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Due neurochirurghi sottoposti a sanzione perché in contrasto con le decisioni del primario su una terapia a un paziente con tumore. Assemblea intersindacale: “Ricorreremo al giudice del lavoro”

Bufera all’ospedale Civico di Palermo dopo la decisione dell’ufficio disciplinare di sospendere per dodici giorni senza stipendio due neurochirurghi “colpevoli” di aver suggerito a un paziente con tumore una cura farmacologica al posto dell’intervento chirurgico programmato dal primario del reparto. Oggi pomeriggio oltre trenta tra rappresentanti sindacali e dipendenti si sono riunito nell’aula multimediale dela struttura per chiedere il ritiro del sanzione. Tutti i sindacati medici e sanitari, tranne la Uil, hanno firmato all’unanimità un documento nel quale “esprimono ferma condanna del giudizio della commissione disciplinare che, non attenendosi a nessun regolamento aziendale, articolo di legge o di contratto nazionale della dirigenza, ha voluto colpire la dottoressa Luisa Grippi e il dottore Vincenzo Scaglione, rei soltanto di avere fatto il loro dovere”.

Le associazioni sindacali ritengono che “sia stato violato il diritto all’autonomia professionale” garantito per legge e che “si voglia introdurre con tale sanzione una logica oscurantistica in base alla quale il paziente non abbia più il diritto di  essere informato sulla propria patologia e sulle varie possibilità terapeutiche e il medico non abbia più il dovere di dare una corretta informazione al paziente dopo averlo visitato”. Nel documento durissimo sottoscritto da Cgil medici, Cisl medici, Anaao, Cimo, Fesmed, Fials-Confsal, Anpo-Ascoti e Fials medici, si parla anche del clima irrespirabile in corsia e del “malessere che alcuni operatori di Neurochirurgia sono costretti a subire”, con l’invito al manager e al direttore sanitario di intervenire “nell’interesse dei pazienti e dell’azienda per ripristinare il clima di serenità necessario per curare al meglio i pazienti”. I sindacati annunciano inoltre lo stato di vigilanza  a protezione dei pazienti e dei medici “che vogliono poter esercitare la loro professione secondo regole di autonomia professionale nel contesto di regole scientifiche condivise e non imposte.

Tutto è cominciato a luglio con una lettera di giovane di 35 anni indirizzata al primario Natale Francaviglia. Nella nota l’uomo parla dello stato d’animo di “angoscia” con cui ha affrontato l’intervento a causa delle “divergenze diagnostiche” tra i medici. Colpito da un macro adenoma ipofisario (conosciuto anche come prolattinoma), si reca in ospedale per il prericovero e viene visitato dalla dottoressa Grippi che — sostiene — gli prospetta la possibilità di un trattamento farmacologico per ridurre il tumore, prima di tentare l’intervento. Di fronte alle sue perplessità, il medico dice che l’operazione è comunque una buona soluzione. Una settimana dopo, nel giorno del ricovero, anche il dottore Vincenzo Scaglione parla al paziente dell’opportunità di provare prima un trattamento farmacologico, come prescrivono le linee guida anche in presenza di grandi tumori.

Il primario, però, è di un altro avviso e denuncia all’ufficio di disciplina “l’ennesimo tentativo di screditare la mia professionalità e la mia stessa credibilità” spingendo il paziente a “rifiutare l’intervento”.

Il procedimento parte. I due chirurghi, difesi dall’avvocato della Cimo Cristiano Dolce e dalla Cgil, respingono le accuse: hanno solo manifestato “stupore” per la decisione di non provare la terapia con i farmaci. La commissione presieduta da un architetto, Antonio Bono, si spacca. Il nefrologo Ugo Rotolo, l’unico “non graduato”, preme per l’archiviazione: “Non si evidenzia — scrive — alcuna condotta lesiva dell’immagine dell’unità operativa e del direttore” ma anzi i chirurghi avrebbero agito «nell’interesse primario dello stato di salute del paziente”.

Una posizione ben diversa dagli altri membri. Per il presidente e i primari Alberto Maringhini e Francesco Di Gesù “in nessuna struttura sanitaria, pubblica o privata, italiana o non italiana un medico dello staff discute sulle opportunità terapeutiche con il paziente, criticando le scelte fatte da altri professionisti”. Passa a maggioranza la linea della sanzione, ma la decisione finisce sotto il fuoco dei sindacati. Intanto il provvedimento è stato sospeso per 15 giorni.

Solo l’ultimo atto di una battaglia che da anni si combatte nel reparto dei veleni, dove medici e primario sono ai ferri corti. I due chirurghi sotto accusa, Luisa Grippi e Vincenzo Scaglione, hanno più volte denunciato, insieme con il collega Giancarlo Perra, “condotte illegittime” del direttore Natale Francaviglia, dalla violazione della privacy dei pazienti a veri e propri atti di mobbing nei loro confronti. Sul reparto pende poi una maxi- inchiesta dei carabinieri del Nas che hanno sequestrato oltre duecento cartelle cliniche: tutto ruota intorno all’uso della fluorescina sodica, una sostanza utilizzata da Francaviglia per “illuminare” i tumori al cervello durante le operazioni. Un uso che — avevano denunciato i deputati grillini all’Ars in un esposto — è ancora sperimentale e di cui molti pazienti non sarebbero stati informati. L’inchiesta è ormai alle battute finali: i militari hanno consegnato al ministero un ampio fascicolo.

(http://palermo.repubblica.it/cronaca/2016/11/07/news/medici_sospesi_al_civico_di_palermo_i_sindacati_grave_attacco_all_autonomia_-151546091/)

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