Sanità, il flop del Piemonte: le visite crollano ma liste si allungano
In cinque anni, dal 2010 al 2015, prestazioni diminuite del 22 per cento
Le prestazioni diminuiscono, i tempi d’attesa crescono. In cinque anni di attività, dal 2010 al 2015, gli anni dell’amministrazione di Roberto Cota e il primo anno e mezzo del governo di Sergio Chiamparino, la sanità piemontese eroga il 22,56 per cento in meno di visite di specialità: in numeri assoluti un saldo negativo di oltre 610mila in tutta la regione. In parallelo, però, le code aumentano. Con gli standard ministeriali che per le visite dovrebbero essere inferiori ai 30 giorni, i casi in cui si supera il mese di attesa sono in netta crescita, una media del 6 per cento su diciotto discipline mediche prese in considerazione. Con punte del 10 e anche ben oltre il 20. E naturalmente – anche se i dati riportati non ce lo dicono – chi prenota si vede inserito in una lista di attesa che arriva anche a due, tre, persino sei mesi.
Un quadro da cui partire per analizzare lo stato di salute della nostra sanità. Quanto hanno contato i diktat del piano di rientro dal quale il Piemonte non riesce ancora ad uscire? E quanto si rivelerà efficace la riorganizzazione decisa dall’assessorato alla sanità regionale guidato da Antonio Saitta e dal direttore dimissionario Fulvio Moirano? Ancora, quanto incideranno i criteri affidati ai direttori generali delle singole aziende che si sono visti indicare la priorità dell’abbattimento delle liste d’attesa? Altra questione, il futuro Cup unico regionale, centro di prenotazione che nel 2017 dovrebbe partire contribuendo ad accelerare i tempi di visite ed esami. A breve si dovrebbe conoscere l’azienda che si è aggiudicata il servizio.
Giulio Fornero, nella direzione sanitaria della Città della Salute con competenze sul risk management, ha coordinato il gruppo di lavoro sull’appropriatezza, uno dei punti su cui insiste la programmazione sanitaria nazionale e regionale. «Tutti coloro che hanno partecipato all’analisi della situazione e all’elaborazione delle strategie per raggiungere più appropriatezza dice – concordano nel sostenere che se da un lato gli esami, in particolare alcuni come risonanze magnetiche della colonna e del ginocchio e altri esami di laboratorio, devono drasticamente diminuire, dall’altro è invece opportuno che le visite aumentino».
Ma entriamo nel dettaglio delle singole discipline secondo quanto emerge dai dati del 2010 confrontati con quelli del 2015.
LE PRESTAZIONI PEGGIORI
Le visite per patologie endocrine in cinque anni sono praticamente dimezzate. Un segnale, visto il dato anomalo, che potrebbe indicare anche un calo dell’incidenza delle malattie. Tuttavia i tempi dell’attesa sono cresciuti quasi del 12 per cento, con 25mila pazienti su 58mila complessivi (erano 120mila nel 2010) che hanno dovuto aspettare una visita oltre un mese. Due settori da sempre in crisi per le attese bibliche sono l’allergologia e l’oculistica. Anche in questo caso i dati confermano le difficoltà. Per tutte e due le specialità si aspetta oltre il mese in un caso su due. In parallelo, le visite sono diminuite del 30 per cento. Cifre che possono far ipotizzare uno spostamento nel privato o la rinuncia alle cure. Pneumologia ha un calo di visite del 10 per cento, mentre in cinque anni i pazienti che hanno dovuto aspettare oltre i trenta giorni sono quasi raddoppiati. Erano 11mila nel 2010; sono arrivati a 20mila nel 2015.
IL DATO IN CONTROTENDENZA
L’unica specialità che ha aumentato le visite è la neurochirurgia, seppure di una percentuale inferiore all’1 per cento. Non altrettanto bene per i tempi d’attesa eccessivi, che in cinque anni sono schizzati dal 17 al 45 per cento, la variazione più alta sulle diciotto specialità. Gli odontoiatri invece sono riusciti ad accelerare: dal 2010 al 2015 i pazienti visitati entro i termini del ministero sono cresciuti del 3 per cento. Un dato positivo, controbilanciato però dal calo delle visite: il 20 per cento, in linea con quanto accade altrove. I pazienti più fortunati sono quelli che hanno prenotato una visita di chirurgia generale e di ostetrica e ginecologia: solo il 15 per cento per la prima, e il 16 per cento per la seconda, hanno aspettato più di trenta giorni.
I TEMPI DELLE AZIENDE
Analizzando nel dettaglio i tempi garantiti dalle di- verse aziende si notano differenze rilevanti. Per la cardiologia, un settore particolarmente delicato per i rischi che può correre il paziente, e anche uno di quelli che eroga più prestazioni (200mila nel 2015 con un calo del 25 per cento rispetto al 2010), i tempi migliori li offre l’Asl To4 (Chivasso, Ciriè e Ivrea) che solo nel 14 per cento dei casi fa aspettare oltre il mese. I tempi peggiori, perchè fuori dai parametri, sono dell’Asl To1 e della To3 (attorno al 50 per cento). Fra gli ospedali il San Luigi di Orbassano e il Santa Croce di Cuneo sfiorano addirittura il 60 per cento. Per la gastroenterologia, il Santa Croce risulta ancora fra i peggiori con il 48 per cento di visite oltre i 30 giorni. L’Asl To2 arriva al 50. L’Asl To4 si conferma anche in questo caso la migliore: quasi tutti i pazienti riescono a prenotare entro il mese. Su 2244 pazienti visitati, si contano sulle dite della mano quelli che non sono riusciti a passare entro i termini.
IL SITO DELLA REGIONE
I dati a disposizione sul sito regionale sono ancora carenti. Quelli sui tempi di attesa dei ricoveri si fermano al 2009.
Stessa cosa per le tabelle che fotografano la situazione delle strutture dove i tempi d’attesa sono maggiori. Sono invece aggiornati al 2015 i dati relativi alle visite specialistiche, quelli che abbiamo analizzato. Nella lista non si è potuto inserire l’oncologia e la psichiatria perchè le cifre del 2015 non sono assimilabili con quelle del 2010. Sul sito sono presenti, aggiornati allo scorso anno, anche i dati relativi ai più importanti esami diagnostici.
http://torino.repubblica.it/cronaca/2016/10/23/news/sanita_il_flop_del_piemonte_le_visite_crollano_ma_liste_si_allungano-150416965/