza giornata, ma sempre in mezzo alle folle di ammirati colleghi e nei numerosi quesiti rivolti: inclusi quelli curiosi e bizzarri ai quali rispondeva sempre con simpatia, mai mettendo in difficoltà l’interlocutore.

In fretta superammo le barriere della formalità, perché ci scoprimmo entrambi appassionati, come peraltro tanti altri italiani, di calcio e cominciammo subito a prenderci in giro simpaticamente, per le rispettive appartenenze del tifo. Lui della Fiorentina, io della Juventus: due società con una lunga storia di attriti e scarse simpatie reciproche.

Di questa nostra passione si parlava nelle telefonate che ci scambiavamo, a sorpresa: si stava qualche mese senza sentirci, poi si riprendeva il filo del discorso interrotto sempre partendo dal calcio, toccando la politica generale, e quella professionale: entrambe viste sempre con grande attenzione e lucidità da Luca.

Sono due i ricordi per me più preziosi: il primo, riguarda una sera nella quale ci trovammo a Pordenone a cena insieme, con i colleghi organizzatori, perché impegnati il giorno seguente in un evento dedicato ai temi del fine vita, e delle volontà anticipate di trattamento.

Tornati in albergo, poco dopo le 23, Luca mi propose di fare una passeggiata per Pordenone perché non aveva sonno ‘’…e la città merita, facciamo quattro passi, dai!’’…io ero sinceramente un po’ stanco, ma Luca era sempre uno stimolo, una intelligenza accesa e scattante che rendeva attraente la prospettiva di fare una passeggiata fuori programma con lui.

E fu una scelta benedetta, perché Luca mi raccontò di sé, della sua esistenza, della sua giovinezza, mescolando ricordi privati a continui richiami al tempo che stavamo vivendo, rimarcando le differenze fra le epoche che avevamo vissute, noi praticamente coetanei (ero nato un anno prima di Luca); quella sera scoprii di Luca la intensità delle sue emozioni, nel ricordo del suo articolato percorso di vita.

Il secondo ricordo, molto prezioso, è quello del 27 settembre 2019, quando la malattia di Luca era evidentemente già presente, ma nessuno – e neppure Luca- ne era a conoscenza. Gli Ordini professionali di La Spezia e di Massa avevano organizzato insieme, nella città toscana, un evento sul tema della contenzione, ricco di contenuti complessi.

Io avevo il ruolo di apertura del pomeriggio di lavoro, e nelle poche slides dedicate alla presentazione dell’evento, e alle vicende del nuovo Codice Deontologico degli infermieri che nell’Aprile dello stesso anno era stato approvato, proprio con il prezioso contributo ‘’del Benci’’ sul tema della contenzione, mi ero divertito a chiudere con una ultima slide scherzosa sul nostro ‘’conflitto’’ di tifosi della Juve e della Viola, presentando il relatore: Luca sottovoce, lontano dal microfono, disse fra i denti ‘’ …lo vedi che sei una carogna…’’

Luca era ‘’the one man show’’, e come sempre aveva fatto bene, e fatto contenti i partecipanti.

Prendemmo un caffè insieme in Piazza degli Aranci, con i colleghi organizzatori: lo accompagnai alla macchina, e ci salutammo come tante altre volte, così, nella luce ambrata delle sere di fine settembre,  senza sapere che non ci saremmo mai più visti.

Ci sentimmo ancora dopo il suo intervento chirurgico e la notizia della sua malattia, arrivata come un fulmine a ciel sereno. La voce era provata; ci furono ancora fra noi gli auguri di Natale 2019. Restava la speranza, ma presto giunsero brutte notizie.

Infine, mi arrivò un ultimo whatsapp. Era il 15 febbraio 2020: alle 9,24 sullo schermo vidi queste parole, che lessi con una emozione intensa: ‘’Hospice lunedì mattina’’.

Caro Luca, avrei voluto e dovuto dirti solo una cosa, in risposta a quel messaggio conclusivo:  che per me, conoscerti è stato un privilegio. Un grande privilegio. Come lo è, naturalmente, ogni amicizia. Arrivederci.

 

ANGELA BASILE, ROMA

Nonostante abbia avuto pochi contatti con lui provenendo da formazioni culturali distinte, tuttavia ricordo che la sua era un intelligenza si razionale ma nello stesso tempo creativa, ironica, di quell’ironia sottile fiorentina che sapeva ben spendere.

 

LUCIANO CLARIZIA, PORDENONE

Con l’amico Luca ho passato tanti bei momenti sia professionali che conviviali. Di lui mi mancano tante cose , tra cui la perdita professionale, culturale e di supporto alla tante questioni giuridiche di nostro interesse. Però quello che più manca a tutti noi e non solo a me è il gran sorriso e quella sua capacita di trasmettere serenità, gioia e semplicità anche per le cose più ardue da affrontare. Ricorso le sue battute pepate ma sempre educate e sincere. Abbiamo fatto tante belle cose assieme sia con AISACE che con l’allora collegio Ipasvi oggi anche grazie a lui Ordine. Bastava scrivere su una locandina che quel tal giorno sarebbe stato presente in quella data sede il dott. Luca Benci e in poche ore avevi completato le prenotazioni per il corso. Un grande compagno di voglio nella professione infermieristica, un professionista più unico che raro, un docente come pochi e sopratutto il grande amico che ogni tanto quando non ci si vedeva chiamava per chiedere se tutto andava bene e se avessi avuto bisogno di qualcosa. Sei nel mio cuore amico mio.

 

CESARE FASSARI, ROMA

La sua caratteristica professionale forse più importante era la capacità di rendere semplici e chiare, anche per un pubblico non specializzato, le cose più complesse, riuscendo sempre a trasformare in percorsi e ragionamenti lineari ed evidenti anche i passaggi più labirintici delle nostre leggi e della nostra giurisprudenza.

 

CHIAPPUSSO BARBARA, TORINO

Convegno al CTO di Torino, in cui lui era relatore. Io, in veste di organizzatrice, gli vado incontro e abbozzando un sorriso gli stringo la mano, certa che mi avrebbe riconosciuta. Io indossavo un paio di pantaloni bianchi e un maglioncino blu. Mi guarda e mi dice: “mi scusi, lei che lavora qui, mi saprebbe indicare qualcuno dell’organizzazione?” Sconcertata lo guardo e gli dico: non mi riconosci? Lui, imbarazzato mi risponde: “perdonamiiii. Certo che sì! Solo che non mi aspettavo di vederti in divisa”…. Solo alla fine della giornata gli ho detto che ero in borghese e a quel punto ci siamo fatti una bella risata.. Ancora oggi, dopo anni, quando indosso il bianco e il blu penso a lui.

 

LUIGI PAIS DEI MORI, BELLUNO

Era il 2011 ed ero appena stato eletto Presidente dell’allora Collegio IPASVI di Belluno. Luca Benci era un nome già noto e ricordo bene il suo primo testo sulla responsabilità professionale dell’Infermiere, in bella vista sulla biblioteca della sede istituzionale.

Volevo conoscerlo, sentirlo dal vivo e così lo chiamai per organizzare il primo convengno del mio mandato istituzionale.

Nonostante la chiara fama mi colpì l’uomo: l’affabilità, la semplicità.

Andammo a cena e parlammo di calcio, professione, responsabilità, con la stessa consuetudine che hanno gli amici.

Il convegno andó benissimo, grazie principalmente all’alchimia di scienza, autorevolezza e semplicità che Luca sapeva creare, catturando attenzione su tematiche tanto ostiche.

Quel giorno la sua docenza mi fulminó e pensai chiaramente che dovevo occuparmi di responsabilità professionale in modo ancora più intenso, rispetto a quello che avevo fatto fino ad allora.

Decisi di farne una declinazione professionale e lo decisi quel giorno, ammirato da quel Luca Benci, raffinato giurista, che condivideva la nostra radice professionale e che rimase sempre vicino agli Infermieri in modo onesto, anche critico, sempre costruttivo.

 

ADAMO BONAZZI, ROMA

La mia conoscenza  di Luca era più formale e di riflesso che diretta e sostanziale. Posso però affermare che era persona preparata e che aveva una visione della professione molto diversa da quella comune. Una visione che ha aperto una strada ancora oggi non del tutto esplorata.

 

CONTI GIUSEPPINO, ANCONA

“ Non ricordo Luca Benci per un episodio particolare; al contrario lo ricordo per tutto ciò che ha fatto per noi infermieri di Ancona e delle Marche, perché è stato sorprendente in ogni singola occasione, insegnando con chiarezza e puntualità facendosi intendere da tutti; interloquendo con gli infermieri con umanità e simpatia. Era un’eccellenza del sapere e con lui se ne è andato un punto di riferimento, una fonte inesauribile di conoscenza e accrescimento professionale. In questo anno trascorso è stata forte la sua mancanza. Noi, qui,non lo dimenticheremo mai.

CAPELLI ROSSELLA, BOLOGNA

Anche io conservo ricordi su Luca… dalla fine degli anni ‘80 … faceva consulenza per il Gruppo GFT, un gruppo di formazione aggiornamento creato in quegli anni per lanciare il Triage infermieristico in tutti i Pronto Soccorso d’Italia. Era formato da bravissimi e competenti infermieri e medici dell’urgenza tra i quali mio marito, medico dell’urgenza, che conobbe Luca prima di me. Mio marito mancò per la stessa malattia di Luca 15 anni fa… nel maggio 2018 organizzai un corso di formazione in Salute Mentale a Bologna dove lui era il docente principale. Fu anche in occasione per parlare della lungimiranza di mio marito e mi sono “sentita” molto in sintonia con Luca parlando di quel fatto privato… quando ho saputo della sua malattia sono rimasta sconvolta… perché coinvolta oltremodo da un mio fatto personale… la sua morte un anno fa mi ha tanto colpito… avrei voluto scrivere qualcosa alla famiglia ma non l’ho fatto. Ricordiamo la sua opera instancabile noi infermieri, impegnati, come lui, nella valorizzazione della categoria e nella umanizzazione delle cure, quelle cure che purtroppo ha sperimentato sulla sua pelle…❤️

LATTARULO PIO, TARANTO

Carissimo Luca, ti voglio raccontare una storia di campane… è un pomeriggio di ottobre romano sai, quando il sole ancora riscalda e cadono un sacco di foglie bianche dagli alberi. Roma è sempre una stupenda signora, invasa dai pellegrini per il Giubileo, mi aggiro come un gatto sornione tra i Fori Imperiali, tra qualche ora c’è lezione con te. Ho letto quasi tutto quello che hai scritto e tra poco, nella splendida struttura delle Suore di San Giuseppe potrò ascoltarti e dire la mia. Grazie per il tassello che hai messo nella mia formazione qui alla Scuola del Giano. Iniziare a sentir parlare di consensi, di responsabilità, di contenzione, mentre il Campanile di Santa Maria Maggiore esplode in giubilo è davvero singolare. Sono passati tanti anni, e sono ancora le Campane di Santa Maria a scandire il nostro lavoro al Codice Deontologico. Quante discussioni, amico! Abbiamo battibeccato un po’, sorridendo su quel tuo modo lieve di ironizzare per reggere anche il peso delle questioni più complicate. Ora, è Dicembre 2019 e sono ancora le campane del Duomo a rendermi felice ed inquieto. Questa volta sono a Venezia, e fra qualche ora io, te ed il mio Prof Spinsanti saremo impegnati nella splendida cornice dell’Ospedale dell’Angelo, nel grande Convegno che Marina e gli amici di Venezia hanno voluto. Hai tenuto la tua applauditissima relazione con la fatica di Sisifo, e mi chiedi se si è ben compreso. Certo…sì…

Riguardo spesso la nostra foto e penso a quello che mi hai insegnato, alle splendide e vivaci telefonate per preparare gli eventi di Vibo Valentia e di Venezia, quando mi chiedevo come potesse mai toccare proprio a me. Ti vedo lì dove sei…indaffarato a cercare nella tua borsa di pelle qualche riferimento sparpagliato, proprio quelli con i quali hai aiutato a costruire gli edifici di tanti di noi. Manca il tuo acume, manca il tuo sarcasmo.

 

SASSO LOREDANA, GENOVA

Ricordo Luca agli inizi della sua scelta specialista e specifica che all’epoca rappresentava una novità dirompente nel mondo dell’ infermieristica. Ricordo la sua crescita professionale rapida costante tanto da divenire in pochi anni il punto di riferimento autorevole per tutti gli aspetti giuridici della professione . Ricordo le collaborazioni nei libri di testo, il suo garbo la sua gentilezza ma anche la precisione rigorosa! Lo ricordo nei numerosi incontri di approfondimento presso il corso di laurea di infermieristica all’università di Genova dove riusciva a trasportare gli studenti dentro casi complessi facendo vivere e “vedere” le conseguenze delle scelte e delle responsabilità della nostra professione. E lo ricordo nell’ultimo scambio telefonico … sembra ieri . Un grande vuoto per una bella persona e un grande professionista .

 

ENRICO FRISONE, PAVIA

Solo adesso riesco a mettere testa e memoria in quello che ho vissuto negli episodi professionali nei miei 15 anni alla guida di Ipasvi Pavia

Un aggettivo solo non basta, era un grande esperto di diritto e aveva approfondito tematicamente con argomenti che sentiva perche’ si sentiva infermiere. metteva tutto in discussione non per smontare ma per confutare, in anni in cui gli infermieri erano incatenati al mansionario e ad un modello di cura obsoleto e desueto e dove non ci si poteva stare piu’ dentro,

Ricordo le sue critiche al sistema politico ai vari livelli, al limite della linea di demarcazione tra il minimo e il massimo di ciò che si potesse dire e scrivere, ma sempre con stile e garbo. Credeva e faceva credere in qualcosa di possibile e di cui aveva la consapevolezza di doverla raggiungere, e con essa autonomia e indipendenza anche intellettuale.

Era un interlocutore pronto anche all’ascolto, uscivi dalle chiaccherate con lui motivato e rafforzato.

Aveva una capacita’ selettiva nell’affrontare ragionamenti giuridici innata, era sempre oltre, un visIonario tra visionari con stile coinvolgente, rendeva facile argomenti difficili a tutta la comunita’ professionale. Accento toscano un po’ marcato, sempre attento e pronto alla risata, ci prendeva e si prendeva in giro come solo i grandi sannO essere e fare

Il suo ricordo mi commuove ancora adesso, un anno dopo.

 

DANIELE RODRIGUEZ, PADOVA

 

Dò testimonianza di alcuni episodi della vita di Luca al di fuori della sua straordinaria competenza tecnico-scientifica, quale formatore ed autore di testi.

Luca è stato “persona di cultura”, attento osservatore e conoscitore della realtà e, soprattutto, delle innovazioni che la modificano: innovazioni talora poco percepibili nell’attualità del loro manifestarsi, ma che Luca sapeva cogliere precocemente.

In questo contesto va considerata la sua passione per il cinema e per la lettura. Era tra i primi spettatori dei nuovi film significativi dal punto di vista politico e sociale e, quando ci incontravamo o ci telefonavamo, amava sollecitare riflessioni di approfondimento sui temi trattati da questi film.

Ricordo in particolare due sue acute analisi: quella del Segreto di Vera Drake, il film di Mike Leigh, sulla casalinga che pratica aborti clandestini e quella del Verdetto, il film di Richard Eyre, sulla giudicessa chiamata a pronunciarsi sul diciassettenne testimone di Geova che rifiuta la trasfusione. Purtroppo i particolari del suo pensiero sono ormai sfumati nel mio ricordo ma ho ben presente la puntualità delle osservazioni e la vivacità del suo sguardo mentre sviluppava le sue tesi.

Un giorno ho dovuto confessargli di non aver mai visto Il leone del deserto (in arabo: Asad al-ṣaḥrāʾ) film del 1981 per la regia di Mustafa Akkad. A mia discolpa c’è da dire che il film, come scritto in Wikipedia, “è stato censurato impedendone la distribuzione in Italia, in quanto ritenuto “lesivo all’onore dell’esercito italiano”, dove è stato trasmesso in televisione solo una volta, su Sky nel 2009 a distanza di quasi trent’anni e mai trasmesso dalla televisione pubblica italiana.” Luca me ne procurò una copia, che conservo ancora nel mio computer. È un film che evidenzia e comunica il significato della libertà. Luca condivideva ampiamente il valore della libertà e di sicuro voleva rendermi partecipe della forza con cui il film la esprime. A mia volta, rivolgo a coloro che leggono queste mie note l’invito a scaricare il film da Youtube e a vederselo, immaginando di scambiare qualche commento con Luca, ben sapendo quello che potrebbe dire, visto che il suo impegno è sempre stato quello di salvaguardare libertà e dignità della persona, sia come professionista sanitario sia come cittadino fruitore delle prestazioni sanitarie.

Luca riteneva che il cinema fosse diventata la più alta espressione artistica dei nostri tempi.

Sicuramente non perdeva occasione di avvalersi di questa forma d’arte. Infatti, viaggiando molto in auto per i suoi vari incontri di formazione, gli capitava di incappare in ingorghi autostradali. Mi raccontava che, in questi casi, usciva dal primo casello utile e si fiondava nella più vicina multisala cinematografica. È un racconto che ha delle falle; gli sarà capitato una o due volte, perché è difficile che riuscisse facilmente a trovare multisale disponibili ed orari degli spettacoli confacenti; ma è un racconto che testimonia questa sua passione, che comunque soddisfaceva abitualmente nella sua città di residenza.

Credo leggesse di tutto: ma è in particolare delle sue letture in materia di architettura che mi aggiornava, aggiungendo l’omaggio di qualche testo a riprova delle sue considerazioni. Così mi ha introdotto al pensiero di Tomaso Montanari di cui era grande estimatore. Non posso però non citare Tiziano Terzani, altro scrittore della cui copiosa produzione credo avesse letto la maggior parte e che menzionava spesso (non ricordo se Luca avesse con lui una conoscenza personale).
Luca era ferrato anche in fatto di cultura enologica: aveva scoperto una azienda nel Feltrino che produceva ottime qualità di Prosecco. Lì abbiamo fatto, nel tempo, un paio di viaggi per rifornirci. Assaggiavo (e bevevo) io, dato che lui guidava e non si sarebbe mai azzardato a mettersi al volante con una alcolemia diversa da zero.

Scorte di vino a parte, quando ci muovevamo insieme, usavamo la mia auto. Non era un appassionato di motori. Ma quella volta che il crollo di un albero nella pubblica via andò a distruggergli l’automobile, naturalmente si dispiacque. La iniziale soddisfazione di non essere seduto dentro al momento del crollo dell’albero fu attenuata dagli eventi successivi, visto che dovette sopportare un lungo contenzioso per ottenere il risarcimento dei danni al veicolo. Oltretutto non so bene se la conclusione sia stata soddisfacente.
Luca ed io non abbiamo mai parlato di calcio. Credo non fosse un appassionato, ma non lo posso dire con certezza. Ricordo solo che una volta, tanto tempo fa, Luca mi disse che un lunedì mattina, mentre faceva colazione al bar, una ragazza, parlando della partita vinta il giorno prima dalla Fiorentina sulla Juventus, esclamò radiosa: “Ho goduto”. Non so se per via del successo della Fiorentina o per il lessico usato dalla ragazza, questo episodio dovette piacergli molto perché me lo ripetè divertito una paio di volte.

Comunque, assieme abbiamo anche giocato, ma non a calcio. Accadde in quel di Porto Recanati in occasione di un corso di formazione, in cui eravamo entrambi relatori. Durante l’intervallo di pranzo decidemmo (l’episodio è lontano nel tempo: non c’erano ancora gli ECM che sarebbero stati ostacolo insormontabile per fare quello che abbiamo fatto) di scambiarci le relazioni, con il mandato di commentare, ciascuno, le diapositive dell’altro. Il pubblico fu d’accordo su questo scambio di ruoli. Devo dire che il risultato fu interessante perché ciascun relatore si trovò – per gli argomenti in cui poteva esservi una qualche diversità di valutazione – ad esprimere le idee dell’altro (che risultavano dalle diapositive) rispetto alle proprie sul medesimo argomento. Si creò una sorta di dialogo immaginato fra noi due relatori e ciò consentì di approfondire le questioni citate, sulle quali vi era una qualche diversità di opinione. Luca fu grande nell’illustrare il mio pensiero, ma altrettanto grande nel confutare le mie diapositive in cui figuravano idee su cui non concordava.

È fondamentale ricordare anche il suo impegno civico, concretizzatosi in attività politiche che meritano una ricostruzione più attenta rispetto a quella che può derivare dal mio vago ricordo. Rimando pertanto ad alcuni suoi articoli che è ancora possibile leggere in https://www.perunaltracitta.org/2017/09/15/sanita-toscana-conveniente-privati-corte-dei-conti-docet/

Questi articoli evidenziano che Luca sapeva affrontare ogni tema politico con un ragionamento organico basato sull’analisi dei fatti, e che, in quanto tale, non può non essere apprezzato anche da quanti siano in disaccordo con le sue valutazioni conclusive.

Infine, espressione della sua personalità, fra impegno politico e professionale ed eventi della vita privata, vi fu la lettera pubblica al quotidiano di Firenze La Nazione dell’ottobre 2019, scritta quando fu dimesso dopo l’intervento chirurgico relativo alla malattia che lo avrebbe tormentato negli ultimi mesi.

Prima di mandarla al quotidiano, Luca mi inviò la lettera per un parere preliminare.

Gliela stroncai perché ritenevo che potesse sembrare commissionata dai curanti. In realtà era dettata dal cuore, da un sentimento autentico di stima e rispetto del lavoro in cui i professionisti sanitari si erano prodigati nei suoi confronti, per cui Luca si limitò ad accettare alcuni piccoli ritocchi e rese pubblica la lettera.

Questa lettera ha un titolo: “Ode alla sanità pubblica”. È un piccolo trattato sull’esercizio pratico delle virtù del bravo professionista, dei bravi professionisti che hanno accompagnato Luca nel percorso ospedaliero fino a quella dimissione.

Ho voluto citare questa lettera di Luca perché dà l’idea della testimonianza di un risultato raggiunto: dopo una vita trascorsa a contribuire, con pubblicazioni ed attività di formazione, al miglioramento dell’assistenza sanitaria in Italia focalizzandone anche le anomalie, Luca si è trovato a vivere un’esperienza di presa in carico, coerente con quanto aveva sempre sostenuto e raccomandato.

 

LEBIU GRAZIANO, CARBONIA

Luca Benci è il diritto sanitario e la responsabilità professionale fatta a persona.

Il giurista si confondeva con il compagno di avventure, il compagno di avventure sconfinava nell’amico di famiglia. Un convegno diventava un momento poliedrico, tanto centrale era la formazione quanto la pausa caffè o il tragitto in autostrada da Firenze ad Udine in Citroen C5 station wagon targata Fi che neanche gli zingari…

Ha sentito dire da tanti di noi errori concettuali marchiani e da matita rossa, e ai tanti di noi non lo ha mai fatto pesare, riuscendo a farci comprendere  a modo suo che “n o n    è    p r o p r i o   c o s ì ”

Con un viaggio appositamente A lui dedicato e per vedere se esisteva davvero o se era leggenda, lo conobbi nel 1999 a Rovigo durante un evento formativo organizzato dal Collegio IPASVI locale. Mi presentai e lui,” Piacere Benci, Luca Benci”. Ci scambiammo il numero di telefono senza tanti panegirici e formalità, e mi sembrava già da allora che questo gesto di fiducia reciproca potesse esitare in step positivi per i rispettivi progetti, lui di studio ed io sindacali. Ed infatti si cementò una collaborazione importante.

Ci siamo visti e rivisti più volte, e sentiti per insultarci quando il Cagliari perdeva con la Fiorentina o viceversa, e per gioire quando la Juventus veniva fatta fuori dalla Champions, e a proposito di calcio mi invitò una volta al Franchi di Firenze per assistere ad un Fiorentina Cagliari 2-1 finale. Fu una giornata bellissima, l’unione dell’utile e del dilettevole.

Mi prendeva in giro, e  scandiva bene le parole, quasi a rimarcarne la gravità del senso. Driinn driinn… “C o m e   v a.. ?” Bene, Luca tu? E lui: “ S o n o   q u a   c o n    i l    t u o    p e g g i o r    n e m i c o”. E mi metteva in difficoltà perché avendone molti prima di azzeccare quello giusto di passava qualche minuto. “…  h a i    c r e a t o     u n    m o s t r o,   è    t u a    l a    c o l p a…”. E giù bestemmie in aramaico.

Ha cercato di darmi più volte una mano personale con la sua vicinanza, e ancora apprezzo molto, in momenti professionali complicati. Una sera mi chiamò perché si trovava a Muravera per un convegno medico, a cena era solo e lo raggiunsi da Carbonia, rientrando a casa all’alba ma rigorosamente con tasso alcoolico zero: mi impedì di affogare i pensieri con il Cannonau. Ma anche lui si astenne dall’esagerare.

Era fondamentalmente sobrio, misurato, curioso e goliardico, dissacrante.

Diceva di essere di sinistra, ma io questa cosa qua mica l’ho mai creduta appieno, anche se lo sollecitavo a candidarsi come Senatore della Repubblica nella tornata elettorale politica del 2018. Ci ha poi pensato, ma senza esito.

Ha indirizzato intere generazioni di infermieri verso la consapevolezza di doversi provare a misurare con la responsabilità sanitaria, e ha consentito a quadri sindacali e professionali di avere più di un punto di riferimento giuridico nei suoi studi, nelle sue teorie, nella sua persona.

Un dare e avere che gli ha consentito di arrivare dove meritava, incalzato proprio da chi lo seguiva e cercava di mettere in pratica le sue determinazioni.

Verso la fine del 2019, esattamente il 30 dicembre, ci siamo sentiti per l’ultima volta perché, testuale, “… è  a r r i v a t o  i l  m o m e n t o …”. Avevamo già impostato di chiosare su un tuttologo a libro paga di una organizzazione di camici bianchi. Ci scambiammo per email le documentazioni che attestavano lo scontrino fiscale tra il tuttologo e l’organizzazione. Poi non ne facemmo niente per scelta: il tuttologo non meritava di essere chiosato, troppa attenzione sarebbe stata immeritata. E benché avesse il fisico per reggere qualsiasi tipo di confronto, non ha mai tracimato, ed è stato il tratto caratterizzante, credo, l’intero arco della sua vita professionale e giuridica.

Non gli sfuggiva quasi niente da un presidente di Collegio ad un sottosegretario, era informatissimo su tutto il panorama. L’onestà intellettuale era un valore per lui irrinunciabile nel doversi e per potersi rapportare con gli altri. Non so se sono stato considerato onesto intellettualmente per meritarmi la sua frequentazione, so certamente che di fronte ad un contesto x non potevano utilizzare una scala di grigi: o le cose erano bianche o le cose erano nere.

Lo immagino in questi giorni incontrando la signorina Cleopatra Ferri scandendo lentamente ogni parola come sempre quanto voleva drammatizzare e sdrammatizzare allo stesso tempo: “… A n c h e  L e i  q u i…”

Grazie Luca, sei davvero un vuoto incolmabile e non è retorica.

FOTO LUCA BENCI, VERSO CAPO MALFATANO (SARDEGNA).

FOTO LUCA BENCI 2015, GENOVA.

FOTO DI COPERTINA LUCA BENCI 2017 SUL MARE DI NEBIDA, SULCIS IGLESIENTE.

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