ASP COSENZA E SANITA’ PRIVATA: SCONTRO FINALE
Le accuse dell’Asp di Cosenza sulla Rsa di Caloveto: «Qualcuno non pensa al servizio pubblico». Ma Scura e Urbani replicano: «Azienda superficiale. E le presunte scelte illegittime sono firmate dal direttore generale».
Rete assistenziale verso la revoca
COSENZA È uno scontro senza precedenti quello che si consuma sull’asse Cosenza-Catanzaro attorno alla sanità privata. Da una parte c’è una lettera del dg dell’Asp Raffaele Mauro, che accusa i commissari al Piano di rientro di aver condotto verifiche insufficienti sui documenti della Rsa di Caloveto. Dall’altra la struttura commissariale, per nulla convinta dell’operato del manager, bollato come superficiale. In mezzo, velati riferimenti a quali attori del proscenio sanitario privilegino gli interessi privati in luogo di quelli pubblici. Se non è il redde rationem ci siamo molto vicini.
IL CASSETTO RIAPERTO Dalla ricognizione, spiega ancora il direttore generale, è saltata fuori «una nota firmata dal direttore generale del dipartimento Tutela della Salute e dal dirigente del settore numero 4 (responsabile del procedimento) che preavvisava il rigetto dell’istanza di voltura dell’accreditamento dalla AssCoop alla società “Clinica Madonna della Catena”. In quale cassetto sono rimasti chiusi questi documenti fino al mese di agosto? Mistero. Ma il quadro, per Mauro, era «completamente mutato». Senza un’istruttoria definitiva e senza un decreto del commissario non poteva confermare le sue scelte. Il “nuovo” fascicolo, però, è piuttosto ricco. E per il dg porta a una sola conclusione: «Dal 9 aprile 2013, l’Asp di Cosenza è pienamente subentrata nella titolarità dell’autorizzazione e dell’accreditamento rilasciata a favore della struttura di Caloveto (costruita con fondi pubblici)». Questo perché, tra le altre cose, il contratto sarebbe scaduto in quella data senza che l’Ati effettuasse «la richiesta di proroga prevista».
L’ATTACCO AI COMMISSARI Mauro, però, non si limita a mettere in fila le carte. Il segno che la frattura è profonda emerge anche in qualche commento. Il manager infatti definisce «strana» la difesa da parte di Scura e Urbani della sua prima delibera (quella che assegnava l’aumento dei posti letto ai Greco) e fa riferimento a una potenziale mancata verifica proprio da parte della struttura commissariale: «Ci si chiede – scrive – come sia stato possibile che la struttura commissariale, pur in presenza di un preavviso di diniego alla voltura firmato nel 2014 dal dg del dipartimento Tutela della Salute, non abbia verificato – in contrasto con i propri doveri di vigilanza – l’illegittima assegnazione dei posti letto alla stessa struttura nell’ambito della delibera numero 1244/2016 (la sua prima delibera) affrettandosi ad approvarla e a discuterla nell’apposito Tavolo di verifica interministeriale». L’annotazione tecnica è preceduta da una sibillina riflessione, per così dire, qualitativa: «Chi legge questa nota può individuare senza sforzi i volti dei soggetti che tutelano gli interessi privati in luogo di quelli pubblici». L’interpretazione è libera: possibile che Mauro usi questi toni nei confronti della struttura commissariale in un atto ufficiale?
«ASP SUPERFICIALE» La risposta di Scura e Urbani è tutto fuorché tenera. La posizione del dg suona assurda ai commissari. Perché gli atti documentali nel fascicolo su cui si è basata la delibera con i posti letto per il gruppo iGreco «sono stati inseriti dalla struttura diretta» da Mauro «e non da altri», dunque «appare evidente che più che dall’emersione di nuovi documenti prima sconosciuti, l’esigenza di revisione sembrerebbe originata dalla acquisita consapevolezza dell’inesistenza di provvedimenti che fino ad allora si presumevano esistenti, quali un decreto della struttura commissariale dell’epoca». Riguardo all’assenza di verifiche, la risposta dei commissari si fa ancora più acuminata.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
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