Giovedì 17 Novembre 2016 – 727ª Seduta pubblica. (La seduta ha inizio alle ore 16:00). La seduta è dedicata allo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. Sul primo argomento, ripresa della contrattazione nel pubblico impiego, hanno avanzato domande i sen. Angioni (PD), Paola Pelino (FI-PdL), Endrizzi (M5S), Uras (Misto), Barani (AL-A), Divina (LN) e Perrone (CoR).
Il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione Madia ha ricordato che la crisi economica ha creato un doppio blocco delle dinamiche salariali e delle assunzioni. Il Governo, che con il bonus degli 80 euro ha dato una boccata d’ossigeno al comparto, sta lavorando per riportare la situazione alla normalità. Il Ministro ha precisato che il passaggio dalle piante organiche ai fabbisogni standard presuppone la possibilità di fare concorsi; ha sottolineato che, grazie ad un accordo con i sindacati, i comparti contrattuali sono stati ridotti a quattro, ma ha assicurato che sarà riconosciuta la specificità della ricerca. La legge di bilancio per il 2017 all’esame della Camera, in controtendenza rispetto al passato, prevede un fondo di due miliardi per il comparto sicurezza e per la riapertura della contrattazione; destina inoltre tre miliardi al fondo per gli enti territoriali, incrementa di due miliardi il fondo sanitario per nuove assunzioni e stanzia un miliardo per la scuola. In particolare per le Forze dell’ordine, superato il blocco delle progressioni e degli scatti, la legge di bilancio stabilizza il bonus di 80 euro, riordina le carriere e avvia nuove assunzioni straordinarie. L’interlocuzione con i sindacati è continua e la riapertura contrattuale riguarderà anche il testo unico sul pubblico impiego.
Sul secondo argomento, riforma della disciplina della dirigenza pubblica, hanno formulato quesiti i sen. Divina (LN), Paola Pelino (FI-PdL), Puglia (M5S), Uras (Misto), Barani (AL-A), Doris Lo Moro (PD) e Perrone (CoR).
Il Ministro Madia ha sottolineato che lo schema di decreto legislativo, presentato ad agosto, sulla riorganizzazione della dirigenza pubblica mira a istituire ruoli unici al fine di garantire maggiore mobilità e fungibilità dei dirigenti. Il problema cronico delle pubbliche amministrazioni è la tendenza a lavorare per compartimenti stagni: di qui la necessità di uno scambio di esperienze tra amministrazioni e livelli istituzionali. A giudizio del Ministro, anziché aumentare la discrezionalità nel conferimento degli incarichi, il decreto rafforza la separazione tra politica e amministrazione, prevedendo il reclutamento per concorso pubblico e la possibilità di scegliere i dirigenti apicali in una rosa di cinque, valutati da una commissione di garanzia. Il licenziamento dei dirigenti pubblici, inoltre, non è equiparato a quello dei dirigenti privati; la vera novità è la contendibilità degli incarichi di maggior prestigio e, per questo motivo, è importante che il testo unico sul pubblico impiego includa una normativa sulla valutazione.
In replica la sen. Pelino (FI-PdL) ha espresso il timore che l’istituzione di ruoli unici uniformi verso l’alto le retribuzioni; il sen. Divina (LN) ha ribadito la necessità di introdurre i fabbisogni standard; il sen. Puglia (M5S) ha osservato che la commissione di garanzia è di nomina governativa: il decreto sulla dirigenza è ispirato alla stessa logica autocratica che impronta la riforma costituzionale e lede i principi di imparzialità e indipendenza della pubblica amministrazione. Secondo il sen. Uras (Misto) la riforma andrà monitorata attentamente.
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RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza della vice presidente LANZILLOTTA
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16).
Si dia lettura del processo verbale.
AMATI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del giorno precedente.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L’elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all’Assemblea saranno pubblicati nell’allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell’articolo 151-bis del Regolamento, sulla ripresa della contrattazione nel pubblico impiego e sulla riforma della disciplina della dirigenza pubblica (ore 16,03)
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (cosiddetto question time), ai sensi dell’articolo 151-bis del Regolamento, sulla ripresa della contrattazione nel pubblico impiego e sulla riforma della disciplina della dirigenza pubblica, cui risponderà il ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, onorevole Madia.
Si fa presente che è in corso la diretta televisiva della RAI.
Passiamo dunque alle interrogazioni sulla ripresa della contrattazione nel pubblico impiego.
I senatori hanno facoltà di rivolgere le loro domande al Ministro per due minuti ciascuno.
ANGIONI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANGIONI (PD). Signor Ministro, il quesito che intendo sottoporle verte sulle carriere dei ricercatori italiani, in una fase di riorganizzazione dei contratti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni. Infatti, con la recente riduzione dei comparti di contrattazione pubblica, in applicazione del decreto legislativo n. 150 del 2009, la cosiddetta legge Brunetta, è stato creato un comparto unico, che mette insieme la scuola con l’università e la ricerca. È evidente la sproporzione in termini numerici dei settori accorpati, che rischia di produrre regole contrattuali che non riescono a tenere conto della specificità del settore della ricerca, con riflessi sulle carriere dei ricercatori, che devono sempre di più competere, come sappiamo, in un quadro di scenario europeo e internazionale.
Tra l’altro, le Commissioni parlamentari che recentemente si sono espresse sullo schema di decreto legislativo di semplificazione degli enti pubblici di ricerca, che è uno strumento volto a creare un sistema di regole più consone alle peculiarità degli enti pubblici di ricerca, non hanno mancato di sottolineare, nei pareri, l’esigenza di dare applicazione alla richiesta di valorizzazione del modello contrattuale del sistema degli enti di ricerca, principio contenuto nella delega, che a mio parere non ha trovato, ad ora, un puntuale attuazione nello schema proposto.
Concludendo, per questo, signor Ministro, le chiedo quali strategie intenda porre in essere in vista del rinnovo del contratto degli statali, nel nuovo quadro di riduzione dei comparti, al fine di ottenere i risultati auspicati anche dal Parlamento, assicurando un sistema di regole in grado di valorizzare le caratteristiche professionali dei ricercatori italiani e favorire le condizioni di attrattività del sistema italiano e di mobilità, in entrata e in uscita, nello spazio europeo della ricerca.
PELINO (FI-PdL XVII). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PELINO (FI-PdL XVII). Signor Ministro, i rinnovi contrattuali del pubblico impiego, in realtà, sono fermi soprattutto per la difficoltà di trovare le risorse. Nella legge di bilancio le risorse sembrano essere poche e fanno presupporre aumenti stipendiali non considerevoli per ogni dipendente.
Le chiedo, quindi, per quali ragioni non si provveda a una ridefinizione delle piante organiche sia a livello centrale, che a livello periferico, che dovrebbe accompagnare l’opera di semplificazione, di digitalizzazione della pubblica amministrazione e di riduzione delle incombenze burocratiche per i cittadini e le imprese, e se, quindi, con piante organiche più snelle e più coerenti con i nuovi bisogni del Paese, non si intenda introdurre un serio sistema premiale, basato su benchmark e detassazione della produzione anche nel pubblico impiego.
ENDRIZZI (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ENDRIZZI (M5S). Gentile Ministro, i dati e i fatti ad oggi noti ci consegnano un quadro a tinte fosche per quanto attiene il rinnovo dei contratti degli statali.
La legge di bilancio vede il Fondo per la pubblica amministrazione ammontare complessivamente a 1,92 miliardi di euro, in cui però sono ricompresi anche i 300 milioni dell’ultima legge di stabilità, mai utilizzati perché le trattative per i rinnovi non sono nemmeno partite. Restano 1,62 miliardi di euro, da cui vanno decurtati 140 milioni riservati alle assunzioni nella scuola, per cui la dote prevista dalla legge di bilancio per il cuore degli interventi sul pubblico impiego scende a 1,48 miliardi. Solo il rinnovo del bonus degli 80 euro, però, costa 510 milioni, si arriva così a 970 milioni, che serviranno anche a finanziare nuove assunzioni e a coprire gli oneri riflessi, cioè i costi contributivi prodotti dai ritocchi alle buste paga. La quota scende così a 450 milioni di euro. Anche sommando i 300 milioni dell’anno scorso, al netto degli oneri analoghi anche su questi, si arriva a meno di 700 milioni. Fatti i dovuti calcoli, gli aumenti retributivi degli statali varierebbero così da un minimo di 20 euro mensili lordi ad un massimo di circa 60 euro lordi al mese. Se confermate, queste cifre ripagherebbero meno di un terzo di quanto perduto dagli statali negli ultimi sette anni per effetto del blocco del contratto.
Signor Ministro, è in grado di confermare o smentire tali cifre? Quali concrete iniziative intende mettere in campo il Governo affinché i dipendenti pubblici possano recuperare quanto perso con il blocco dei contratti, sanzionato, come noto, dalla Corte costituzionale, garantendo quindi a tutti i dipendenti della pubblica amministrazione interessati dal blocco procedure per il progressivo riallineamento e adeguamento degli stipendi agli standard costituzionali?
URAS (Misto). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
URAS (Misto). Signor Ministro, è noto che la Corte costituzionale è intervenuta con la sentenza n. 178 del 24 giugno 2015 a dichiarare illegittimo il regime di sospensione della contrattazione collettiva che riguarda il pubblico impiego.
È trascorso ormai un anno e mezzo dal pronunciamento della Corte e non si è provveduto al rinnovo dei contratti. Le dotazioni finanziarie previste nella legge di bilancio, peraltro ancora da approvare, risultano essere oggettivamente inadeguate a rispondere alle esigenze del rinnovo del contratto di tutto il sistema pubblico. Addirittura, ci sono associazioni dei consumatori che stanno promuovendo maxiazioni legali, per riuscire a recuperare una parte del potere di acquisto dei salari della pubblica amministrazione. Abbiamo quindi una situazione complessiva abbastanza preoccupante, anche in ragione del fatto che il dialogo con le organizzazioni sindacali procede abbastanza a rilento.
Ci chiediamo, signor Ministro, quali siano le iniziative che intende adottare, qual è la tempistica per sbloccare le retribuzioni dei pubblici dipendenti e, infine, se vi sia un atteggiamento adeguato alla comprensione dei problemi di alcune categorie del pubblico impiego e, in modo particolare, delle Forze armate e delle forze di sicurezza e di ordine pubblico.
BARANI (AL-A). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BARANI (AL-A). Signor Ministro, anche i colleghi che mi hanno preceduto hanno parlato della sentenza n. 178 della Corte costituzionale. Quindi ormai la Corte costituzionale è l’organismo che veramente fa politica in Italia, perché decide sia sui contenziosi tra Stato e Regioni, sia, anche a maggioranza (otto a sette), sulle leggi del Parlamento italiano. Ora, a parte questa critica da considerarsi virgolettata, le norme impugnate di fatto disponevano il blocco dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego per il triennio 2010-2012, con possibilità di proroga fino al 2014, congelando il trattamento economico percepito da tutti i dipendenti del pubblico impiego. Nelle motivazioni di detta sentenza si dà rilievo alla notevole importanza che per il pubblico impiego riveste il contratto. Esso riguarda sia l’aspetto economico, nelle sue componenti sia fondamentali che accessorie, che i diritti e gli obblighi pertinenti al rapporto di lavoro, nonché materie relative alle relazioni sindacali. Pertanto, oltre che sburocratizzare (il pubblico impiego è anche burocrazia, rispetto alla quale è necessaria una semplificazione: va potata e la sua pletoricità è percepita da tutti cittadini), oltre che guardare alla qualità e non alla quantità, noi riteniamo che i dipendenti pubblici debbano essere adeguatamente retribuiti, perché è necessario avere un pubblico impiego all’altezza dei tempi.
DIVINA (LN-Aut). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DIVINA (LN-Aut). Signora Ministra, indubbiamente, parlando di contrattazione del pubblico impiego, non si può ovviare dal parlare della sentenza n. 178, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime di sospensione della contrattazione». Faccio riferimento ad alcuni principi della sentenza della Corte: «Il contratto nazionale è un elemento centrale di equità sociale redistributiva alla base dell’intero sistema. Ogni lavoratore ha il diritto ad una retribuzione sufficiente, proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto, nonché alla dignità professionale, parametrata sempre al costo della vita e al potere d’acquisto».
Il Governo ha tardato a mettere in moto la macchina per applicare questa sentenza e adesso ci troviamo già a un anno dalla sua pronuncia e non ne vediamo applicazione; anzi, nell’attuale bilancio leggiamo uno stanziamento soltanto di 300 milioni di euro per tutto il pubblico impiego, che, facendo due conti, equivale circa a 16 euro generalizzati e, solo per il comparto difesa e sicurezza, a circa 50-60 euro. Queste risorse a noi sembrano davvero scarse, considerando i tanti uomini e le tante donne che operano nelle forze di polizia e che, dovendoci garantire la sicurezza, oggi sono costretti a lavorare in condizioni di estremo disagio. Vorrei ricordare alcune disfunzioni: per esempio, la vetustà del parco auto di questo comparto o i giubbotti antiproiettile del tutto scaduti, alcuni addirittura non idonei alla protezione da armi, quali i kalashnikov, con le quali giornalmente hanno a che fare, aspetto che li espone indubbiamente a un grave pericolo, anche considerata l’attuale minaccia principale, che è la minaccia terroristica. Pertanto le chiediamo, signora Ministra, se il Governo intenda aprire la contrattazione per i rinnovi contrattuali simultaneamente per tutto il settore pubblico (come noi chiediamo) o se invece intenda procedere per comparti fino alla concorrenza delle risorse stanziate. In quest’ultimo caso, vista la delicatezza e la specificità della funzione che ho appena citato, vorremmo sapere se il Governo non ritenga opportuno avviare fin da subito le trattative del comparto sicurezza e difesa.
PERRONE (CoR). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERRONE (CoR). Signor Ministro, come intende il Governo far fronte alle numerose sentenze di condanna da parte delle corti di merito? Una delle ultime è del tribunale di Gela e condanna il Ministro dell’interno, al quale i lavoratori del comparto pubblico, in forma singola o associata, hanno fatto ricorso contro il blocco del rinnovo dei contratti del pubblico impiego, ottenendo il risarcimento del danno e delle spese legali in favore dei dipendenti pubblici?
Come intende il Governo, a più di un anno di distanza, dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 178 del luglio 2015 con la quale la suprema Corte aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime di blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, risultante da tutta una serie di disposizioni introdotte a partire dal decreto-legge n. 98 del 2011 (la cosiddetta manovra correttiva), specificate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2013 e prorogate dalle leggi di stabilità del 2014 e del 2015?
PRESIDENTE. Ha facoltà di rispondere congiuntamente il ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, onorevole Madia.
MADIA, ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. Signora Presidente, senatrici e senatori, la crisi ha provocato un doppio blocco nel settore del pubblico impiego, il primo è stato quello delle dinamiche salariali, il secondo il blocco delle assunzioni.
Quando si è insediato il Governo Renzi, immediatamente, con la politica degli 80 euro, abbiamo voluto dare una boccata d’ossigeno a chi, anche nel settore pubblico, aveva maggiori difficoltà economiche e di reddito – infatti un lavoratore pubblico su quattro ha avuto gli 80 euro – e io, dall’inizio, ho sempre tenuto su questo tema una linea di assoluta verità, sostenendo che avremmo dovuto il prima possibile tornare ad una condizione di normalità. Normalità significa avere contratti, fare contratti ed anche far sì che nel settore pubblico possano entrare in modo regolare, con concorsi regolari, le professionalità che servono a potenziare i servizi per i cittadini.
In questo senso rispondo alla senatrice Pelino: una innovazione importante sarà quella che introdurremo con il testo unico sul pubblico impiego, che presenteremo a febbraio: il passaggio dalle piante organiche ai fabbisogni. Certamente, questo dovrà essere unito alla possibilità per le amministrazioni di espletare concorsi regolari.
Con questa linea di verità, nella legge di stabilità dell’anno scorso abbiamo stanziato delle risorse che consentivano di riaprire un percorso fermo da molti anni e, successivamente, è stato fatto un ottimo lavoro anche con i sindacati, che ci ha consentito di ridurre i comparti di contrattazione a quattro. Questa era ed è una condizione normativa che ci bloccava nella riapertura dei contratti: per riaprire la stagione contrattuale, infatti, dovevamo ridurre i comparti a quattro e siamo riusciti a farlo. Voglio però rassicurare il senatore Angioni: il comparto conoscenza potrà avere delle sezioni che valorizzino determinate specificità e credo sarà giusto, per esempio, riconoscere, in quel comparto, la specificità della ricerca.
Fatto questo passaggio importante insieme ai sindacati, arriviamo alla legge di bilancio che in questo momento stiamo discutendo in Parlamento. Consentitemi di dire al senatore Endrizzi e al senatore Divina che qui non si tratta di confermare o smentire cifre: si tratta di leggere il testo che, dopo l’approvazione in Consiglio dei Ministri, è arrivato in Parlamento. Infatti, sia il senatore Endrizzi che il senatore Divina hanno citato cifre che non si trovano in quel testo.
Nella legge di bilancio di quest’anno, ripeto, in discussione in Parlamento, credo per la prima volta dopo molti Governi che si sono succeduti e che facevano esattamente l’opposto, abbiamo previsto un investimento importante per valorizzare le persone che lavorano nel pubblico impiego. Prima di tutto, c’è un Fondo di 1,920 miliardi per il 2017, che diventeranno 2,630 miliardi nel 2018. Tale Fondo potrà essere ripartito per valorizzare il settore sicurezza, quindi le forze dell’ordine, ma anche per riaprire la parte economica dei contratti pubblici. Vi sono poi altri investimenti importanti: c’è un Fondo di 3 miliardi per gli enti territoriali; c’è un incremento di 2 miliardi del fondo sanitario e parte di questo incremento servirà ad assunzioni straordinarie di medici ed infermieri; c’è un ulteriore incremento, dopo l’investimento già fatto dal Governo sulla scuola, di un miliardo proprio su di essa. Scusate se insisto su queste cifre, ma sono stata abituata a Ministri che si occupavano del settore pubblico che, ritualmente, prima della discussione della legge di stabilità, in Consiglio dei ministri chiedevano più risorse e, poi, puntualmente, arrivava una legge di stabilità che tagliava in valore assoluto le cifre sulla sanità, sulla scuola, sul pubblico impiego. Noi, con questa legge di bilancio, facciamo esattamente il contrario.
In particolare, siccome è un tema che è stato richiamato, con riguardo alle Forze dell’ordine, dopo anni di incrementi o decrementi decimali, abbiamo le risorse per portare a quel comparto incrementi di punti percentuali. Dopo avere, nella prima legge di bilancio del Governo, superato il blocco delle progressioni e degli scatti, con la legge di bilancio dell’anno scorso introdotto per le Forze dell’ordine gli 80 euro, noi, con questa legge di bilancio, abbiamo le risorse per stabilizzare gli 80 euro, per fare un serio riordino delle carriere ed anche per procedere ad assunzioni straordinarie che servono nel settore.
Tornando alla riapertura della stagione contrattuale, ho incontrato i sindacati a luglio e, successivamente a quell’incontro, ci sono stati diversi incontri tecnici informali con l’ARAN. Non abbiamo mai fatto mancare le interlocuzioni e a questo punto – e concludo – lasciatemi dire che, dati la legge di bilancio, il fondo che ho prima citato e l’interlocuzione che ho con i sindacati, siamo pronti, dopo anni, a riaprire una stagione contrattuale che vede, da una parte, garantito l’inizio di un percorso, con una parte economica che c’è, e, allo stesso tempo, con la possibilità di agire anche sulla parte normativa. Visto, infatti, che l’ultimo decreto legislativo attuativo della riforma della pubblica amministrazione sarà proprio il testo unico sul pubblico impiego, abbiamo la possibilità e, io credo, il dovere di procedere ad una nuova stagione contrattuale innovativa anche sulla parte normativa e spero davvero che tutto questo possa essere fatto insieme ai sindacati.
PRESIDENTE. Hanno adesso facoltà di replicare gli interroganti, per un minuto ciascuno.
ANGIONI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANGIONI (PD). Signora Presidente, dico subito di essere assolutamente soddisfatto della risposta della signora Ministra, che ha riconosciuto la specificità del settore della ricerca, al quale potrà corrispondere una specificità anche contrattuale.
Mi affido a queste dichiarazioni e sono certo che il Governo sarà ad esse conseguente.
PELINO (FI-PdL XVII). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PELINO (FI-PdL XVII). Signor Ministro, le risorse messe in campo dal Governo per i rinnovi contrattuali del 2017, se divise per il vasto numero di dipendenti, valgono una decina di euro netti al mese. Il problema di piante organiche pleonastiche ed obsolete, però, rimane tutto, come rimane il problema della meritocrazia tra chi lavora e chi no (i famosi furbetti del cartellino) nella pubblica amministrazione. Solo se si semplifica, se si riducono oneri e incombenze per cittadini e imprese, solo se al contempo si completa la digitalizzazione della pubblica amministrazione, si può pensare anche ad una riforma meritocratica del pubblico impiego.
ENDRIZZI (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ENDRIZZI (M5S). Signor Ministro, non riconoscere i diritti e non garantire livelli retributivi adeguati ai lavoratori della scuola, della sanità, alle Forze dell’ordine, ai dipendenti del fisco, dei servizi essenziali, dell’università e della ricerca, riduce la qualità della vita dei cittadini più deboli, ma dequalifica anche l’attività della pubblica amministrazione ostacolando la crescita del Paese. Ora, lei stessa conferma che i dati che abbiamo dato sono corretti: nella legge di bilancio si parla di 1,92 miliardi e di tutte le decurtazioni relative. Lei stessa ha parlato degli 80 euro, che sono inclusi. Ne deduco che non ci sono le misure necessarie per arrivare a un contratto dignitoso degli statali: manca la volontà politica di riconoscere ciò che è giusto e utile anche per il Paese.
A Roma, la giunta del sindaco Raggi in quattro mesi ha sbloccato la «quota B» del salario accessorio, sanando una ferita inferta dalle precedenti amministrazioni, che non avevano saputo bloccare i veri sprechi. Su questo duplice fronte, in tre anni, il suo Governo non ha prodotto alcun risultato; anzi, incentiva l’evasione totale con puntuali e ulteriori condoni.
URAS (Misto). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
URAS (Misto). Signora Ministra, prendiamo atto della sua risposta, anche favorevolmente per quanto riguarda il dialogo riaperto con le organizzazioni sindacali. Manifestiamo comunque una preoccupazione, che speriamo possa essere abbondantemente superata con la discussione della legge di bilancio. La legge di bilancio non è ancora approvata e pensiamo che la partita del pubblico impiego sia ancora aperta, sia alla Camera che al Senato, se questa Assemblea avrà la possibilità di migliorare il testo della legge di bilancio, perché bisogna tenere conto di tutte le esigenze. Alcune esigenze sono emergenti, quelle del reparto sicurezza, Forze armate e ordine pubblico, ma ve ne sono tante altre che sono particolarmente in sofferenza, per cui è necessario intervenire con dotazioni finanziarie adeguate.
BARANI (AL-A). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BARANI (AL-A). Signora Ministra, ovviamente siamo soddisfatti, perché lei ha ragione: basta leggere il testo uscito dal Consiglio dei ministri per vedere che c’è un’inversione di tendenza in questa legge di bilancio rispetto alle precedenti. Certo, se si potesse fare di più, sarebbe meglio, e credo che nei passaggi tra la Camera e il Senato ci impegneremo per apportare dei miglioramenti e siamo sicuri che, ove ciò sia possibile, il Governo li accetterà.
DIVINA (LN-Aut). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DIVINA (LN-Aut). Signora Ministra, è un peccato non aver portato qua tutto il plico dei documenti di bilancio per confutare i suoi numeri; è stato impossibile, ma a noi risultano i numeri che abbiamo citato.
Il fatto stesso che lei, come il suo Presidente del Consiglio, continuiate con azioni spot come gli 80 euro rivela che non stiamo più parlando di adeguamenti proporzionati o di adeguamenti alle esigenze. Gli 80 euro sono diventati la vostra manovra spot. Ebbene, ricordo che, a forza di fare manovre spot, adesso avete dovuto chiedere a 1.500.000 di lavoratori di restituire gli 80 euro perché sono stati dati loro erroneamente.
Neanche è così strano che il Governo si dissoci dai dettami della Corte costituzionale: lo ha fatto anche sulla riforma delle pensioni e sul decreto-legge salva Italia: il Governo ha interpretato a modo proprio quello che doveva essere un adeguamento, adeguando al 20 per cento pensioni che arrivavano a 1.000 euro e addirittura al 5 per cento quelle che superavano i 1.500-1.600 euro. Non possiamo andare avanti così.
PERRONE (CoR). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERRONE (CoR). Signor Ministro, gli 80 euro non possono coprire tutte le carenze esistenti. Invito lei e il Governo a prendere in considerazione lo sblocco del turnover, perché ormai, con il tetto del 25 per cento, la carenza di personale è notevole. Mi auguro che questa proposta possa essere presa in considerazione.
PRESIDENTE. Passiamo ora alle interrogazioni sulla riforma della disciplina della dirigenza pubblica, cui risponderà il ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, onorevole Madia.
DIVINA (LN-Aut). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DIVINA (LN-Aut). Egregio Ministro, con il decreto legislativo recante la disciplina della dirigenza pubblica, in applicazione dell’articolo 11 della legge 7 agosto 2015, n. 124, è stata introdotta la riforma della dirigenza pubblica che, secondo gli auspici del Governo, dovrebbe servire a promuovere una maggiore dinamicità nel sistema assicurando l’interscambio dei dirigenti da un’amministrazione all’altra, la mobilità, in senso verticale ed orizzontale, dei dirigenti, connessa alla creazione del ruolo unico, nonché l’istituzione della Commissione per la dirigenza statale, con funzioni di garanzia del procedimento di conferimento e di revoca degli incarichi dirigenziali. A nostro parere non era certamente questa la priorità per efficientare la pubblica amministrazione. Infatti, gli alti costi della macchina della pubblica amministrazione non risiedono soltanto in una cattiva gestione dei dipendenti pubblici in posizione apicale; anzi gli sprechi si riscontrano soprattutto in una gestione non ottimale dell’azione amministrativa connessa a spese ingiustificate o irrazionali. Parliamo di situazioni nelle quali le risorse, sebbene utilizzate per finalità pubbliche, non vengono impiegate nel modo migliore, più produttivo e più efficace, a causa di un approccio non rigoroso sul piano del metodo.
La riforma del federalismo fiscale poteva segnare una svolta senza precedenti nel nostro sistema Stato. È una riforma che contiene un rinnovato corpus volto a definire un sistema di finanza multilivello che declina, in modo unico ed originale, i rapporti tra Stato, autonomie ed Unione europea, al fine di assicurare un coordinamento unitario e coerente, non solo della finanza pubblica ma anche delle stesse politiche pubbliche tra i diversi livelli di governo.
Per poter tagliare la spesa in maniera selettiva occorre infatti rispettare un principio basilare che è quello dell’individuazione dei fabbisogni standard e dell’applicazione consequenziale dei costi standard. I tagli non devono essere previsti sui bilanci consuntivi, ma soprattutto su quelli preventivi, e questo ad oggi non avviene.
Le chiedo pertanto, signor Ministro, di sapere se lei e il Governo intendano attivarsi in tutte le sedi competenti, al fine di prevedere sistematicamente l’individuazione dei fabbisogni standard e la relativa applicazione dei costi standard a tutte le pubbliche amministrazioni.
PELINO (FI-PdL XVII). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PELINO (FI-PdL XVII). Signor Ministro, il decreto legislativo sulla dirigenza pubblica è molto articolato. A noi sembra che rimangano irrisolti i seguenti punti: non c’è un idoneo sistema di valutazione della capacità manageriale; vi è una larga discrezionalità per la riconferma del dirigente o l’attribuzione di un incarico di livello superiore; vi è poca flessibilità organizzativa e poca rotazione degli incarichi; vi è troppa differenza tra le retribuzioni dei dirigenti e quelle di alcuni funzionari, cui potrebbero essere attribuite talune funzioni dirigenziali per assicurare un percorso di carriera ai dipendenti più meritevoli.
Le chiedo quindi se non si stia perdendo un’occasione, per la pubblica amministrazione, per una seria apertura al management privato e ai modelli organizzativi da questo utilizzati; se non ritiene che sarebbe stato più opportuno che il giudizio sulla dirigenza pubblica, rispetto ai servizi resi, fosse lasciato soprattutto alla valutazione dei cittadini e se non ritiene che ci sia stata una sottovalutazione dei costi che questa riforma in realtà comporterà.
PUGLIA (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PUGLIA (M5S). Gentile Ministra, il parere del Consiglio di Stato sullo schema di decreto legislativo attuativo della legge di riforma della dirigenza pubblica, approvato dal Governo, esprime un chiaro disappunto sulla ratio ispiratrice e sui contenuti della riforma della dirigenza pubblica. I pareri espressi dalla Commissioni affari costituzionali di Camera e Senato, dal contenuto sicuramente meno chiaro e assertivo del parere reso dal Consiglio di Stato e pur con l’evidente intento di mediazione, recano comunque alcune osservazioni e subordinano il parere favorevole a molteplici condizioni su più fronti, chiedendo interventi profondi di modifica del testo varato dal Governo. La preoccupazione più forte è che il suo decreto, Ministra, comporti la subordinazione totale – per non dire l’asservimento – della dirigenza pubblica alla politica.
Ricordiamo che la Corte costituzionale ha da tempo affermato il principio in base al quale il lavoro dirigenziale deve essere regolato in modo da garantire la tendenziale continuità dell’azione amministrativa e una chiara distinzione funzionale tra i compiti di indirizzo politico-amministrativo e quelli di gestione e, di conseguenza, deve essere circondato da garanzie, in quanto la dipendenza funzionale del dirigente non può diventare dipendenza politica. Tali principi sono stati accolti anche dal recentissimo parere del Consiglio di Stato.
Le chiediamo: alla luce dei rilievi negativi delle associazioni di categoria, del Consiglio di Stato e del rischio evidente di incostituzionalità del testo, quali iniziative il Governo intende porre in essere al fine di evitare che le disposizioni del decreto in oggetto comportino la perenne precarizzazione e la non totale indipendenza del dirigente, in evidente contrasto con gli articoli 97 e 98 della Costituzione, da cui si ricava il principio della piena autonomia gestionale dell’attività dirigenziale, il quale implica la necessità della separazione tra politica e amministrazione pubblica, che è e deve continuare ad essere, al servizio della Nazione e non della maggioranza di turno?
URAS (Misto). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
URAS (Misto). Signor Ministro, riteniamo che il provvedimento che è stato promosso, sulla base della legge delega, per la modifica del sistema della pubblica amministrazione e, in essa, anche della dirigenza pubblica, mantenga ancora alcune criticità. In modo particolare, ci riferiamo alla funzione terza che deve svolgere la dirigenza della pubblica amministrazione nella gestione degli apparati dello Stato e degli enti locali e anche alla necessaria motivazione con la quale lo deve fare, che richiama una funzione di servizio verso la comunità, sia essa di cittadini, di soggetti sociali o anche economici.
La nostra preoccupazione riguarda proprio il vincolo che la dirigenza pubblica mantiene rispetto a chi deve esercitare la responsabilità politica. La separatezza delle funzioni si delinea soprattutto nella divisione dei compiti: a chi spetta la programmazione degli interventi e a chi spetta la gestione delle disponibilità finanziarie e delle strutture per raggiungere gli obiettivi; a chi spetta indicare gli obiettivi e a chi spetta, invece, attuarli.
Le chiedo, signor Ministro, se valuta questo tipo di criticità, se ne riconosce ancora la presenza nella normazione di recente approvata e se pensa a percorsi per superare questi limiti e apportare le necessarie correzioni.
BARANI (AL-A). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BARANI (AL-A). Signora Presidente, ministro Madia, con il decreto legislativo recante la disciplina della dirigenza pubblica in applicazione dell’articolo 11 della legge delega n. 124 del 2015, è stata introdotta la riforma della dirigenza pubblica per assicurare il buon andamento, l’efficienza e la trasparenza della pubblica amministrazione. Sappiamo che la riforma ha sollevato, da più parti, critiche e paventate questioni di incostituzionalità, mentre da altre parti (noi siamo tra questi) si è plaudito e ci sono state molteplici dichiarazioni di soddisfazione.
La riforma prevede modifiche importanti al decreto legislativo n. 165 del 2001 (il testo unico del pubblico impiego), come per esempio l’istituzione dei ruoli dirigenziali unificati e coordinati, accomunati da requisiti omogenei di accesso e da procedure analoghe di reclutamento, basati sul principio del merito, dell’aggiornamento e della formazione continua e caratterizzati dalla piena mobilità tra i ruoli, o ancora l’istituzione della banca dati nella quale inserire il curriculum vitae. Noi sappiamo che la dirigenza è tutto in un ente locale; vanno quindi premiati i validi e vanno rimossi i burocrati che creano problemi. Si chiede pertanto di conoscere se siano già noti gli impatti concreti della riforma della dirigenza pubblica nelle varie articolazioni della pubblica amministrazione (sia a livello nazionale, che regionale e locale) e se si possono avere già dei dati oggettivi da poter valutare.
LO MORO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LO MORO (PD). Signora Presidente, onorevoli colleghi, io vorrei sottoporre alla signora Ministra, con la quale siamo abituati a discutere della pubblica amministrazione in Commissione, un problema specifico, relativo all’articolo 4 del decreto legislativo, e, in particolare, alla commissione per la dirigenza pubblica. Qualcuno ha già fatto riferimento al sistema di valutazione che manca, ma sappiamo bene che la delega non è stata portata alle debite conseguenze sotto tutti gli aspetti. Quindi, non è a questo che alludo. Vorrei parlare nello specifico di quella commissione per dire che, quando si fanno le riforme c’è chi ci scommette (noi siamo qui a scommettere che le riforme vadano avanti e che riescano), ma una condizione è che esse vengano gestite in maniera adeguata.
Questa commissione – lo abbiamo detto in Commissione e la Ministra lo sa bene – ci sembra articolata in maniera non adeguata, soprattutto per il fatto che i membri di diritto sembrano esuberanti rispetto alla composizione complessiva (cinque su sette). Vorrei capire se la Ministra ha fatto un’adeguata riflessione anche sulle segnalazioni che ha ricevuto e se non ritiene che, accanto all’autonomia che sicuramente sarà garantita, nonostante questa commissione venga collocata nel Dipartimento della funzione pubblica, anche la competenza e la capacità di giudizio debbano essere rafforzate con nomine che, secondo noi, dovrebbero passare dalle Commissioni parlamentari, con una maggiore capacità di incidenza delle stesse (probabilmente anche con una maggioranza rafforzata).
Signora Ministra, approfitto della sua presenza per dire che vorremmo anche che, come scritto nel parere della Commissione affari costituzionali, fosse garantita la parità di genere. Dico questo con la soddisfazione di registrare oggi in Aula la presenza di una Ministra, una Presidente del Senato, una senatrice Segretaria d’Assemblea nonché della sottoscritta, Capogruppo della maggioranza in Commissione affari costituzionali, insieme alla collega del maggiore Gruppo di opposizione. Siamo tutte donne impegnate in questo settore; se impariamo a rispettare questo criterio ogniqualvolta che ne abbiamo la possibilità, forse arriviamo all’obiettivo.
PRESIDENTE. Grazie, speriamo.
PERRONE (CoR). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERRONE (CoR). Signor Ministro, con lo schema di decreto legislativo recante la disciplina della dirigenza pubblica, in applicazione dell’articolo 11, della legge 7 agosto 2015, n. 124, si introduce la riforma della dirigenza pubblica. Tale riforma non sembra garantire, anche secondo i più autorevoli commentatori in materia, il buon andamento, l’efficienza e la trasparenza della pubblica amministrazione, ma – al contrario – stravolge fondamentali principi, sanciti dalla Costituzione e da sempre riaffermati con forza dalla giurisprudenza.
In particolare, la riforma vanifica gli effetti della sentenza della Corte costituzionale, n. 37 del 2015 e infrange i fondamentali principi di democrazia (uguaglianza, imparzialità, parità di trattamento e buona amministrazione), su cui la nostra Costituzione si fonda. In particolare, un esempio tra i molti che si potrebbero fare, lo schema di riforma della dirigenza pubblica, consolidando i poteri delle amministrazioni con l’attribuzione alle stesse di ampie facoltà di procedere agli incarichi, viola palesemente l’articolo 97, comma 4, della Costituzione, secondo il quale alla carriera di dirigente sia accede soltanto per concorso. Quindi, si chiede come il Governo intenda conformarsi alla sentenza n. 37 del 2015 della Corte costituzionale.
PRESIDENTE. Ha facoltà di rispondere congiuntamente il ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, onorevole Madia.
MADIA, ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. Signora Presidente, nel mese di agosto abbiamo presentato uno schema di decreto legislativo di riorganizzazione della dirigenza pubblica, in attuazione della legge n. 124 del 2015. Questo decreto legislativo ha l’obiettivo di istituire i ruoli unici della dirigenza e quindi di superare l’appartenenza del dirigente alla sua amministrazione.
Perché questa necessità di maggiore mobilità e fungibilità dei dirigenti e del conferimento degli incarichi tra amministrazioni e anche tra livelli istituzionali? Io penso – non sono l’unica a crederlo – che un male cronico dell’amministrazione sia oggi costituito dal fatto che ogni singola amministrazione lavora come se fosse sola, all’interno di un recinto, con la conseguenza che le amministrazioni lavorano a compartimenti stagni e si parlano poco. Tutto questo, alla fine, crea un danno al servizio che arriva ai cittadini.
Per questo motivo, credo sia importante riuscire ad attuare un maggior interscambio tra i dirigenti delle amministrazioni, valorizzando esperienze di dirigenti di enti territoriali nelle amministrazioni centrali e, viceversa, quelle di dirigenti che hanno svolto incarichi anche di responsabilità nelle amministrazioni centrali negli enti territoriali.
Peraltro, anche in altri Paesi, dove c’è una buona dirigenza pubblica, si può verificare che gli incarichi di maggiore responsabilità di solito sono ricoperti da chi ha già svolto incarichi in amministrazioni diverse e non in una singola amministrazione.
Dopo aver illustrato in modo sintetico qual è l’obiettivo di questo decreto, voglio però respingere al mittente la critica che è stata fatta da diversi interventi, dalla senatrice Pelino e anche da altri senatori, rispetto alla discrezionalità che il decreto permetterebbe nel conferimento degli incarichi. Penso che nel testo presentato e approvato in via preliminare dal Governo in Consiglio dei ministri ci sia non solo una ribadita separazione, ma anche una rafforzata separazione tra politica e amministrazione, prima di tutto perché si continua – come peraltro prevede la Costituzione – ad essere dirigenti della Repubblica attraverso un reclutamento, che avviene per concorso pubblico. Il secondo motivo per cui parlo non solo di «ribadita», ma anche di «rafforzata» separazione tra politica e amministrazione deriva dal confronto con la situazione a legislazione vigente: oggi chi ha un incarico politico può conferire un incarico, ad esempio di direzione generale di un Ministero, a chiunque abbia i requisiti e risponda ad un interpello. Con la riforma che proponiamo, chi ha responsabilità politica potrà scegliere solo in una rosa di cinque dirigenti, che vengono selezionati da una commissione indipendente, autonoma, di garanzia, che sceglie quei cinque, valutando come sono stati svolti gli incarichi precedenti e quindi legando maggiormente il conferimento degli incarichi non alla discrezionalità politica, ma ad una valutazione oggettiva delle competenze di quei dirigenti.
Peraltro, non si può nemmeno parlare di precarizzazione, perché con questo decreto non introduciamo le norme che oggi riguardano il licenziamento dei dirigenti privati, non equipariamo il licenziamento dei dirigenti pubblici a quello dei dirigenti privati. Da dirigenti pubblici si può essere licenziati per ragioni disciplinari, come accade già oggi, oppure, come previsto nel nostro decreto, per ragioni legate ad una valutazione negativa che implichino la revoca del dirigente dall’ incarico e dopo due anni in cui il dirigente revocato non abbia conseguito nessun altro conferimento di incarico. Il punto non è la precarizzazione ma è – e è questa l’innovazione del decreto – la contendibilità vera degli incarichi, cioè il fatto che anche gli incarichi di responsabilità e di maggiore prestigio siano contendibili, e quindi che la carriera dei dirigenti possa essere una carriera mobile, proprio perché più legata alle valutazioni oggettive avute nei diversi incarichi ricoperti.
Mi collego allora all’intervento della senatrice Lo Moro: è evidente che sarà molto importante, nel testo unico sul pubblico impiego, in cui è previsto un criterio di delega sulla valutazione, introdurre modifiche legislative in armonia con il testo che approveremo, in forma definitiva, nel mese di novembre in Consiglio dei ministri, proprio per far sì che ci sia una normativa sulla valutazione che accompagni lo sforzo di innovazione che facciamo in questo decreto di riorganizzazione della dirigenza pubblica.
Approfitto per interloquire con la senatrice Lo Moro non solo sul punto specifico della valutazione, ma anche su altri punti di cui abbiamo discusso in Commissione, dalla composizione della commissione, che deve ovviamente essere garantista – sono d’accordo: può essere importante che chi non ha un incarico di diritto passi dal vaglio di una maggioranza qualificata nelle Commissioni competenti – finanche al garantire, attraverso l’introduzione di specifiche norme, la parità di genere nell’assegnazione degli incarichi. Queste sono tutte questioni discusse in Commissione, che, peraltro, trovano spazio nel parere votato dalla 1a Commissione e di cui faremo tesoro per l’approvazione definitiva in Consiglio dei ministri.
PRESIDENTE. Hanno adesso facoltà di replicare gli interroganti, per un minuto ciascuno.
DIVINA (LN-Aut). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DIVINA (LN-Aut). Signor Ministro, siamo dell’idea che non era da qui che bisognava partire per riorganizzare la pubblica amministrazione e non crediamo a questa riforma della pubblica dirigenza, anche perché abbiamo visto che, quando si parla di dirigenza, il presidente Renzi preferisce gli amici a chi magari ha curriculum diversi. Cito il caso Carrai, che si voleva mettere a capo addirittura dei servizi sopra AISI e AISE, o il caso Calenda, posto all’apice della carriera diplomatica, pur provenendo da settori completamente diversi.
Secondo noi era più importante parlare di costi e fabbisogni standard, perché quando diamo a tutti i cittadini pari servizi e pari opportunità emergono le male amministrazioni, i buoni o i cattivi amministratori. Voi fate i trasferimenti nelle Regioni: se in una Regione un servizio funziona con le stesse qualità e gli stessi trasferimenti e nell’altra non funziona, saranno gli elettori che daranno un giudizio. Abbiamo visto i costi della sanità parametrati variare tra uno a sette volte in certi presidi sanitari di base. È chiaro che dietro situazioni del genere c’è di tutto: cattiva amministrazione, corruzione, malversazione, incapacità amministrativa e tante altre disfunzioni. Secondo noi, bisognava iniziare da qua.
PELINO (FI-PdL XVII). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PELINO (FI-PdL XVII). Signor Ministro, riteniamo che la riforma della dirigenza pubblica genererà una crescita degli oneri per coprire gli stipendi perché si registrerà un livellamento verso l’alto degli stipendi dei dirigenti senza che a ciò corrisponda un miglioramento delle prestazioni. I dirigenti delle attuali due fasce guadagneranno più di prima perché i ruoli unici porteranno, in conseguenza dei diritti acquisiti in capo a ciascun dirigente, a un’uniformità verso l’alto degli stipendi esistenti, non essendo ipotizzabile una loro diminuzione, senza avere una migliore organizzazione e un miglioramento dei servizi per i cittadini.
PUGLIA (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PUGLIA (M5S). Signora Ministra, c’è un dato incontrovertibile e, cioè, che la riforma della dirigenza pubblica è in perfetta adesione con uno spirito deformatore della nostra Carta costituzionale. Di fatto, cela il disegno di trasformazione della forma di Governo parlamentare verso uno spinto presidenzialismo di tipo autocratico, al quale risulta ovviamente funzionale una classe dirigente asservita alla politica. Ministra, un meccanismo come quello congegnato dal suo decreto è suscettibile di avere una grande forza espansiva. Difatti, una volta nominate persone di fiducia in posizioni chiave – penso ad esempio alle dirigenze del personale – queste potranno a loro volta fare lo stesso con i livelli inferiori, non dirigenziali, promuovendo o collocando nei posti importanti i dipendenti dello stesso orientamento politico; il tutto in assoluto contrasto con i principi ispiratori della nostra Costituzione repubblicana, che esalta l’imparzialità e l’indipendenza della pubblica amministrazione quali principi indissolubili della democrazia e degli ideali da essa originati. A nulla gioverà la famosa commissione di garanzia, anche perché di sette membri sei sono nominati direttamente o indirettamente dal Governo. Quindi, c’è un potere totale del Governo.
URAS (Misto). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
URAS (Misto). Signor Ministro, prendiamo atto della sua risposta. La dirigenza pubblica ha un compito molto importante. Non basta solo stabilire come si seleziona; è necessario che sia motivata in modo giusto perché si applichi nell’accelerazione delle procedure e nell’efficientamento della pubblica amministrazione, anche per consentire risposte in tempi celeri ai bisogni della comunità e, soprattutto, di quella più sofferente. La dirigenza pubblica va monitorata sistematicamente. Anche il metodo di selezione va monitorato sistematicamente per capire se abbiamo raggiunto gli obiettivi. Ogni disposizione, infatti, che nasce buona sulla carta va poi sperimentata sul campo, e non sempre i riscontri sono identici.
LO MORO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LO MORO (PD). Signora Ministra, colleghi, ovviamente sono soddisfatta e non poteva che essere così perché in Commissione stiamo vivendo insieme questa riforma (la Ministra molto spesso è presente personalmente). Però, mi sembrava giusto richiamare l’attenzione sulla fase di gestione. Ciò che spaventa all’esterno, soprattutto davanti a una riforma fortemente innovativa, è infatti proprio questa fase. Sapere che c’è un Governo, ma anche un Parlamento, attento a questa fase mi sembra opportuno e ho voluto ribadirlo in questa sede.
PERRONE (CoR). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERRONE (CoR). Signor Ministro, tengo a ribadire che sulla legge di bilancio non abbiamo ancora visto risorse certe, così come lei le ha indicate. Mi auguro che questo possa avverarsi, per poter sopperire a tutto quello che serve nell’ambito della dirigenza.
PRESIDENTE. Lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata (question time) all’ordine del giorno è così esaurito.
Ringrazio il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione per la sua disponibilità e tutti gli interroganti.
Mozioni, interpellanze e interrogazioni, annunzio
PRESIDENTE. Le mozioni, interpellanze e interrogazioni pervenute alla Presidenza saranno pubblicate nell’allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Ordine del giorno
per la seduta di martedì 22 novembre 2016
PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica martedì 22 novembre, alle ore 16,30, con il seguente ordine del giorno:
La seduta è tolta (ore 16,55).