In merito alla problematica legata alla legittimità delle candidature dei componenti i Consigli Direttivi all’interno della RSU si ritiene utile specificare quanto segue.
La legge istitutiva degli Ordini (DLCPS 233/46 e DPR 221/50) non prevede nessun tipo di incompatibilità per i componenti del Consiglio direttivo o del Collegio dei revisori degli OPI: dispone solo all’art. 1, n. 3 lettera c) che gli Ordini e le Federazioni non svolgono ruoli di rappresentanza sindacale.
RSU è un organismo sindacale che esiste in ogni luogo di lavoro pubblico e privato ed è costituito da non meno di tre persone elette da tutti i lavoratori iscritti e non iscritti al sindacato. La normativa fondamentale di riferimento è l'”Accordo Collettivo Quadro per la costituzione delle Rappresentanza Sindacali Unitarie per il personale dei comparti delle Pubbliche Amministrazioni e per la definizione del relativo Regolamento Elettorale” del 7 agosto 1998.
Chi è eletto nella RSU non è un funzionario del sindacato, ma una lavoratrice o un lavoratore che svolge un preciso ruolo: rappresenta le esigenze dei lavoratori senza con ciò diventare un sindacalista di professione. La RSU, dunque, tutela i lavoratori collettivamente, controllando l’applicazione del contratto o trasformando in una vertenza un particolare problema. La RSU funziona come unico organismo che decide a maggioranza la linea di condotta e se firmare un accordo.
L’art. 9 dell’Accordo collettivo Quadro del 7/8/1998 stabilisce espressamente che la “carica di componente della RSU è incompatibile con qualsiasi altra carica in organismi istituzionali o carica esecutiva in partiti e/o movimenti politici”, specificando inoltre che per altre incompatibilità valgono quelle previste dagli
statuti delle rispettive organizzazioni sindacali.
L’indicazione normativa porta a qualificare la fattispecie all’interno dell’istituto della incompatibilità e non della ineleggibilità, rimandando, quindi, ad un momento successivo, ovvero nel caso di elezione, l’obbligo dell’eletto che versa in una situazione di incompatibilità di optare tra la RSU o continuare a ricoprire
cariche politiche o istituzionali.
Nella copiosa letteratura in materia risulta evidente che il rispetto della previsione di incompatibilità deve essere fatto valere dalla RSU stessa, come organismo collegiale, o da un suo membro, o dalle organizzazioni sindacali e finanche dal singolo lavoratore, ma certamente non dalla Amministrazione datore di lavoro
o dall’ altro organismo presso cui il soggetto rivestirebbe la carica “incompatibile” con il ruolo di componente RSU.
È chiaro che l’interesse primo a non avere componenti incompatibili è della sola RSU, in quanto una decisione presa con il voto di un membro incompatibile potrebbe essere eccepita come vizio del procedimento decisionale e potrebbe rendere illegittima l’eventuale delibera presa con il voto del componente incompatibile.
Il potere di dichiarare la eventuale decadenza è posto in capo all’organismo di cui fa parte il componente di cui si sostiene essere intervenuta la decadenza. Anche il sindacato di appartenenza del componente eletto nella RSU può solamente, come dire, richiedere il giudizio sulla sussistenza di eventuali cause decadenziali, ma la decisione spetta, in piena autonomia, alla RSU.
A conferma di tale interpretazione, secondo cui il potere di dichiarare la eventuale decadenza è posto in capo solo alla RSU di cui fa parte il componente di cui si sostiene essere intervenuta la decadenza, si deve ricordare quanto espresso dall’ARAN con la nota dell’8/4/2004 – Prot. 3072 laddove afferma che “L’art. 9
dell’Accordo collettivo quadro del 7 agosto 1998 sulla costituzione delle RSU nei comparti e relativo regolamento elettorale, disciplina i casi di incompatibilità prevedendo che la carica di componente della RSU sia incompatibile con qualsiasi carica in organismi istituzionali o carica esecutiva in partiti e/o movimenti politici.
In sostanza il suddetto art. 9, nel testo letterale, si limita ad individuare alcune fattispecie rinviando la concreta individuazione delle incompatibilità, non solo a quanto previsto in materia nei singoli statuti delle organizzazioni sindacali che presentano i candidati in sede di elezione, ma anche in ragione della peculiarità
dei singoli comparti e dei relativi ordinamenti. Non esiste, pertanto, una casistica delle incompatibilità, né l’Aran può definirla in quanto la natura endosindacale e unitaria della RSU, organismo elettivo di rappresentanza dei lavoratori che assume le decisioni a maggioranza dei propri componenti, esclude che altri soggetti
(Aran, Amministrazioni, Organizzazioni sindacali) possano direttamente intervenire sulla sua composizione e sul suo funzionamento. In sostanza la RSU, una volta eletta, vive di vita propria e agisce autonomamente.
Pertanto, nel caso in cui si rilevi una incompatibilità, è esclusivamente in capo alla RSU il compito di dichiarare decaduto il componente e di provvedere alla sua sostituzione, dandone comunicazione all’Amministrazione e ai lavoratori interessati…”
Detta incompatibilità pur non essendo rilevabile dalla Federazione, ma dalla stessa RSU, dovrebbe comunque essere anticipata dal Presidente e dai consiglieri dell’OPI che non dovrebbero candidarsi ben sapendo che in caso di elezione dovrebbero rinunciare secondo quanto indicato anche dall’ARAN.
CIRCOLARE FNOPI N. 32/2018 DEL 26 Aprile 2018