Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
Per quanto riguarda la determinazione del risarcimento del danno subito dal dipendente pubblico nel caso di un illegittimo reiterarsi di contratti a termine, la norma da utilizzare è l’art. 32 comma 5 della legge n. 183/2010 che sanziona la illegittima apposizione del termine al contratto a tempo determinato nel settore privato. Infatti tale norma è, dicono gli Ermellini, sistematicamente coerente e strettamente contigua alla fattispecie della illegittima apposizione del termine per abusiva reiterazione nel lavoro pubblico.
Non lo sono invece tutte le altre norme – usate dai giudici in diverse sentenze – che stabiliscono il risarcimento basandosi sul concetto di licenziamento illegittimo ( es. ex art. 18 l. 300/1970; ex art. 8 l. 604/1966; ex art. 1 l. 92/2012; ex art. 3 d.lgs. n. 23/2013). Tutte queste norme infatti partono dal presupposto della perdita di un posto di lavoro, che nel caso di contratti a termine nel settore pubblico, non può verificarsi, stante il disposto dell’art. 97 Cost. che stabilisce che agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, concorso che non c’è stato per i contratti a termine. Inoltre, con l’applicazione della sanzione prevista dall’art. 32 comma 5 della legge n. 183/2010, il lavoratore è esonerato dalla prova del danno “ nella misura in cui questo è presunto e determinato tra un minimo e un massimo” – prova che per lui può essere particolarmente gravosa – ottemperando quindi a quanto chiesto dalla clausola 5 della direttiva europea sul tempo determinato. Pertanto, a conclusione di un excursu importante ed approfondito i giudici delle Sezioni Unite, mettendo definitivamente ordine tra sentenze disomogenee, stabiliscono il seguente principio di diritto: “ Nel regime del lavoro pubblico contrattualizzato in caso di abuso del ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di una pubblica amministrazione il dipendente, che abbia subito la illegittima precarizzazione del rapporto di impiego, ha diritto, fermo restando il divieto di trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato posto dall’art. 36 comma 5 d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, al risarcimento del danno previsto dalla medesima disposizione con esonero dall’onere probatorio nella misure e nei limiti di cui all’art. 32, comma 5, legge 4 novembre 2010 n. 183 e quindi nella misura pari ad una indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’art. 8 legge 15 luglio 1966 n. 604”.
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