Gli ospedali presentano i piani: «Senza risorse sono carta straccia»
Senza risorse aggiuntive, i Piani organizzativi degli ospedali (Poas) rimarranno carta straccia: è questo, in sintesi, il ragionamento condiviso da tutte le parti sindacali. I Piani strategici delle singole aziende prevedono l’integrazione tra ospedale e territorio, ma «il problema sono le risorse. Non si può pensare che la riorganizzazione sia a costo zero», sostiene Andrea Riccò, segretario della Funzione pubblica della Uil. Il timore, insomma, è che la riforma sanitaria resti sulla carta. Ma se i fondi dipendono dalla Regione e dal governo, i piani organizzativi li hanno delineati le singole aziende socio-sanitarie: per ora circolano bozze, ma entro fine mese i Poas dovranno essere definitivi. Uno dei nodi da sciogliere è quello del territorio: «per la cronicità si delinea una gestione migliore – spiega Franco Berardi della Cisl Fp – mentre manca una vera organizzazione dei pazienti che lasciano l’ospedale e necessitano di cure post-acuzie».
Il budget di cura sarà unico: «Potrebbe essere un problema»
A parole, infatti, le Asst dovranno occuparsi non solo di acuti ma anche di territorio, di cronici, di riabilitazione: il budget di cura sarà unico «e questo – sostiene Donatella Albini – potrebbe essere un problema». Per la ginecologa, vicepresidente della Conferenza dei sindaci dell’Ats di Brescia, il rischio è che le spese del territorio erodano i finanziamenti necessari per l’alta intensità, quella tipica di ospedali come il Civile. Ma chi deciderà come investire? «La programmazione la decide Ats – sostiene Riccò (Uil) – ma così è difficile garantire l’autonomia delle Asst». Nei consultori della rete ospedaliera, per esempio, la prevenzione sarà ancora gestita dall’ex Asl. Ecco perché da più parti si invoca una governance che determini un equilibrio, senza che l’Ats comandi sulle Asst (o viceversa). I Poas sono bozze, ma il tempo stringe: il Civile, ad esempio, «ha identificato il numero dei Prest che vorrebbe in Val Trompia, ma non dice ancora quali sono. Un’indeterminatezza – ricorda Stefano Ronchi della Fp Cgil – che dipende però dalla Regione». C’è infine la partita dei medici di base: i diversi Poas hanno poche possibilità di incidere su questa categoria. Sono liberi professionisti, pagati da Ats ma con un contratto nazionale che «dialoga» con Roma. Perciò, il Pirellone può coinvolgerli solo se trova risorse per incentivarli. Ma le difficoltà di comunicazione non mancano: «per rapportarci con gli ospedali – ricorda Angelo Rossi, segretario Fimmg – dobbiamo aprire un canale che passa dall’Ats». La strada, quindi, è ancora in salita .
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