“”Assumo la Direzione di Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, consapevole delle risposte che il nostro ente deve essere in grado di fornire ad un sistema sanitario quale è quello italiano che – sia pure considerato,a ragione, uno dei migliori a livello internazionale – presenta, però, a tutt’oggi, alcune criticità che devono essere affrontate con urgenza.
Tra le priorità che l’Agenzia si trova di fronte c’è sicuramente il potenziamento del suo ruolo nel favorire la creazione di un sistema di valutazione nazionale, una necessità improrogabile per tutti gli attori del sistema, per gli stakeholders, per coloro che erogano le prestazioni, ma anche, e soprattutto, per i cittadini. Occorre, infatti, costituire un sistema in grado di monitorare e promuovere l’efficacia e l’efficienza delle strutture, di contribuire al miglioramento continuo della qualità e della sicurezza delle prestazioni, di supportare lo sviluppo di politiche atte al perseguimento di questi obiettivi e, da ultimo, ma dovrei dire al primo posto in ordine di importanza, di rendere disponibili ai cittadini informazioni utili per le decisioni che devono prendere in merito alla propria salute. Per raggiungere questi obiettivi, saranno oggetto di valutazione non solo la qualità e l’appropriatezza dei servizi, ma anche la capacità delle strutture di operare per la prevenzione del rischio clinico, l’aderenza alle linee guida clinico-organizzativo, la disponibilità ad attuare i processi di valutazione delle tecnologie (HTA), un settore nel quale l’Agenzia intende sempre più collocarsi come punto di riferimento a livello nazionale.
In sintesi, in adempimento del mandato assegnato all’Agenas dalla Conferenza Unificata (cfr. Indirizzi di attività, deliberati dalla Conferenza Unificata 20 settembre 2007) ed in accordo con il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali e con le Regioni, si procederà a monitorare non solo la qualità delle prestazioni in tema di salute, ma anche le modalità attraverso le quali esse vengono erogate, gli output, nonché il livello di soddisfazione degli operatori e dei cittadini. La seconda priorità, che assume nel contesto attuale assoluta rilevanza, è quella dell’impegno dell’Agenas nelle attività collegate ai Piani di rientro.
L’Agenzia ha, finora, svolto un ruolo molto apprezzato dalle Regioni che sono alle prese con i Piani di rientro, fornendo consulenza qualificata e facilitando i contatti con esperti di altre Regioni, soprattutto in Sicilia e in Molise; in questo momento, stiamo avviando anche una positiva collaborazione con il Lazio.
Riteniamo, nell’immediato futuro, di implementare questa funzione con sempre maggiore impegno, poiché, indubbiamente, questo ruolo di “facilitatore” rientra appieno nel mandato dell’Agenzia, da sempre soggetto “terzo” tra le istituzioni centrali e quelle regionali. Da ultimo, ma non per importanza, tra le priorità che l’Agenzia si trova di fronte, c’è sicuramente la conclusione della fase transitoria che prevede il passaggio all’Agenas delle attività di formazione collegate all’Ecm (Educazione continua in medicina).
A questo scopo, stiamo completando il processo di riorganizzazione necessario a trasferire completamente l’Ecm all’Agenzia, e, in accordo con la Direzione Generale del Ministero, abbiamo definito tutte le procedure da seguire in vista del raggiungimento, nei prossimi mesi, di questo obiettivo, compresa l’acquisizione di nuovi locali e l’eventuale trasferimento di dirigenti e funzionari, attualmente in forza al Ministero, che riterranno di continuare a seguire quest’attività.
La formazione è, a mio avviso, un tema assolutamente rilevante, poiché essa coniuga in sé molti degli aspetti a cui accennavo precedentemente; infatti, se intendiamo procedere sulla strada del raggiungimento di una maggiore qualità dei servizi erogati e della diffusione di “buone pratiche”, le attività formative assumono un’importanza determinante in relazione alla valutazione delle prestazioni, alla riorganizzazione dei servizi ed anche a tutte quelle azioni tese a “invertire la rotta” in quelle Regioni che oggi si trovano in difficoltà. Si tratta, quindi, di procedere rapidamente al potenziamento delle iniziative di Ecm,al riconoscimento delle attività di formazione “sul campo” e allo sviluppo di quelle legate alla formazione a distanza (Fad). Inoltre, dobbiamo considerare che il tema della formazione costituisce già ora, in materia di gestione del personale dipendente del Ssn, uno strumento motivazionale del personale stesso, anche se, a tutt’oggi, non sempre questo istituto viene applicato coerentemente.
A questo proposito, infatti, è sorprendente rilevare che,ancora oggi, nelle Aziende molte volte non è neanche investito l’1% del monte salariale che il contratto prevede come soglia minima da investire per i dipendenti del Servizio sanitario; la formazione incide, infatti, per meno dell’1% del monte salari, una percentuale ancora bassa, se pensiamo che la “manutenzione” delle attrezzature tecniche incide per più del 5% annuo del costo di investimento. Come dire che il capitale umano ha minor attenzione “manutentiva” nelle scelte aziendali, rispetto a quello del patrimonio tecnico!
LA GESTIONE DEL CAPITALE UMANO NELLE AO E NELLE ASL
Venendo a parlare del tema che è oggetto di approfondimento di questo numero di Monitor, quello della contrattazione integrativa nelle aziende sanitarie, dobbiamo tener presente che la gestione del personale dovrebbe assumere particolare rilevanza nelle politiche aziendali, perchè incide pesantemente sull’efficienza e anche sull’efficacia delle Aziende e delle Regioni. Occorre infatti rilevare che, sul piano dei costi, la spesa per il personale costituisce oltre il 50% del bilancio di un’Azienda sanitaria locale (depurando il bilancio Asl dalle partite di giro) e, nel caso di una Azienda ospedaliera, si raggiunge una spesa anche superiore al 60% del totale.
Nonostante la rilevanza del tema, tuttavia, non sempre esso assume la caratteristica di priorità per le amministrazioni. Infatti, già nel Piano sanitario nazionale del 2002-2004, si osservava che : “Il ‘capitale umano’,ossia il personale del Ssn, è quello che presenta aspetti di maggiore delicatezza (…). La P.A. non rivolge sufficiente attenzione alla motivazione del personale e alla promozione della professionalità e molti strumenti utilizzati a questo scopo dal privato le sono sconosciuti (…)” Per quanto attiene al rapporto pubblico privato in termini di retribuzione, relativamente ai dirigenti, non si tratta poi di realtà così distanti. A questo riguardo, è, forse, utile citare alcune considerazioni tratte dal recente Rapporto Ocap1 , in particolare là dove viene riportato il confronto tra i livelli retributivi della dirigenza pubblica e quelli della dirigenza privata, considerata quest’ultima suddivisa in vari comparti (chimica, meccanica, commercio, intermediazione finanziaria etc).
Dai dati citati nel rapporto, si rileva che gli stipendi dei dirigenti pubblici,anche per effetto della quota variabile delle retribuzioni, sono allineati, se non superiori,a quelli di molti comparti del privato. Peraltro, l’utilizzo reale della parte variabile dello stipendio, in particolare per posizione e risultato, presenta notevoli differenze tra pubblico e privato. Mentre sul piano puramente teorico i fondi di stipendio variabile sono anche più elevati nel mondo pubblico, l’utilizzo sostanziale è invece notevolmente meno aggressivo. In primo luogo anche nel pubblico sarebbe possibile graduare le posizioni dirigenziali in modo coerente con quello che “il dirigente è” all’interno dell’azienda, cioè pesando la posizione in rapporto all’importanza della stessa per l’azienda; è possibile anche attraverso lo stipendio di risultato premiare quello che “il dirigente fa” anche in modo molto differenziato fra i vari dirigenti.
In realtà, anche se il contratto prevede che con le OOSS vengano definiti solo “criteri generali” per l’applicazione aziendale di tali istituti contrattuali, spesso le Aziende sono “cedevoli” e contrattano anche aspetti di dettaglio con le OOSS, prevalentemente orientati alla distribuzione uniforme e non differenziata. Analogo discorso può essere fatto per quello che riguarda il personale del comparto. Le posizioni organizzative, infatti, inizialmente non furono attivate perché erano in competizione con le progressioni orizzontali. Poiché il fondo che finanziava i due istituti era lo stesso, le Organizzazioni sindacali hanno privilegiato (naturalmente con le Aziende quasi sempre consenzienti) le progressioni orizzontali e quindi hanno chiesto, e quasi sempre ottenuto, di avere un numero di progressioni orizzontali pari al numero dei dipendenti del comparto rendendo, nei fatti, inutile la valutazione del personale prevista obbligatoriamente dalle disposizioni contrattuali.
I fattori sulla base dei quali occorreva orientare la valutazione del personale, all’interno dell’Azienda erano tre: impegno, capacità, arricchimento professionale. In concreto, quindi, alla luce delle disposizioni stabilite nella contrattazione nazionale, nelle politiche di gestione delle risorse umane che le aziende attuano (o dovrebbero attuare) per quanto riguarda le misure da destinare a premiare la qualità individuale, questi tre (validissimi) criteri generali andrebbero declinati alla luce di diversi fattori che premino la coerenza dei comportamenti individuali con i criteri generali stessi. Tuttavia, nel sistema di valutazione permanente attuato in quasi tutte le Aziende, in realtà, è stata usato soprattutto il criterio dell’anzianità di servizio con la conseguenza che lo stipendio legato alla progressione orizzontale o è stato assegnato a pioggia a tutti oppure, se il fondo non era sufficiente per tutti i dipendenti, si è utilizzata l’anzianità di servizio. Relativamente alla produttività si è spesso scelto di assegnare gli stessi importi per categoria e per livello, nei fatti snaturando l’istituto che vuole proprio premiare il diverso contributo individuale o d’equipe alla produttività.
Nel Focus on di questo numero della rivista abbiamo voluto presentare alcune esperienze realizzate, invece, in direzione diversa in alcune situazioni territoriali: nel settore pubblico nella A.O. di Crema e in quello privato nell’Hss, a dimostrazione che le Aziende possono – e lo dico anche sulla base della mia esperienza personale di Direttore Generale di Azienda Sanitaria Locale e anche Ospedaliera – far valere nella contrattazione i propri orientamenti per premiare quelle strutture che più corrispondono alle priorità della politica aziendale. Senza rigidità, ma con flessibilità, muovendosi nella forma esplicita che caratterizza il pubblico rispetto al privato, si può arrivare a definire una valutazione “meritocratica” sia per il personale dirigente che per il personale di comparto.””
Fulvio Moirano su http://www.agenas.it/images/agenas/monitor/monitor_23.pdf
*Direttore Generale ATS Sardegna