Sanità, riforma lumaca. La Cgil di Mantova: «Troppe carenze»
MANTOVA. Lo studio della Cgil è durato mesi, frutto del lavoro di un gruppo di medici e operatori del settore coordinati dal dottorMassimo Arvati, ex capo dipartimento Medico della ex Asl di Mantova e oggi responsabile tecnico per il sindacato di via Altobelli di Salute, Ambiente e Sicurezza.
Un corposo dossier che racconta a che punto è la riforma regionale della Sanità nel Mantovano a distanza di nove mesi dal suo varo. E se la pagella assegnata non è di quelle più brillanti è anche vero che il segretario generale della Cgil di Mantova, Massimo Marchini, davanti ai due leader della sanità locale, Aldo Bellini (Ats Val Padana) e Luca Stucchi (Asst Carlo Poma), ha apprezzato aperture e volontà al dialogo manifestate dai due direttori generali.
Con una proposta: quella di creare un tavolo tecnico e una cabina di regia, insieme, per seguire passo dopo passo l’evoluzione del nuovo sistema sanitario, con tutte le sue difficoltà che stanno emergendo e che ne stanno rallentando l’applicazione.
Lo studio è stato presentato nella sede della Cgil da Donata Negrini, segretaria della Camera del Lavoro e responsabile politiche Welfare e Sanità. In sala molti addetti ai lavori e «pochi sindaci», come ha sottolineato lo stesso Marchini ponendo l’accento su una «politica mantovana assente su questo argomento, considerato anche che da un anno non viene convocata la Conferenza dei sindaci». Al tavolo dei relatori anche l’assessore comunale al Welfare, Andrea Caprini, al posto del sindaco Palazzi a Roma per impegni istituzionali.
Nella sua analisi la Cgil prende in esame soprattutto l’aspetto della “continuità di cura e la cronicità” uno dei temi rilevanti della riforma voluta da Maroni che ha trasferito gran parte delle competenze in materia socio-sanitaria dalle ex Asl alle nuove Asst.
Primo appunto: «A nove mesi dall’avvio della riorganizzazione – rimarca la Cgil – non sono ancora chiari i ruoli e i compiti delle Ats e delle Asst, in particolare per quanto riguarda i servizi territoriali, i medici di medicina generale e i pediatri di famiglia. Una situazione che ha generato negli operatori uno stato di diffusa incertezza». E uno.
Poi il sindacato passa ad analizzare la situazione della realtà mantovana e le sue potenzialità in rapporto con Cremona dopo l’accorpamento delle due ex Asl (Mantova e Cremona) e il mantenimento delle tre Asst (Mantova, Cremona e Crema). E dal confronto dei numeri Mantova è dietro.
POSTI LETTO
Agli occhi balza subito il dato sui posti letto ospedalieri ogni mille abitanti: Cremona ne ha 5,06, Mantova 3,11 (nel 2009 ne aveva 3,94). Con un ulteriore appunto: Mantova ha un maggior numero di abitanti rispetto a Cremona (413mila contro 361mila), Mantova ha una maggiore presenza di popolazione anziana (95mila contro 84mila), Mantova è la terza provincia lombarda, dopo Milano e Brescia, per densità di presenza di immigrati (circa 15 ogni 100 persone), Mantova è la seconda provincia lombarda con il maggiore invecchiamento della popolazione. E quindi, commentano dal sindacato, un alto livello di cronicità.
CURE INTERMEDIE
Ma non è tutto. Dai dati forniti dalla Cgil è ancora più grave il fatto che le criticità maggiori siano legate alla scarsità di posti letto per le cure intermedie e di continuità assistenziale. Mentre Cremona presenta uno standard di offerta di 5,69 posti letto ogni mille abitanti over 65 anni, Mantova ha il 2,15, ovvero meno della metà.
RSA
Anche la situazione dell’offerta socio sanitaria registra una deficienza nella provincia di Mantova: la distribuzione dei posti letto nelle Rsa offre uno standard di 34,10 ogni mille abitanti over 65 contro i 57,90 di Cremona. Bassa, anzi bassissima l’offerta di posti letto nelle Rsd (residenze per disabili): Mantova 3,77 ogni 10mila abitanti con meno di 65 anni, Cremona 39,66. La considerazione del sindacato è che la scarsa disponibilità di posti letto di riabilitazione e cure intermedie pone le famiglie mantovane in condizioni di difficoltà a trovare una soluzione e a dover spendere maggiori risorse economiche affidandosi al mercato del privato (583 posti letto non accreditati nelle Rsa ampiamente saturati).
«Se quindi – rimarca ancora la Cgil – l’offerta della Ats Val Padana è in perfetto equilibrio secondo gli indicatori regionali, i numeri mettono in evidenza però che quella mantovana è al di sotto di questi standard, con il rischio di una strutturale carenza di posti letto nelle Rsa e negli ospedali, senza possibilità di compensazione dal momento che non sono disponibili nuove risorse».
La Cgil entra poi nel dettaglio della riforma, delineando un quadro sostanzialmente negativo nella nostra provincia: «A tutto questo si aggiunge la mancanza di sperimentazione dei CReG (insieme di attività di gestione clinico organizzative delle patologie croniche); le Aft (aggregazione funzionale territoriale) che aggregano i medici di medicina generale previste dalla legge Balduzzi del 2012 non sono ancora attive; i PreSST (presidio socio sanitario territoriale), luogo nel quale si realizza la presa in carico della persona cronica e delle persona fragile e delle loro famiglie in stretta connessione con le cure primarie non sono ancora stati individuati ed attivati. In provincia di Mantova dovrebbero essere 14, due per ognuno dei cinque ex distretti e quattro per l’ex distretto di Mantova.
LE PROPOSTE
Ecco alcuni suggerimenti e raccomandazioni della Cgil. I PreSST devono essere in capo alla Asst e devono avere gestione e direzione pubblica, pur in collaborazione con gli erogatori privati, ovvero contenendo al loro interno strutture di erogazione di servizi (prestazioni ambulatoriali a bassa e media intensità) di natura privata. Per le cure primarie (medici di medicina generale), seppure in capo alle Ats, si devono prevedere forme di coordinamento, integrazione e dialogo che consentano a questi professionisti in capo alla Ats di lavorare all’interno dei PreSST delle Asst. I Pot (Presidi ospedalieri territoriali), strutture che erogano prestazioni sia in regime di ricovero che in regime ambulatoriale e domiciliare, possono essere ricavati negli ospedali di Asola, Bozzolo e Pieve di Coriano.
CONCLUSIONI
Dopo quattro ore di discussione è il segretario generale Massimo Marchini a tirare le somme: «La vera sfida della riforma è il territorio con i suoi soggetti deboli e fragili – sottolinea – visto che è chiaro a tutti che l’ospedale è quello meno toccato da questa rivoluzione. È vero, abbiamo posto l’accento sul fatto che Mantova ha più abitanti di Cremona e meno offerta sanitaria e socio sanitaria, ma su questo non vogliamo fare una battaglia demagogica. Il vero problema sono le cure intermedie e la presa in carico del paziente che esce dalla fase acuta ospedaliera. Per questi soggetti non c’è posto e quindi sono costretti ad andare nelle Rsa e a pagare. Un esempio? Il Destra Secchia non ha un solo posto letto per le cure intermedie e un indice di invecchiamento molto alto».
Su http://m.gazzettadimantova.gelocal.it/mantova/cronaca/2016/10/05/news/sanita-riforma-lumaca-la-cgil-troppe-carenze-1.14204672