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SENTENZA CORTE DI CASSAZIONE N. 20684 DEL 13 OTTOBRE 2016

I compensi incentivanti vanno corrisposti per intero al dipendente pubblico per i giorni in cui fruisce dei permessi per l’assistenza a familiari in stato di grave infermità o affetti da handicap. Lo ha affermato la Corte di cassazione con la sentenza n. 20684/16, depositata ieri, respingendo il ricorso dell’Inps che si era rifiutata di corrispondere a un proprio dipendente quella parte di retribuzione, connessa al raggiungimento degli obiettivi per l’aumento della produttività, in relazione ai tre giorni di assenza al mese accordati per l’assistenza ai familiari.

La vicenda di merito – Nei due gradi di giudizio di merito il dipendente Inps aveva ottenuto il pieno riconoscimento del diritto ai compensi incentivanti previsti dall’articolo 18 della legge 88/1989, anche per le tre giornate di permesso riconosciute in base all’articolo 33, comma 3, della legge 104/1992. Da qui il ricorso in Cassazione dell’Istituto previdenziale. La Corte di appello aveva, infatti, specificato che i permessi targati 104 sono equiparati ai riposi per le lavoratrici madri, che sono considerati a tutti gli effetti ore lavorative. Da ciò, sempre secondo i giudici di appello, il trattamento da corrispondere per la fruizione dei permessi in questione deve essere «esattamente» pari a quello che viene riconosciuto in caso di «effettiva prestazione lavorativa». cassazione_20684_2016_su_104_produttivita

Il ricorso in Cassazione – In sede di legittimità l’Inps ha, invece, sostenuto che vi fosse un errore nella visione dei giudici di merito, ossia la mancata presa in considerazione delle specificità del settore pubblico, dove la retribuzione per quei tre giorni di permesso resta a carico del datore di lavoro, a differenza di quello privato dove è l’ente previdenziale che eroga un’indennità per quelle giornate. Inoltre, secondo l’Istituto di previdenza generale i giudizi di merito non avrebbero colto la vera natura dei compensi incentivanti, cioè l’aver concretamente partecipato al raggiungimento degli obiettivi – fissati dall’ente pubblico di appartenenza – di incremento della produttività. E, quindi connessi, sempre secondo l’Inps, alla valutazione dell’effettivo impegno profuso dal singolo dipendente pubblico al conseguimento di tali traguardi prefissati. Infine, l’Inps sembra tirarsi un autogol quando lamentando il mancato rispetto da parte della sentenza di appello delle norme di contrattazione collettiva del comparto «Enti pubblici non economici» sottolinea, poi, che – con decorrenza aprile 1993 – esse hanno riconosciuto espressamente alle lavoratrici madri in astensione obbligatoria e ai lavoratori infortunati sul lavoro il pagamento dei compensi incentivanti, mentre prima di tale rinnovo nella retribuzione per queste categorie di lavoratori erano stati già ricompresi i trattamenti accessori. Ma l’Inps stesso, in accordo con la Cassazione, riconosce che il comma 3 ter dell’articolo 2 del Dl 324/1993 rappresenta un’interpretazione autentica della disposizione della 104 sui permessi in questione dove afferma che vanno comunque retribuiti («le parole “hanno diritto a tre giorni di permesso mensile” devono interpretarsi nel senso che il permesso mensile deve essere comunque retribuito»). Quindi da tale punto di partenza non si capisce, dice la Cassazione, come l’Inps abbia ritenuto di poter in sede giudiziale sostenere l’esclusione del settore pubblico dalla corresponsione della piena retribuzione comprensiva dei compensi incentivanti.

Le conclusioni – In conclusione, in assenza da parte dell’Inps della produzione in giudizio di una contrattazione cosiddetta “articolata di ente” sulle regole di corresponsione degli incentivi alla produttività non resta che la previsione legale del riconoscimento di tale voce retributiva, a fronte della verifica dell’avvenuto raggiungimento degli obiettivi fissati. Quindi il silenzio delle norme contrattuali sulla fattispecie specifica dei permessi ex lege 104 non vale a escludere il pagamento dei compensi incentivanti, espressamente ricompresi nella struttura della retribuzione. Conclude la Cassazione, ricordando che nei rapporti part time i trattamenti accessori (compresi i compensi in questione) collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti sono applicati anche in misura «non frazionata» o «non direttamente proporzionale al regime orario».

 

pubblicato da Paola Rossi su http://www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/civile/2016-10-13/il-dipendente-pubblico-che-usufruisce-legge-104-ha-diritto-compensi-incentivanti-190021.php?uuid=ADrjl0bB

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