Il caso delle presunte morti “indotte” dagli amanti diabolici, medico e infermiera, a Saronno presenta risvolti penali e deontologici, investe anche vertici medici della struttura e interessa gli ordini professionali. Il Presidente dei collegi infermieristici Barbara Mangiacavalli ha depositato alla Procura di Busto Arsizio un atto d’intervento a tutela della collega che ha consentito di far luce sulla vicenda. Ora si ipotizzano fino a 35 morti “sospette”, per le quali il responsabile di ps dell’ospedale di Saronno Leonardo Cazzaniga è accusato con l’infermiera Laura Taroni. Ma già nel 2013 i comportamenti di Cazzaniga erano stati denunciati da due infermieri al direttore sanitario. Quest’ultimo – indagato per omessa denuncia e favoreggiamento – pur ammettendo che Cazzaniga utilizzasse farmaci “pericolosi” e con dosaggi “non comuni”, aveva archiviato la segnalazione affermando che nel medico «non si ravvede un comportamento in modo chiaro ed inequivocabile discordante con il codice etico e deontologico professionale». In una telefonata in possesso degli inquirenti poi era risultato sapesse che Cazzaniga si autodefiniva in reparto “l’angelo della morte” ed aveva necessità di disintossicarsi dalla cocaina. L’accusa sottolinea inoltre che nel corso del lavoro della commissione interna istituita dal direttore sanitario (di 5 medici indagati anch’essi) non erano stati sentiti gli infermieri segnalanti, né altri infermieri che avevano assistito Cazzaniga nè per l’accusa “è stata esaminata alcuna documentazione medica ulteriore rispetto ai verbali di ps”. Infermieri che denunciano e medici che non ravvisano misfatti: siamo in presenza di codici deontologici impostati, o magari interpretati, diversamente?
Per Luca Benci giurista ed esperto di temi deontologici in sanità, la risposta è no. «Siamo nel campo del dolo professionale. Quest’anno c’è stata un’esplosione di casi dolosi in corsia a partire dai filmati nelle Rsa con operatori che malmenavano gli ospiti, fino all’infermiera condannata a Lugo per aver procurato la morte di un paziente (ma era indagata anche per altre morti, ndr). Senza dimenticare le indagini a Piombino su un’altra infermiera. Ora, nessuno dei Codici deontologici contempla il dolo, né di medici né di infermieri. Del resto non è tenuto a farlo. Potrebbe occuparsene solo con norme sovrabbondanti, sproporzionate. Sia il Codice deontologico medico sia quello infermieristico si interessano, per le fattispecie di rilevanza penale, di comportamenti colposi e di carenze dei sanitari e dell’organizzazione, o tutt’al più di fatti eutanasici giustificabili come misure “pietose”.
E quando il Codice degli infermieri invita l’iscritto all’Albo all’articolo 48 a comunicare carenze o disservizi ai responsabili della struttura o a segnalare al Collegio (articolo 51) condizioni limitanti la qualità delle cure o il decoro dell’esercizio professionale, si riferisce ad aspetti relativi al rapporto professionista-azienda ma non mira certo ad intercettare situazioni come quelle descritte dalle cronache». «Quanto piuttosto colpisce in queste vicende – continua Benci – è la presunta mancata attività dei vertici aziendali: sapevano e non hanno denunciato? Se i fatti di Saronno fossero dimostrati -in questi casi la cautela è indispensabile, gli elementi spesso sono pochi, le sentenze pronunciate per lo più su base indiziaria – ci si interrogherà sull’attività, in tal caso evidentemente inadeguata, della commissione di sanitari incaricata di riferire sull’operato del dottor Cazzaniga. Per l’attività delittuosa dell’infermiera di Lugo la Procura ipotizza il concorso in omicidio volontario per due apicali – primario e coordinatore infermieristico – accusati di non aver prevenuto l’evento e, in automatico, indagati per averlo indirettamente cagionato. In un convegno da me organizzato a Firenze la scorsa primavera è emersa proprio la difficoltà a studiare una strategia di prevenzione di questi “crimini bianchi”.
Da una parte il Parlamento preme per una legge che introduca l’obbligo di filmare l’attività del personale di asili, materne, Rsa; dall’altra se si arriva alle telecamere siamo in presenza di un’attività praticata da tempo, e non prevenuta dall’organizzazione della struttura. Noi dovremmo mirare proprio a capire se possano essere messe in atto buone pratiche di prevenzione. A chiederci, se esistano, in un’organizzazione sanitaria, sensori (a partire dal burn-out dell’operatore) che portino a individuare precocemente comportamenti criminosi e a denunciarli».
Mauro Miserendino SU http://www.doctor33.it/politica-e-sanita/caso-saronno-il-giurista-diversi-comportamenti-di-medici-e-infermieri-indipendenti-da-codici/