Un cluster al San Martino di Genova, con un’infermiera – che aveva rifiutato il vaccino anti Covid – positiva, ha fatto riaprire il dibattito sull’obbligatorietà del farmaco che immunizza dal virus. Almeno per alcune categorie come, per l’appunto, i sanitari. Ad oggi nel merito nulla è stato previsto: nessun obbligo impone agli italiani, neanche a coloro che lavorano accanto ai malati, di sottoporsi al vaccino. Ma da più parti si chiede di modificare la norma.
“Un sanitario che non si vaccina, oramai che è provata con ragionevole sicurezza, la capacità dei vaccini di impedire anche la trasmissione, non può continuare a lavorare. Io chiedo che il Presidente Draghi faccia un decreto”, ha detto il virologo Roberto Burioni ieri sera a ‘Che tempo che fa’ su Rai3′. Poco prima, il presidente della Liguria, Giovanni Toti aveva ipotizzato una legge regionale che andasse in tal senso. Ma è una strada praticabile? Costituzione alla mano, sembrerebbe di no. L’articolo 32 garantisce la possibilità di stabilire l’obbligatorietà dei vaccini, come peraltro è stato fatto in passato e come ha ribadito la corte Costituzionale con una sentenza del 2018. Ma deve essere lo Stato deciderlo. “Solo una legge statale può imporre la vaccinazione obbligatoria per l’interesse della collettività e per la tutela del diritto alla salute di tutti”, ha detto ieri all’Ansa Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte costituzionale.
La strada migliore sarebbe una legge, ma la decretazione d’urgenza non è da escludere: “Se il governo ravvisa necessità e urgenza può mettere a punto un decreto legge – spiega ad HuffPost Dario Martire, ricercatore di diritto costituzionale all’Università Sapienza di Roma – le regioni non possono procedere da sole perché è lo Stato che deve stabilire i principi generali della materia”. In attesa di una eventuale normativa statale, le regioni però in qualche modo possono intervenire: “Una sentenza del 2019 della Corte costituzionale – continua Martire – fa salva la normativa pugliese che aveva attribuito alla giunta regionale la facoltà di individuare i reparti in cui consentire l’accesso ai soli operatori sanitari vaccinati. La norma è stata ritenuta costituzionale perché non introduceva obblighi vaccinali”.
Sul tema è intervenuto il deputato dem Michele Bordo, che ha annunciato la presentazione di un emendamento al decreto con le nuove restrizioni anti Covid per rendere obbligatorio il vaccino per i sanitari. “Ritengo che per alcune categorie – dice ad HuffPost – come per l’appunto medici ed infermieri, sia necessario, anche e soprattutto per mettere in sicurezza le persone che questi hanno in cura. Che non devono essere sottoposte al rischio di contrarre il Covid. I sanitari – conclude – dovrebbero essere i primi ad attuare le accortezze utili a preservare il diritto alla salute. E certamente chi tra loro non si vaccina non lancia un messaggio positivo”.
Fino a quando la situazione resterà quella che conosciamo nessuno potrà imporre a un medico di vaccinarsi.
E nessuno, all’interno della struttura in cui opera, potrà neanche chiedergli se è vaccinato. Ma si pone un problema che potrebbe avere conseguenze pesanti: l’idoneità alla funzione svolta. “Credo che un intervento del legislatore in materia sia indispensabile – spiega ad HuffPost Salvatore Di Pardo, avvocato amministrativista – a legislazione invariata, però, il medico del lavoro della struttura può ritenere che un operatore sanitario non vaccinato non sia idoneo a operare a contatto con i malati. E, a mio parere, chi non si immunizza è inidoneo a tale funzione”. Stabilità l’inidoneità, cosa può accadere? “Il sanitario andrebbe spostato ad altre funzioni. Se non è possibile, a mio parere si può arrivare al licenziamento. Ritengo che lasciare che un medico o un infermiere non immunizzati stiano a contatto con i pazienti leda il diritto alla salute di questi ultimi”.
Consentire a un operatore sanitario non vaccinato di svolgere comunque la sua mansione potrebbe porre problemi di responsabilità non trascurabili, laddove venga appurato che abbia contagiato i pazienti: “In questo caso sarebbe responsabile il datore di lavoro, ma ritengo anche il medico stesso”. La soluzione per Di Pardo è una: legiferare per estirpare il problema alla radice. Un problema che, conclude, “adesso riguarda i medici, ma nei prossimi mesi potrebbe riguardare gli insegnanti, gli autisti gli scuolabus e chiunque operi in un settore essenziale”.
Mentre si pone il tema di chi ha rifiutato la dose che gli sarebbe spettata, peraltro in via prioritaria, c’è chi prova a saltare la fila. Ultimo caso in ordine di tempo è stato registrato a Roma, dove alcuni magistrati della Direzione investigativa antimafia si sarebbero vaccinati anzitempo. Il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, ha provveduto a smorzare le polemiche: “In totale solo 4 o 5 magistrati della Direzione hanno proceduto con la vaccinazione a Roma ma perché, probabilmente, erano in condizioni particolari e di necessità. Altri magistrati della Dna, che provengono da regioni dove le vaccinazioni per i magistrati erano già previste, come la Puglia, Sicilia e altre regioni del nord, hanno proceduto con la vaccinazione in accordo con le Aziende sanitarie del loro territorio. Io, che ho quasi 70 anni, ho deciso di attendere assieme a tutti gli altri magistrati”. Lo stop temporaneo alla somministrazione di Astrazeneca anche in Italia, stabilito in via precauzionale, probabilmente allungherà almeno un po’ i tempi di attesa. Dei magistrati come delle altre categorie.