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PERMESSI LEGGE 104/92 LE INDICAZIONI DELLA SUPREMA CORTE SULLA LORO CORRETTA FRUIZIONE

L’assistenza alle persone con handicap in situazione di gravità, certificate dalle competenti strutture sanitarie, da parte dei titolari di rapporto di lavoro pubblici o privati, sono trasfuse nelle disposizioni nell’articolo 33 della legge 104/92, così come modificato legge n. 53 del 2000. Al dipendente che dovesse trovarsi in tale situazione possono essere riconosciute alternativamente:
a) due ore di permesso giornaliere;

b) tre giorni di permesso mensile;

c) frazionamento in 18 ore mensili in caso di mancata utilizzazione del permesso di due ore giornaliere.


A fronte del diniego, da parte di un ente pubblico, della richiesta di permesso ad ore richiesto da un dipendente per assistere la madre affetta dal citato handicap grave, regolarmente certificato dalla struttura sanitaria, considerando assentibile esclusivamente il permesso di tre giorni, il dipendente, dopo le sentenze negative sul punto emesse dal Tribunale di prime cure e dalla Corte di appello, ricorre in Cassazione al fine di ribadire il diritto a lui spettante di poter fruire dei citati permessi ad ore (nella forma di due ore giornaliere, ovvero delle 18 ore mensili). In particolare il dipendente si duole di una interpretazione restrittiva operata dalla Corte territoriale, avendo la stessa violato, a suo dire, le suddette disposizioni costituzionali, dando luogo ad una ingiusta discriminazione nella disciplina dei permessi finalizzati all’assistenza di persone gravemente handicappate, pervenendo a conclusioni contrastanti con il cd. principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. In particolare, rileva il ricorrente, a parità di situazioni di handicap grave, mentre alla persona destinataria di un provvedimento formale di affidamento del disabile (minore) sarebbe garantita la possibilità di avvalersi di tutti i benefici previsti dai commi 1, 2, 3, 4 e 5, dell’art. 33 della legge n. 104 del 1992, al parente o affine entro il 3 grado di un disabile maggiorenne sarebbe concesso di poter richiedere esclusivamente il beneficio di cui al comma 3, ovvero i tre giorni di permesso mensile, con grave disagio per lo stesso disabile.

LE MOTIVAZIONI DELLA SUPREMA CORTE

La Corte di Cassazione, Sez. Lav., nella sentenza 27/09/2016 n.18950 non considera fondate le motivazioni contenute nel ricorso del dipendente, relative al rigetto della richiesta di fruizione delle due ore di permesso giornaliero, alla relativa domanda di risarcimento del danno, e alla mancata disapplicazione del relativo diniego del beneficio richiesto, nonché alla prospettazione del sospetto di illegittimità costituzionale, atteso che la questione non è assistita dalla non manifesta infondatezza. Le motivazioni, alle quali è possibile associare alcuni principi di diritto, sono le seguenti:

{C}·   {C}l’art. 33, comma 2, della legge n. 104 del 1992, attribuisce solo ai soggetti di cui al comma 1, e cioè alla lavoratrice madre o al lavoratore padre, anche adottivi, la possibilità di chiedere al datare di lavoro di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino;

{C}·   {C}il comma 1 dell’art. 33, che disciplinava il prolungamento dell’astensione facoltativa per la lavoratrice madre o in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, del minore con handicap in situazione di gravità, è stato abrogato, ed il contenuto precettivo dello stesso si rinviene ora nell’art. 33, comma 1, del d.lgs. n. 151 del 2001 la cui rubrica reca “Prolungamento dei congedi” e regola il congedo parentale per la lavoratrice madre o il lavoratore padre, come previsto per ogni minore con handicap in situazione di gravità;

{C}·   {C}il comma 3 dell’art. 33 sancisce che a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i ‘genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa;

{C}·   {C}il comma 7 dell’art.33 intende equiparare gli affidatari ai soggetti di cui ai commi 2 e 3, fermo restando le condizioni in presenza delle quali trova applicazione il diritto al permesso di due ore giornaliere, che è alternativo, di cui ai comma 2, e il diritto al permesso di tre giorni di cui al comma 3. In altri termini, permesso di due ore giornaliere non spetta nella fattispecie in esame essendo Io stesso riconosciuto, in via alternativa, in relazione al figlio minore affetto da handicap.

CONCLUSIONE
Dalla lettura della normativa sopra evidenziata, operata dai giudici di Palazzo Cavour, ne discende che non sia possibile estendere il permesso ad ore ai familiari o agli affidatari di una persona con handicap in situazione di gravità, mentre ciò è consentito esclusivamente per i genitori o l’affidatario del minore con handicap. Tali conclusioni impongono a tutti gli enti di verificare in modo puntuale i permessi attribuiti ai propri dipendenti che assistono persone con handicap gravi, effettuando le opportune ed obbligatorie distinzioni a seconda della persona a cui gli stessi sono destinati a portare la relativa assistenza.

(13/10/2016) Fonte:www.ilpersonale.it

 

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