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SANITA’ E POTERE POLITICO (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 4615/16; depositata il 3 novembre). Illegittimo il commissariamento e il successivo rinnovo del Consiglio di Amministrazione e del Comitato Scientifico dell’Istituto Superiore di Sanità se questo è avvenuto, come parrebbe, in diretta correlazione con il mutamento della compagine governativa e della volontà politica ministeriale. Ciò in quanto la motivazione ufficiale di un necessario ripristino dell’equilibrio finanziario dell’Istituto è stata contraddetta dalla verificazione disposta dal TAR ed eseguita da un ordinario di economia aziendale dell’Università La Sapienza.

La vicenda. Con decreto del Ministro della Salute, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, del luglio 2014 era stata disposta la decadenza degli organi dell’Istituto Superiore di Sanità e nominato un Commissario, ai sensi dell’art. 15, comma 1-bis, d.l. 98/2011, convertito con modificazioni nella l. n. 111/2011, ravvisandosi il presupposto, ivi contemplato, di un ente pubblico che «presenti una situazione di disavanzo di competenza per due esercizi consecutivi». L’incarico commissariale è stato poi prorogato per ulteriori sei mesi con decreto in data 21 gennaio 2015. Ma gli atti sono stati impugnati da due dei componenti del Consiglio di amministrazione (a suo tempo nominati per un quadriennio con decreto in data 28 marzo 2013) e già il Giudice di primo grado, sentito il verificatore, ha dato loro ragione.

Risarcimento del danno. Il Consiglio di Stato, che ha deciso sull’appello presentato dal Ministero della salute e quello dell’economia, ha confermato il diritto al risarcimento del danno, respingendo il motivo sostenuto dagli appellanti per quanto concerne i presupposti del risarcimento. Si è sostenuto, a tale proposito, che la difficoltà interpretativa di una normativa relativamente nuova e di contenuto innegabilmente complesso, in mancanza di ausilio interpretativo da parte della giurisprudenza o della dottrina, ed in presenza delle valutazioni della R.G.S. e della Corte dei Conti nel senso della sussistenza dei presupposti per il commissariamento, avrebbe dovuto riconoscersi l’errore scusabile. Ma da tali considerazioni, infatti, ha osservato la Sezione, non sembra possa ravvisarsi un errore scusabile, in presenza di un’interpretazione del concetto di “disavanzo” che non ha tenuto adeguatamente conto di quella, in qualche misura “autentica” per provenienza e forma dell’atto, contenuta nella circolare n. 33/2011, dalla stessa R.G.S. elaborata 3 anni prima dell’adozione del provvedimento di commissariamento, nonché dell’avvenuta approvazione, senza condizioni, del consuntivo 2011 da parte del Ministero della salute con provvedimento prot. 5307-P del 19 settembre 2012.

Lesione all’immagine. Infine, contrariamente alla decisione del TAR, il Consiglio di Stato ha riconosciuto il danno all’immagine rivendicato da uno dei due ricorrenti in primo grado e riproposto, in via incidentale, nell’appello. La giurisprudenza, ha infatti sollevato il ricorrente, riconosce che, nel caso di lesione del diritto all’immagine è risarcibile oltre all’eventuale danno patrimoniale (se verificatosi e se dimostrato) il danno non patrimoniale costituito dalla diminuzione della considerazione della persona da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali il danneggiato abbia a interagire (cfr., in ultimo, Cass. n. 8397/16).
Precisa anche che il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come nel caso di lesione al diritto alla reputazione, non è in re ipsa, ma costituisce un danno conseguenza, che deve essere allegato e provato da chi ne domandi il risarcimento (cfr., in ultimo, Cass. n. 1225/15; n. 21865/13). Nello stesso senso le pronunce del giudice amministrativo in materia di risarcimento del danno a seguito di illegittima revoca di incarichi istituzionali (cfr. Cons. Stato, VI, n. 8123/2010; TAR Abruzzo, n. 138/2016; TAR Sicilia, Catania, III, n. 385/2015). Ma, a ben vedere, precisa la sentenza, le pronunce invocate dall’appellante incidentale non affermano che si possa prescindere dalla prova del danno subito, ma soltanto, condivisibilmente, che la lesione di diritti della personalità protetti dalla Costituzione comporta un danno di autonoma rilevanza patrimoniale, suscettibile di riparazione per equivalente (Cons. Stato, V, n. 1195/2011) e che la prova del danno (in quel caso, da diffamazione) può essere data con ricorso al notorio e tramite presunzioni (Cass. n. 16543/12).

Anche nel caso in questione, ad avviso del Collegio, la prova del danno si può considerare realizzata nell’ultimo modo predetto (così come ha prospettato, in seconda battuta, l’appellante incidentale), se soltanto si considerano il rilievo dato dai media al commissariamento dell’I.S.S. ed il giudizio di disvalore sull’operato degli amministratori che inevitabilmente ad esso si è associato nell’opinione pubblica, in relazione alla circostanza che l’appellante a suo tempo era stato selezionato quale componente del consiglio di amministrazione, in esito ad una valutazione dei curricula e delle professionalità e competenze, proprio in vista del raggiungimento degli obiettivi di efficienza ed economicità previsti dalla riforma dell’ente di cui al d.lgs. n. 106/2012.

(Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 4615/16; depositata il 3 novembre)

APPROFONDIMENTI SU http://www.dirittoegiustizia.it/news/16/0000081458/Sanita_e_potere_politico.html?cnt=1

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