“QUI LE DONNE NON POSSONO SCEGLIERE: NEL SULCIS IGLESIENTE NON SI PUÓ PARTORIRE IN ANALGESIA”
A seguito delll’ultima Conferenza Territoriale Socio Sanitaria di lunedì 15 febbraio, convocata presso la sala polifunzionale di Carbonia, che ha riunito i sindaci del territorio e il nuovo Commissario della ASSL locale Gianfranco Casu, tra le criticità della sanità locale, riemerge un tema importante per la salute delle donne.
Il tema. Non esiste solo il covid-19, né la pandemia deve far dimenticare i grandi problemi che attanagliano la sanità nel Sulcis Iglesiente: è infatti necessario ripristinare a 360 gradi l’attenzione sulla cura dei cittadini e delle cittadine. Per la salute psico-fisica delle donne, esse devono poter ricorrere ad analgesia in travaglio, al fine di avere un maggior grado di consapevolezza e di serenità durante il parto. Si tratta, naturalmente, di una scelta soggettiva cui le partorienti del Sulcis Iglesiente non hanno attualmente diritto di opzione, poiché a tutt’oggi il CTO è privo di questo servizio, la cui assenza genera mobilità passiva verso Cagliari, riducendo il già esiguo numero di parti nel nostro territorio e così le speranze di mantenere nel tempo il relativo servizio sanitario.
I dati. Come è noto, la materia sanitaria è strettamente correlata ai dati demografici. Il Sulcis Iglesiente ha un tasso di natalità pari al 5 per mille su una popolazione di 120 mila euro, quindi pari al numero di 600. Se a dicembre 2020 sono stati registrati 340 parti in un anno (peraltro incrementati di circa il 20% rispetto al 2019), grazie all’introduzione del parto indolore si può auspicare un incremento di questi numeri, necessario al mantenimento del servizio o addirittura a superare la necessità di deroga finora concessa anno per anno, stante il numero minimo di parti all’anno per sostenere il servizio dovrebbe essere 500.
Inoltre, il 12.01.2017 sono stati deliberati i nuovi LEA, che prevedono il parto in analgesia nei reparti di ostetricia (art.38) dando 180 giorni di tempo per organizzarvi e l’indicazione di ridurre i parti cesari al 25% (oggi al 38%) rispetto ai parti naturali, evidenziato dall’accordo Stato Regioni del 16.12.2010 e dalle associazioni sanitarie di categoria. Dal 2017, sono passati 4 anni e mentre l’assistenza alla gravidanza fisiologica grazie al servizio di consultorio ha raggiunto alti livelli, le disposizioni per la parto analgesia sono rimaste lettera morta.
I commenti. «Qui le donne non possono scegliere – queste le parole della Sindaca di Villamassargia, Debora Porrà – non deve essere una battaglia solo delle donne ma di tutti i cittadini del Sulcis Iglesiente per migliorare i servizi sanitari e l’integrazione ospedale-territorio. Mi appello ai decisori regionali, affinché mettano in campo tutte le iniziative atte a potenziare il percorso nascita».
Dalla fase preconcezionale alla gravidanza, dal parto al puerperio sono tante le azioni migliorative che incidono sulla possibilità di scelta delle donne: oltre al parto in analgesia, esistono anche altri metodi non farmacologici di controllo del dolore, che passano per il potenziamento del personale ospedaliero e dei consultori familiari, fondamentali per garantire l’informazione e la sicurezza per madre e bambino.
«Anche nell’ottica di diminuire i parti cesarei, la parto-analgesia è utile per aiutare la donna, perché l’ansia legata al fenomeno meno del dolore interferisce con la fisiologia del travaglio di parto – spiega dott. Gianfranco Altobelli referente scientifico dell’Odv Consultiamoci -. Per fare questo, basterebbe proporre prestazioni aggiuntive agli anestesisti sotto forma di libera professione d’équipe richiesta dall’azienda per sopperire alle carenze di organico, già previsto nel contratto di lavoro dei dipendenti della sanità pubblica».