CAGLIARI. Le delibere sono state sdoganate dalla Giunta con abbondanti 20 giorni di ritardo rispetto alle nomine dei commissari delle otto Asl, più l’Ares e l’Azienda emergenze-urgenze, che risalgono al 30 dicembre.
È anche questo un altro passo avanti, seppure stavolta piccolo, verso il varo ufficiale della rivoluzione voluta, imposta e votata quattro mesi fa dalla giunta Solinas e dal centrodestra in Consiglio regionale. Però, attenzione, ci vorranno altri 344 giorni – è quasi un anno intero – perché il sistema entri a regime nel 2022.
I passaggi da fare sono ancora tanti e neanche uno è semplice. Bisogna liquidare l’Ats, lasciata in eredità dal centrosinistra e che come si sa ha avuto vita breve, poi suddividere il patrimonio, è immenso fra ospedali e ambulatori, e infine spacchettare i finanziamenti e trasferire il personale sanitario, amministrativo e tecnico dal centro alla periferia. Sono tutte fase che il commissario dell’Ats-Ares Massimo Temussi, ha riassunto in un voluminoso dossier, pubblicato sul sito e dal titolo chiaro: «Piano operativo di attivazione delle Aziende socio sanitarie locali». Quando patirà? A marzo. Quando si concluderà? A dicembre.
Le nomine. Ventiquattr’ore fa i commissari hanno fatto il loro esordio in pubblico. Nell’aula della commissione sanità del Consiglio, è mancata solo la foto di gruppo per Bruno Simola, Cagliari, Luigi Ferrai, Lanusei, Francesco Logias, Gallura, Gesuina Cherchi, Nuoro, Flavio Sensi, Sassari, Antonio Cossu, Oristano, Alessandro Baccoli, Medio Campidano, e Gianfranco Casu, Sulcis Iglesiente. C’era – è ovvio – anche Massimo Temussi, confermato un mese fa al vertice dell’Ares-Ats, mentre hanno dichiarato assente giustificata la veneta Cinzia Simonetta Bettelini, che guiderà l’Areus ma ancora non è sbarcata in Sardegna. Con la pubblicazione delle delibere e sottoscritti i contratti d’ingaggio, dureranno sei mesi, in settimana il governatore Christian Solinas dovrebbe firmare i decreti di nomina e subito dopo i commissari potranno prendere possesso dei rispettivi uffici di comando. C’è dell’altro: domani, salvo crisi di Governo, il ministero della sanità dovrebbe riaprire, fino al 6 febbraio, l’iscrizione degli aspiranti manager all’elenco nazionale per la sanità e proprio questa permetterà a molti commissari, Temussi compreso, di mettersi in regola con i criteri pretesi da Palazzo Chigi, per evitare che invece la riforma finisca impugnata davanti alla Corte costituzionale.
Bad company. Il primo passaggio da un sistema all’altro dovrebbe scattare fra marzo e aprile. Entro questi due mesi l’Ares diventerà persona giuridica, mentre l’Ats finirà in liquidazione. Cosa accadrà? La prima prenderà forma e sulla seconda saranno caricati i debiti, un miliardo e 400 milioni, che poi dovranno essere azzerati in poco più di un anno. A occuparsi della nascita del’Ares sarà Massimo Temussi, della bad company (l’Ats) un liquidatore ancora da nominare. Dal punto di vista contabile la fase potrebbe essere riassunta così: l’Ares partirà vergine, senza debiti, mentre l’ex Azienda unica finirà su un binario morto e con ancora molte fatture da pagare.
La spartizione. Chiusa la prima fase, fra maggio e giugno dovrebbe esserci il passaggio delle competenze. Da quel momento in poi l’Ares si occuperà solo di appalti, saranno centralizzati, e del personale, anche questa funzione verrà accentrata. Seduta stante alle Asl sarà girata la gestione esclusiva di ospedali e degli ambulatori. È proprio in questo preciso momento che, stando alla riforma, dovrebbe esserci la separazione netta fra amministrazione e sanità, che poi è il cuore dell’annunciata rivoluzione: «Riportare i cittadini di nuovo al centro del sistema».
Il trasloco. Da luglio in poi gli stessi commissari, o forse i futuri direttori generali, dovranno anche far quadrare l’ultima mappa: dagli immobili alle licenze, dai soldi al personale. Il conto è presto fatto. L’Ats ha un patrimonio stimato di un miliardo e 400 milioni: andrà suddiviso, dagli ospedali fino ai posti letto, oltre 2.500. Poi dovranno essere spalmati i finanziamenti per coprire i costi: all’Asl di Sassari dovrebbero andare 600 milioni, alla Gallura 309, a Nuoro 380, a Cagliari quasi un miliardo, 260 milioni al Sulcis, 390 ad Oristano, 123 all’Ogliastra e infine 181 andranno girati al Medio Campidano. La terza fase, a cavallo fra l’estate e ottobre, riguarderà il personale: sono 16mila le unità in ballo e senza errori andranno riempite tutte le caselle, Asl per Asl. All’inizio della settimana il commissario Temussi ha detto: «Pochi giorni fa noi commissari ci siamo incontrati per un primo scambio d’idee. Siamo pronti, anche se mancano ancora alcuni passaggi tecnico-politici». I tempi saranno rispettati? «Di sicuro entro il 2021 la partita dovrà essere chiusa», o sarà il caos.
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