Riceviamo e pubblichiamo, premettendo che parlare rispetto al vaccino di “siamo ancora nel campo della sperimentazione” non corrisponde al vero. I criteri di sperimentazione sono stati modificati, ma sono rimasti quali-quantitativamente inalterati rispetto alle sperimentazioni classiche. Non bisogna quindi confondere la fase IV, di pertinenza di un ambito di farmacovigilanza. Che si verifichino reazioni avverse in fase IV non significa che il vaccino non sia stato sperimentato. Peraltro la fase IV°, a titolo informativo, è identica per tutti i farmaci in commercio e quindi autorizzati all’immissione sul mercato. Il protocollo di sperimentazione è disponibile per tutti sul sito dell’Ema. (Ndr)
Dl Covid, Fials: Bene obbligo di vaccinarsi ai sanitari, si estenda scudo penale a trattamenti
“Uno scadenziario dei tempi a tamburo battente, quasi da regime militare. Tanto rumore per un numero esiguo di operatori, un pessimo esempio di mancata comunicazione e di percorso informativo clinico ed etico per il medesimo personale sanitario elevato precedentemente al rango angelico, nonché candidabile al Nobel ed ora marchiati ‘No vax’”
Roma, 1 apr. – “Bene che ci sia una presa di posizione del Governo sull’obbligo dei vaccini per i sanitari, almeno ora le singole aziende non prenderanno decisioni arbitrarie assegnando ferie d’ufficio o attivando procedimenti disciplinari al personale non vaccinato senza aver fatto alcun tentativo di moral suasion. Ricordiamo che tra le categorie più colpite dal contagio c’è proprio quella dei sanitari, e non per disattenzione ma perché inviati in corsia senza dispositivi di protezione, percorsi adeguati, né un piano pandemico per la formazione”. Così Giuseppe Carbone, segretario generale Fials, commenta il decreto Covid approvato ieri.
“Non va trascurato il dato che probabilmente in quella percentuale di operatori non vaccinati – sottolinea – tantissimi hanno già contratto il virus e di conseguenza hanno sviluppato una loro immunità. Oggi sentiamo forte la responsabilità di non far passare gli eroi di ieri, per mostri che diffondono il contagio”. “Non possiamo dimenticare ciò che i lavoratori della sanità hanno fatto – ricorda il segretario generale Fials – senza alcuna sicurezza a salvaguardia della salute dei cittadini sin dai primi mesi di pandemia, quando il personale è rimasto a combattere un virus sconosciuto”.
Tanto rumore per un numero esiguo di operatori sanitari, un pessimo esempio di mancata comunicazione e di percorso informativo clinico ed etico per il medesimo personale sanitario elevato precedentemente al rango angelico, nonché candidabile al Nobel ed ora marchiati ‘No vax’.
“La cosa che ci sorprende di più – prosegue Carbone – è come sia possibile pretendere ora il consenso informato quando viene definito l’obbligo della vaccinazione con minaccia di sanzioni e senza che vi sia l’obbligo per le aziende di assumersi le responsabilità circa eventuali effetti collaterali che possano creare impedimento alla funzione di ciascun operatore. Una profonda contraddizione che deve essere superata nella conversione in legge dello stesso decreto a tutela degli operatori sanitari”.
Il Dl approvato ieri dal Cdm prevede l’obbligo di vaccinazione per chiunque lavori in una struttura sanitaria, farmacisti, medici, odontoiatri, veterinari, biologi, fisici, chimici, psicologi, infermieri, ostetriche, tecnici sanitari (radiologi, laboratori biomedici, audiometristi etc), igienisti dentali, dietisti, podologi, fisioterapisti, logopedisti, oculisti, ortottisti, terapisti, assistenti sanitari, massofisioterapisti, operatori socio-sanitari, assistenti di studio odontoiatrici, odontotecnici, ottici, puericultori, a patto che abbiano contatto diretto con il paziente.
Uno scadenziario dei tempi a tamburo battente, quasi da regime militare se queste categorie non si vaccinano. Si legge infatti nel decreto che, decorsi i termini previsti, l’Azienda sanitaria locale competente accerta l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e ne dà immediata comunicazione all’interessato, al datore di lavoro e all’Ordine professionale di appartenenza.
L’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’Azienda determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.
L’Ordine professionale di appartenenza comunica immediatamente la sospensione. Ricevuta la comunicazione, il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, diverse con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio.
Quando l’assegnazione a diverse mansioni non è possibile, per il periodo di sospensione, non è dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato. La sospensione mantiene efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021.
Previsto anche lo ‘scudo penale’ per i somministratori che seguono le regole, limitando la punibilità ai soli casi di colpa grave. “Sullo scudo penale non possiamo che essere d’accordo, ma pare essere maggiormente dettato – osserva Carbone – dal fatto che tutti ad un tratto possono sostituirsi agli infermieri e vaccinare, piuttosto che dall’esigenza di tutelare chi da più di un anno è impegnato a fronteggiare l’emergenza”.
Se questa è a grandi linee la cornice entro cui si inscrive il tema dell’obbligo vaccinale perché allora non prevederlo in un contesto pandemico ed emergenziale che dura da ben un anno e in cui, dicono gli esperti, l’unica via di uscita è rappresentata dai vaccini?
Certo si tratta di una scelta legislativa e di politica sanitaria che probabilmente incontra qualche ostacolo giuridico di respiro internazionale e qualche contraccolpo etico perché parlando di vaccinazioni anti-Covid siamo ancora nel campo della sperimentazione.
In altri stati lo scudo penale per i lavoratori della sanità esiste da decenni, fatti salvi chiaramente i casi di dolo. “Non per nascondere misfatti, sia ben chiaro – conclude il segretario generale Fials – ma si tratta di un diritto sacrosanto per i professionisti che ogni giorno prestano il proprio servizio per salvaguardare la salute della collettività, con risorse sempre più scarse e dovendo assicurare in emergenza prestazioni sempre più specialistiche. Sarebbe l’ora di riconoscere loro condizioni di lavoro più serene”.