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Con la direttiva 2014/50, relativa ai requisiti minimi per accrescere la mobilità dei lavoratori tra gli stati membri, l’UE pone nuove e interessanti sfide per la professione del giuslavorista.

La libera circolazione dei lavoratori costituisce uno dei principi base dell’UE sin dalla sua nascita. Un diritto, questo, garantito dall’art.4 5 del TFUE, il quale sancisce che “la libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione è assicurata. Essa implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro”.

Per dare concretezza a tale assunto l’UE si impegna ad armonizzare le politiche nazionali favorendo la mobilità dei lavoratori, una mobilità spesso ostacolata dal rischio di perdere i diritti pensionistici maturati qualora si decidesse di trasferirsi da un paese all’altro dell’Unione.

Già con la direttiva 2004/38/CR il Parlamento europeo ha sancito l’inconfutabile diritto dei cittadini e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Dal 1 maggio 2010 sono inoltre entrati in vigore il regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e il suo regolamento di applicazione (CE) n. 987/2009. Da quest’ultimo intervento normativo, precisamente dall’art. 5 del regolamento (CE) n. 883/2004, scaturisce un importante concetto che è il principio di assimilazione. Qualora il beneficio di prestazioni sociali produca effetti giuridici, ovvero un reddito percepito durante la vita lavorativa produca il diritto ad ottenere una prestazione pensionistica, allora “tale diritto si applica anche a prestazioni sociali equivalenti acquisite in un altro stato membro”.

La direttiva 2014/50/UE, migliorando l’acquisto e la salvaguardia dei diritti pensionistici complementari, va a tutelare proprio quei lavoratori che hanno scelto di arricchire il proprio curriculum con esperienze lavorative all’estero – e che, come dimostrano anche recenti sondaggi condotti dall’Eurobarometro, sono in aumento esponenziale – o chi per ricongiungersi alla famiglia ha accumulato periodi lavorativi in più di un paese comunitario.

Secondo la direttiva 2014/50/UE gli Stati membri dovrebbero adoperarsi al massimo per migliorare la trasferibilità dei diritti pensionistici complementari maturati, ed entro il 21 maggio 2018 gli Stati dovranno mettere in atto le misure legislative, regolamentari e amministrative volte conformarsi alla direttiva 2014/50.

In questo panorama europeo anche la disciplina giuslavorista assume sempre di più l’impronta internazionale. Dovendosi confrontare sempre più spesso con lavoratori stranieri e con enti previdenziali di altri stati membri (ad esempio per l’acquisizione di informazioni riepilogative di carattere contributivo), il professionista legale italiano deve ricercare un assetto più dinamico e crearsi nuove opportunità di apertura ai mercati globalizzati.

Non necessariamente queste esigenze costituiscono un aumento dei costi amministrativi di gestione di uno studio legale. La sfida di un “avvocato europeo” oggi sta nel mettersi in gioco utilizzando gli strumenti efficaci, veloci e che lo mantengano qualitativamente competitivo. Questo ispirarsi a valori internazionali non potrà che costituire un valore aggiunto per la professione, un’occasione per ampliare le proprie competenze e acquisire potenzialmente nuovi clienti.

Tra le soluzioni flessibili che possono aiutare l’avvocato a muoversi in questa direzione vi è sicuramente il ricorso a servizi di outsourcing che offrano anche un servizio di segretariato internazionale e multilingue. I vantaggi di un simile servizio per la professione dell’avvocato sono molti, e in questo contesto sicuramente aiutano a superare l’ostacolo della conoscenza delle lingue.

Un servizio di segretariato virtuale internazionale offre la possibilità di avvalersi di personale di segreteria madrelingua appositamente formato per la gestione di uno studio legale. Il principale vantaggio sta nella possibilità di avvalersi di tale sostegno esterno solo nei periodi di tempo in cui se ne ha effettivamente bisogno, senza dover sostenere costi fissi elevati. Tale potenziale supera inoltre la necessità di ricorrere a costose traduzioni di documenti legali, talvolta prolissi per carpire il dato interessante alla pratica in svolgimento. La gestione di chiamate in altre lingue sarà possibile sia in ricezione, sia in uscita. L’avvocato stesso potrà impartire alla segretaria a distanza lo svolgimento di una chiamata, istruendola sulle informazioni che dovrà ottenere. L’esito della chiamata in lingua straniera verrà poi inviato all’avvocato in maniera veloce per via telematica. Al segretariato in lingua straniera si può anche associare un numero di telefono, che l’avocato potrà fornire ai propri clienti stranieri.

Non potendo oggi più prescindere dall’ottica dello scambio internazionale, né tantomeno dalla crescente flessibilità imposta dalle moderne tecnologie, l’avvocato italiano dovrà saper reinventare la propria professione se vuole restare competitivo e al passo coi tempi. Il ricorso a un servizio di segretariato internazionale in outsourcing si pone come un buon punto di partenza per aprirsi ai mercati globalizzati.

(http://www.leggioggi.it/2016/04/06/mobilita-dei-lavoratori-in-aumento-quali-sono-le-nuove-sfide-dellinternazionalizzazione-per-gli-avvocati-giuslavoristi/)

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