Ai romantici.
Ai professionisti che stanno accanto a chi ne ha bisogno con competenza, per le conoscenze acquisite durante l’università, per la capacità di mettersi nei panni dell’altro per comprendere meglio il suo bisogno e aiutarlo a risolverlo nel modo più adatto.
A chi ha compreso che non esiste solo un concetto di Salute, ma che sulla base di princípi etici di beneficità – non maleficità, equità, giustizia, solidarietà, autonomia… esistano tanti concetti di Salute per ciascuna delle anime che popola la terra.
Agli infermieri miei colleghi, a tutti i nostri colleghi della Sanità, medici, tecnici di laboratorio, terapisti di riabilitazione, assistenti sanitari e ai colleghi tutti che hanno sempre rappresentato per i cittadini un punto di riferimento, perché quanto più si hanno strumenti, tanto più si è “a servizio di…”.
A tutti questi miei colleghi che hanno risposto con competenza alle domande più difficili, con delicatezza a quelle più spinose e con pazienza a quelle più sciocche.
A coloro che si sono stupiti, ogni volta, di sentire gli stessi timori, le stesse ansie, gli stessi dubbi rispetto ad una procedura, e se magari avessero guardato un po’ meno TV e letto più giornali forse avrebbero un senso critico diverso.
A noi che spesso ci siamo sentiti dire “Dottoressa, ma lo sa che così non me lo avevano spiegato…?”, e ci scalda il cuore la sensazione di esserci presi cura di un bisogno poco considerato, quello della “sicurezza”.
A tutti noi che abbiamo spesso raccolto i ricordi e i racconti di atteggiamenti sgraditi da questo o quell’altro Professionista della Salute, a noi che ogni volta ci chiediamo se le riflessioni sull’etica vengano davvero effettuate nel corso di studi e con quale consapevolezza.
A noi che tuttavia ci ostiniamo a cercare un dialogo, perché ci sembra impossibile non riuscire ad aprire brecce nell’incomunicabilità e nella limitatezza delle prese di posizione.
A chi come me, ha spesso lasciato indietro i propri dubbi per sostenere gli altri con successo e nel momento nel bisogno ha confidato nel professionista che aveva di fronte, con la fiducia di poter essere ascoltata, accolta in modo tale da poter ragionevolmente smontare un dubbio che si stava trasformando in paura.
Agli appassionati come me dico: non avete capito un cazzo. A me stessa lo ripeto, povera illusa, dopo 20 anni di Sanità Pubblica insisti ancora?
Oggi ho avuto paura.
Paura delle stesse paure dei miei pazienti, paura che “magari l’eccezione sono io, ma io ho tre figli, se mi succedesse qualcosa”.
Ho chiesto riscontro al “collega”, che è riuscito ad umiliarmi, come mi raccontavano quei pazienti e proprio come loro sono rimasta ferita, anzi, pietrificata.
Deltoide sinistro scoperto, meglio del destro non si sa mai, mentre l’angioletto della spalla destra iniziava a snocciolare le ragionevoli motivazioni a sostegno del vaccino e intanto mi strattonava, “cazzo Ile proprio tu che adesso ti caghi?”.
Riprendeva il diavoletto a sinistra, ” gli hai fatto una domanda, non ti ha risposto, ti ha detto un’altra cosa e ti ha trattato come un scema, gli hai ripetuto la domanda e ti ha trattato male”.
La diatriba tra angioletto a destra e diavoletto a sinistra si è conclusa con un deltoide stupito, ( in effetti non mi fa così male), con un dubbio irrisolto rispetto al possibile peggioramento delle mie varici, e con una verità confermata, ossia che avevo di fronte un coglione.
Vero è che, a distanza di qualche ora e con la mente un po’ più rilassata ( a quest’ora sono stravolta), mi rendo conto che il mio dubbio era di scarsa entità.
Ma avevo un bisogno di rassicurazione che non è stato considerato.
A tutti quelli come me che credono nei Valori Etici Professionali, raccomando cautela, poiché spesso i valori sono intesi in modo pretestuoso, perché riflettere su di essi non porta a risposte, ma solo ad altri dubbi, e perché per sostenere la realtà del dubbio è necessario porsi allo stesso livello dell’interlocutore, per trovare insieme a lui una possibile soluzione.
Ci vuole il fisico, insomma.
Raccomando ai miei colleghi romantici, di proteggere i propri dubbi e donarli solo a chi se li merita.
E conservo in cuore mio la speranza che i sopracitati “coglioni” possano convertirsi al dubbio, imparando a dare un nome ai propri, e a convivere con essi.
La vedo dura però…
Lettera firmata