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Con sentenza n.124, depositata il 3 ottobre 2016, resa a seguito di un’ordinanza del Consiglio di Stato che aveva sollevato la questione di costituzionalità, la Corte costituzionale si è pronunciata in tema di vicedirigenza nel pubblico impiego,

 figura istituita dall’art.17-bis del d. lgs. n.165 del 2001 e poi soppressa dall’art.5, comma 13 del d.l. n.95 del 2012, disposizione, quest’ultima, che il giudice remittente ha ritenuto, per più profili, affetta da incostituzionalità.

Nel merito, la Corte costituzionale, ritenendo le questioni non fondate, ha escluso che nel caso di specie si sia verificata ”violazione dei diritti a un giusto processo”, dato che il predetto art.5 del d.l. 95/2012 è intervenuto in un ambito lasciato aperto a un successivo intervento del legislatore, onde si giustifica la mancata esecuzione degli obblighi imposti da un precedente giudicato amministrativo (Tar Lazio n. 4266/2007).

La Corte ha parimenti escluso la “violazione del diritto di ciascuno degli interessati al rispetto dei propri beni”, considerato che la norma in questione non ha comportato, come invece lamentato dagli interessati, “un’ingerenza nell’esercizio dei diritti che i ricorrenti potevano far valere in virtù di una sentenza passata in giudicato e della quale era in corso l’esecuzione”, stante che la predetta sentenza del Tar non ha attribuito un’aspettativa legittima a ottenere la qualifica di vicedirigente e il conseguente maggiore trattamento economico.

La Corte non ha, altresì, ritenuto fondato il secondo gruppo di questioni, ossia quelle secondo cui l’art. 5 comma 13 in discorso sarebbe da considerare alla stregua di una legge-provvedimento diretta a impedire l’attuazione del giudicato della sentenza n. 4266/2007 del Tar Lazio, in quanto la disposizione censurata non è effettivamente ascrivibile alla categoria delle leggi-provvedimento, non avendo la disposizione medesima, alla stregua della giurisprudenza della stessa Corte costituzionale, quel contenuto particolare e concreto, tale da produrre effetti nei confronti di destinatari determinati o di un numero limitato di soggetti.

Ed invero, nel caso di specie, la previsione dell’area della vice dirigenza aveva una platea di destinatari assai ampia, in quanto comprendente il personale di tutto il comparto dei ministeri, nonché di tutte le altre amministrazioni indicate dal d.lgs. 165/2001 (art. 1 comma 2) in possesso dei requisiti richiesti.

Anche sul piano oggettivo, precisa la Corte, risulta evidente da quanto testé detto che l’art. 5 comma 13 non ha affatto “un contenuto particolare e concreto” ma, al contrario, detta la regola, di carattere astratto, secondo cui la vicedirigenza non è (più) prevista nell’organizzazione del lavoro pubblico. Da ultimo, sono state ritenute altresì infondate tutte le questioni secondo cui la disposizione censurata avrebbe invaso l’area riservata alla funzione giurisdizionale, per aver vanificato gli effetti di una pronuncia giurisdizionale divenuta intangibile, stante che la norma ha invece operato solo sul piano delle fonti generali e astratte senza vulnerare le attribuzioni riservate ai giudici.

Fallito il tentativo di resuscitarla attraverso la Corte costituzionale, a questo punto la vicedirigenza, istituita con una norma di legge e mai applicata, deve considerarsi definitivamente morta e sepolta.

https://ilfoglietto.it/notizie/giurisprudenza/sentenze/4935-la-corte-costituzionale-scrive-la-parola-fine-sulla-vicedirigenza.html

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