Skip to main content

La presidente della Federazione Ipasvi, Barbara Mangiacavalli, analizzando il provvedimento e sottolineando i possibili ulteriori sviluppi per la professione infermieristica, ha ricordato i passaggi dove il ruolo dell’infermiere è già evidente, come il welfare socio-sanitario con livelli progressivi di intensità di cure per l’assistenza prevista. Per l’assistenza domiciliare integrata ai malati cronici non autosufficienti, si passa dal livello base all’alta intensità che corrisponde all’ospedalizzazione domiciliare. Si tratta di prestazioni professionali prevalentemente di tipo medico-infermieristico-assistenziale ovvero prevalentemente di tipo riabilitativo-assistenziale. E il Dpcm sui Lea prevede per l’integrazione sociosanitaria, che le cure domiciliari siano integrate da prestazioni infermieristiche e di assistenza professionale alla persona.

Tuttavia, ha sottolineato anche come in alcuni passaggi ancora sembra esserci un ‘distacco’ anche rispetto ad altri provvedimenti già approvati e in molti punti nevralgici del nuovo panorama dell’assistenza che i Lea disegnano la figura dell’infermiere, che sarebbe propria del singolo intervento, sembra essere dimenticata. E’ il caso delle cronicità, in cui gli infermieri nei Lea sono un livello poco citato, mentre lo sono a pieno titolo e con piene funzionalità nel piano specifico approvato anche dalle Regioni.

E c’è poco sul versante della prevenzione, dove manca tutto ciò che fin dal 1994, nel profilo professionale, è prerogativa dell’infermiere nel momento in cui si afferma che fanno parte delle caratteristiche della professione “le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie, l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l’educazione sanitaria”.

Nell’audizione, Mangiacavalli è entrata di più nel merito del provvedimento, illustrando nel dettaglio tutte le “occasioni perdute” per inserire maggiormente la presenza degli infermieri, spiegando anche il tipo di operatività che questi avrebbero all’interno del sistema nei singoli casi.

 IL TESTO

I Lea sono una realtà importante per il Servizio sanitario nazionale e dopo la loro approvazione la parte più complessa è essere certi che siano davvero garantiti a tutti e ovunque. Un impegno importante per il ministero della Salute, il Governo, il Parlamento e le stesse Regioni che li devono applicare. Ma i Lea rappresentano anche una speranza per quel personale, quei professionisti che ogni giorno hanno fatto di tutto per farli rispettare, nonostante le difficoltà di un servizio sanitario concentrato a quanto pare finora più sulla spesa che non sui risultati della sua mission. Quei professionisti che credono ora nelle promesse del ministro Lorenzin che ha annunciato a breve l’operatività dei nuovi.

Ha esordito così, nell’audizione Ipasvi sui nuovi livelli essenziali di assistenza svolta oggi in Commissione Igiene e Sanità al Senato, la presidente della Federazione degli infermieri, Barbara Mangiacavalli, che ha analizzato il provvedimento sottolineando i possibili ulteriori sviluppi per la professione infermieristica.
Nei nuovi Lea gli infermieri ci sono. In modo nuovo rispetto al passato, gettando le premesse per un ulteriore riconoscimento della professione e della professionalità non in modo subalterno, ma assolutamente paritario con altre professioni sanitarie.
Mangiacavalli ha ricordato che c’è infatti il welfare socio-sanitario con livelli progressivi di intensità di cure per l’assistenza prevista. Per l’Adi ai malati cronici non autosufficienti, si passa dal livello base all’alta intensità che corrisponde all’ospedalizzazione domiciliare. Si tratta di prestazioni professionali prevalentemente di tipo medico-infermieristico-assistenziale ovvero prevalentemente di tipo riabilitativo-assistenziale. E il Dpcm prevede per l’integrazione sociosanitaria, che le cure domiciliari siano integrate da prestazioni infermieristiche e di assistenza professionale alla persona. Queste, erogate secondo i modelli assistenziali disciplinati dalle Regioni, sono a interamente carico del Servizio sanitario nazionale per i primi trenta giorni dopo la dimissione ospedaliera protetta e per una quota pari al 50 per cento negli altri casi.
C’è molto e ci sono molte novità, soprattutto sul territorio. “Ma in alcuni passaggi – ha detto la presidente Ipasvi – ancora sembra esserci un ‘distacco’ anche rispetto ad altri provvedimenti già approvati e in molti punti nevralgici del nuovo panorama dell’assistenza che i Lea disegnano la figura dell’infermiere, che sarebbe propria del singolo intervento, sembra essere dimenticata”.
E’ il caso delle cronicità, in cui gli infermieri nei Lea sono un livello poco citato, mentre lo sono a pieno titolo e con piene funzionalità nel piano specifico approvato anche dalle Regioni.
E c’è poco sul versante della prevenzione, dove manca tutto ciò che fin dal 1994, nel profilo professionale, è prerogativa dell’infermiere nel momento in cui si afferma che fanno parte delle caratteristiche della professione “le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie, l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l’educazione sanitaria”.
“La revisione dei Lea – ha proseguito – è un provvedimento necessario e arrivato fin troppo in ritardo rispetto alla prima versione del 2001, che ha dovuto subire integrazioni e modifiche spot legate alle necessità contingenti del Servizio sanitario nazionale. Tuttavia un provvedimento che non arriva ancora alla piena operatività di un sistema in cui la componente principale sono proprio i professionisti che i Lea devono applicare. In questo modo si va avanti, il progresso c’è, rispetto al passato, ma non nel modo migliore e con il miglior utilizzo delle risorse. Nel modo più appropriato, non solo dal punto di vista clinico, ma anche organizzativo.
Nell’audizione Mangiacavalli è entrata poi di più nel merito del provvedimento, illustrando nel dettaglio tutte le “occasioni perdute” per inserire maggiormente la presenza degli infermieri, spiegando anche il tipo di operatività che questi avrebbero all’interno del sistema nei singoli casi.
“I Lea – ha concluso Mangiacavalli – possono rappresentare l’opportunità di favorire l’introduzione nelle Regioni di nuovi modelli di assistenza in cui, come tutte le analisi nazionali e internazionali attuali sottolineano, l’infermiere assume un ruolo di case e care manager dell’assistenza in team e stretta connessione con le altre figure, ognuno secondo la propria professionalità e le proprie responsabilità e soprattutto in modo coordinato e armonico rispetto ai bisogni di salute reali e alle esigenze dei cittadini”.

SU http://www.ipasvi.it/attualita/lea-audizione-ipasvi-al-senato-come-valorizzare-l-infermiere-id1970.htm

Leave a Reply