Dirty work, ma qualcuno lo deve pur fare. Ci prendiamo quindi una breve licenza: disquisire un solo momento sulla condizione di quelli che possiamo definire “gli sfigati” del web, luogo virtuale quanto la materia che non azionano e dove possono liberamente ritrovarsi per parlare dei tormenti che li assalgono e pervadono. Quelli del bar dell’insinuazione, del dileggio, della calunnia, del prosciutto in un occhio e della trave nell’altro. Più della sostanza del tormento, la fa da padrone la rabbia. Per superarla, accantonarla, trasformarla in energia positiva e propositiva, gli sfigati devono fare i conti solo con se stessi, fare fronte alle loro angosce e assimilarle.
Prendiamo atto di vedere cultori del rispetto del prossimo rovinati dalla paura di non riuscire ad esplicare il fenomeno #noisiamopronti, trascorrendo ore e ore a disamine le più disparate possibili, assurgendo al ruolo di mandanti di una delegittimazione a comando e facendo della lamentazione un brand.
In nessuna riga dei commenti delle 29mila voci di #noisiamopronti, è dedicata una sola parola di attenzione verso i Ponzio Pilato del III° Millennio nell’improbabile ma documentato tentativo di aizzare quattro gatti quattro al grido di “chi calunniamo oggi, Bologna o Collegio?”
“Assistiamo” al passaggio di un estremo ad un altro, dal dovere del dissenso al diritto all’insulto. In mezzo, fasi di vita “specialistica” che non riescono a tradurre.
Siamo fortunati nell’attestare che l’istanza di ricostruire culturalmente una comunità professionale qualcuno doveva pure recepirla, con una attività che se porterà dei risultati sarà per tutti e forse per quelli che arriveranno dopo.
Possono abbandonare lo status di “sfigati” gli sfigati stessi? Certamente si, così come potrebbero rientrarci in qualsiasi momento: niente è per sempre.
Vivono fasi emozionali che portano importanti peggioramenti della loro autostima perché introiettata psicologicamente la perdita di “chance” come una negazione voluta da terzi, mentre sorvolano sul fatto che se sono avulsi dal movimento, è a volte per autoestinzione.
Gli sfigati, rispetto a #noisiamopronti:
- negano di non comprendere cosa sta accadendo nella comunità infermieristica
- urlano ai quattro venti che loro non hanno bisogno dell’#
- strepitano che l’# stesso ricerchi piuttosto che il dialogo con la sostanza, il privilegio di un rapporto con una elitè
- non si interrogano sul come mai siano nel posto sbagliato al momento giusto
- non si domandano il perché altri possano apprezzare il tentativo di recupero di una identità professionale non indotta dai giornalai ma spontanea
- non cercano il confronto ma lo scontro
- non individuano opportunità per risolvere il dilemma e migliorarsi
- non si accettano per quel che sono
- più nè parlano, più nè legittimano il ruolo
Giornalai, professori, demansionati in pectore, dequalificati ad honorem: tutti addosso alla giacchetta di Pietro Giurdanella, salvo poco preoccuparsi dei reperti fossili di archeologia infermieristica negli scranni da vent’anni o dei distaccati sindacalmente, ma funzionali al disegno commissionato. Di questi, il conflitto d’interesse non lo si coglie… Anzi, con questo genere di interlocuzione docenze, collaborazioni, audit, sono privilegiate.
“Do ut des: si cedono qualcosa affinché si diano qualcosa in cambio”.
Il significativo sproloquio di ieri di un iscritto al Collegio IPASVI BG classe 1989 contro il Presidente di IPASVI BO entra a buon diritto in questa direzione.
Bastava verificare prima: risultano agli atti ad oggi 4 Gennaio 17 nessuna delega sindacale, nessun incarico sindacale, nessun introito dall’attività istituzionale. La dichiarazione “dai tre ai novemila euro” della posizione organizzativa “sangue nostro”, sono la prova provata della strumentalizzazione contro la persona e il professionista di un contesto aziendale differente da quello del commediante.
Commediante classe 1989 e sfigato 2017: parli del prossimo senza conoscere i fatti o, scientemente, proprio perché i fatti dicono tutt’altro. Prossimo giro, suonare al campanello corretto.